Dalle colonne di LinkedIn alla carta stampata, “Italia, che impresa!” di Alessandro Scaglione e Alma Grandin, vuole essere un inno d’amore alla capacità tutta italiana di fare impresa in ogni epoca e in ogni contesto. Donne e uomini, da Nord a Sud, marchi storici e giovani imprese si susseguono in 30 storie che testimoniano l’ingegno, l’audacia, l’energia e l’impegno di tanti italiani che per creare o salvare le loro imprese hanno superato ogni genere di difficoltà. Ecco un estratto del libro in cui si fa cenno alla storia dei taxi, una vettura antica alla prova della modernità e dell’innovazione.
I taxi: un’invenzione inglese, francese o americana? Nessuna delle tre. I taxi li hanno inventati i bergamaschi!
Quando Zanetto e Francesco Tasso emigrano nella seconda metà del Quattrocento dal paesino di Camerata Cornello in Val Brembana alla volta della Germania, la loro famiglia ha già un cognome importante per aver inventato il trasporto a staffetta della posta attraverso le cosiddette 𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑜 dove cavallo e messaggero si alternano per coprire lunghe distanze.
Dopo aver ottenuto la gestione del servizio postale della Compagnia dei Corrieri della Serenissima tra Venezia, Milano e Roma e la nomina a Corrieri della corrispondenza dello Stato Pontificio, nel 1504 arriva la chiamata nientemeno che dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo che vuole affidare ai due fratelli il servizio postale dell’intero Sacro Romano Impero.
Le prime carrozze per passeggeri facoltosi
Arrivati in Germania Zanetto e Francesco cambiano il cognome in Taxis, presto unito al cognome di un altro ramo della famiglia, i Torriani, che li raggiunge e che verrà germanizzato in Thurn.
È nata la casata Thurn und Taxis, una delle più ricche d’Europa, che sulle carrozze che trasportano le missive faranno salire dal 1700 anche passeggeri facoltosi che hanno urgenza di spostarsi velocemente.
Le origini della parola “taxi”: latino, greco o…Thurn und Taxis?
Nasce così il primo servizio di taxi della storia, parola che si riconduce alla riduzione del cognome Taxis, anche se i linguisti si scontreranno su etimologie diverse nei secoli a seguire. Quando il trasportatore tedesco Friedrich Greiner inventerà nel 1896 a Stoccarda l’utilizzo per servizio pubblico della nascente automobile e German Wilhelm Bruhn inventerà poco dopo il tassametro, i puristi della filologia rivendicheranno l’etimologia di tassametro a latino e greco. Chi riconducendo “taxi” al latino taxa (tassa), chi al greco taxis (ordinamento di un pagamento) e chi ancora al greco tachos (veloce).
La parola “taxi” diventerà comunque tra le più diffuse al mondo e quella presente, così come è scritta, nel maggior numero di lingue.
Con la diffusione dei taxi aumenterà anche l’esigenza di renderli visibili, il che porterà all’iconografico colore giallo.
Nel 1976 la professione del tassista arriva sul grande schermo per mano del nipote di emigranti palermitani, un certo Martin Scorsese, che dirigerà un giovane Robert De Niro (ma all’immigrazione del suo bisnonno Giovanni Di Niro che arriva dalla provincia di Campobasso, trascrivono male il cognome e cambiano una vocale) che impersona un tassista newyorchese sensibile e solitario che scivola in una spirale di ribellione violenta alle ingiustizie di una società corrotta e alienante.
Scherzo della digitalizzazione, la più grande compagnia di taxi al mondo non possiede taxi. È Uber con uno strabiliante 25% di quota di mercato.
Uber, il modello di business innovativo
Fondata nel marzo 2009 da Garrett Camp e Travis Kalanick, ha introdotto un’innovazione significativa nel mondo della mobilità attraverso la sua piattaforma digitale che mette in contatto diretto passeggeri e autisti tramite un’applicazione per smartphone. Un modello di business che ha portato a una maggiore efficienza, trasparenza dei prezzi e comodità per gli utenti, ma ha anche sfidato il tradizionale settore dei taxi. Tanto che, in alcuni Paesi, ha suscitato proteste e cambiamenti normativi, e in altri, come l’Italia, non è mai riuscita a sfondare.
La prossima grande sfida che i tassisti dovranno affrontare si chiama auto a guida totalmente autonoma e senza conducente, ovvero i robotaxi. Già dal 2018 Waymo, società di proprietà di Alphabet (Google), ha lanciato a San Francisco il suo servizio di robotaxi driverless e nel 2024 è arrivata l’autorizzazione a circolare anche a San Mateo e Los Angeles. In California, dunque, chiamare un robotaxi e farsi portare in giro per la città da una macchina che non ha un conducente è già realtà. Diventerà presto anche una realtà mondiale, e, nello specifico, italiana? I tassisti sono destinati a essere sostituiti dalle macchine? È ancora presto per dirlo. Certamente, la casata Thurn und Taxis non avrebbe mai immaginato questo scenario.