L’innovazione è fondamentale per la stabilità del sistema bancario italiano. Non ci si pensa spesso a questa preziosa funzione delle attività di innovazione nelle banche quando si parla di fintech e di trasformazione digitale. Si dibatte sulle tecnologie, si valutano i costi e l’impatto sul business, si fa molta attenzione al marketing. Eppure fare innovazione nelle banche significa anche e soprattutto mantenerne la competitività, soprattutto rispetto anuovi e aggressivi competitor con la visione e il codice genetico delle tech company. E mantenere la competitività significa garantire l’equilibrio di un complesso sistema di relazioni finanziarie che comprendono i cittadini e le imprese. Insomma, tradizionalmente il sistema del credito ha una rilevate funzione di stabilità sociale. Quali sarebbe gli effetti di un’implosione a causa di una perdita di efficacia e ed efficienza?
A metterci sull’avviso è Marco Giorgino, direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano, uno dei maggio esperti italiani di servizi finanziari e di innovazione nelle banche, in questa video intervista a EconomyUp. Ed è un avviso lungimirante il suo: quelli che oggi sono gli incumbent rischiano di essere travolti dai newcomer, non solo startup ma anche colossi digitali provenienti da altri settori che stanno cominciando a proporre servizi finanziari. Se le banche “tradizionali” non accelerano la loro trasformazione, rischiano di venire travolte. Con gravi conseguenze per tutto il sistema, appunto. E questo spiega anche la rinnovata attenzione degli enti di controllo nei confronti dell’innovazione: ricordo che proprio in occasione delle sue ultime Considerazioni il Governatore Ignazio Visco ha annunciato l’intenzione di Bankitalia di aprire una sede a Milano dedicata al fintech.
“Il Covid-19 è stata una necessità, un dato contingente, ma serve un’accelerazione per trasformare rapidamente le aziende del credito”, dice il docente di Mercati e Istituzioni Finanziarie e consigliere indipendente del Monte dei Paschi di Siena, che segnala un altro punto dolente di tutto il settore, che si tende di solito a rimuovere: “Se non ci rendiamo conto che c’è una capacità produttiva in forte esubero, facciamo fatica a fare innovazione”.
Il lockdown ha ovviamente spinto verso il digitale e lo confermano i dati più recenti dell’Osservatorio Polimi. Ce n’è uno che va particolarmente illuminato: sono aumentati di oltre il 70% i nuovi clienti totalmente digitali. “Questo è un fatto nuovo. Abbiamo una modalità tipica del fintech, che viene adottata dalle banche. Almeno da quelle che si sono trovate pronte”, sottolinea Giorgino che nel video fa una veloce ma efficace sintesi dei freni che in questo momento rallentano la trasformazione digitale delle banche e la loro capacità di rispondere alla crescente domanda di nuove modalità di erogazione dei servizi e con una maggiore reattività rispetto agli standard tradizionali.
Dove stanno gli imbuti del mondo bancario? Il primo è nell’IT. “Tutti dicono che i sistemi IT hanno retto durante il lockdown ed è vero ma è anche altrettanto vero che sono aumentati gli attacchi informatici”, dice Giorgino. “C’è ora da domandarsi: reggeranno quando l’attività economica, che genera un aumento del fabbisogno, tornerà alla normalità?” Ci sono poi i processi e le organizzazioni. Le realtà fintech sono molto più efficienti con un minor numero di persone. “Prima o poi le banche dovranno dare risposte più veloci, come si attendono ormai i clienti, siano essi privati o imprese”, spiega Giorgino, che ricorda il terzo fronte aperto: le persone. Quanto approccio imprenditoriale c’è in chi lavora in banca rispetto alla soddisfazione del cliente?”.
Non è una valutazione, dice diplomaticamente il direttore scientifico dell’Osservatorio Fintech, ma un “punto di attenzione”. Il sistema del credito ha oggi circa 280mila dipendenti, molti sono impegnati sulle reti. Non solo sono troppi (“la capacità produttiva in esubero”, di cui sopra) ma rischiano addirittura di diventare un ostacolo all’innovazione. “Le resistenze al cambiamento oggi non sono solo tecnologiche o di modelli organizzativi”, conclude Giorgino.
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