Milano sempre più internazionale e in volata rispetto alle altre, Bologna salda al secondo posto e punta di diamante nella smart governance e Venezia, la new entry che sale sul podio spingendo Firenze in quarta posizione: sono queste le città più smart d’Italia. A rivelarlo è ICityRate 2016, l’indagine realizzata da FPA che stila la classifica delle città italiane analizzando 106 Comuni capoluogo sulla base di 105 indicatori statistici (in aumento netto rispetto agli 84 dello scorso anno) e sette dimensioni tematiche: Economy, Living, Environment, People, Mobility, Governance e Legality.
“Quest’anno più che in passato ICityRate va a misurare, unitamente alla qualità del vivere urbano, la capacità delle città di farsi piattaforma abilitante, di guardare a traguardi lunghi facendo scelte e investimenti che puntano sui nuovi driver di sviluppo” commenta Gianni Dominici, Direttore di FPA e curatore della ricerca. “Il paradigma della Smart City negli ultimi anni ha sempre di più spostato l’accento dall’innovazione tecnologica all’innovazione sociale, al co-design, alla gestione dei beni comuni. In questa direzione sono andate le strategie europee della nuova programmazione e in questa direzione stanno andando le politiche locali”.
Il riflesso di questa evoluzione del concetto di smart city e della sua traduzione nelle politiche urbane ha portato all’introduzione nell’ICityRate di nuove variabili che vanno a misurare la capacità delle città di accogliere e saper gestire i flussi migratori; attrarre cervelli e talenti e generare imprese innovative; attrarre finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione; rendere disponibili i dati pubblici; agevolare le pratiche d’uso sociale degli spazi pubblici; attivare reti e relazioni per la sostenibilità e la gestione delle politiche smart; garantire gli adeguati livelli di sicurezza e legalità.
Milano tiene stretta la testa della classifica e registra un’ulteriore fuga in avanti, determinata dall’eccellenza nelle dimensioni Economy, People e Living. Nella dimensione Economy il capoluogo lombardo si distanzia dalle altre città in maniera decisa: è il luogo con il più alto valore aggiunto pro capite, la maggiore intensità brevettuale, la principale sede di imprese di grandi dimensioni e ha visto nascere negli ultimi anni il maggior numero di Fablab e maker space. Gli artigiani digitali scelgono Milano e soprattutto la città sceglie di investire su un modello nuovo di innovazione urbana che sposta l’asse della strategia di sviluppo verso forme nuove di economia collaborativa e social innovation. Un modello che si realizza attraverso la concessione di spazi, il sostegno economico a progetti e imprese, la creazione di reti di innovatori e la definizione di nuove ed articolate politiche urbane.
Bologna, che pure vede allargarsi la forbice che la separa da Milano (60 punti di distanza contro i 25 del 2015), conferma il secondo posto nella classifica generale grazie soprattutto all’eccellenza nella Governance (dimensione che la vede al primo posto), fatta di partecipazione, open data, nuovi strumenti di programmazione, stabilità economica e capacità gestionale. Ottime le prestazioni anche nella dimensione Living: opportunità di lavoro offerte nel territorio provinciale, servizi di cura dell’infanzia, bassa incidenza delle persone a basso reddito sui residenti. Infine, confermata l’alta attrattività urbana: chi nasce o arriva a Bologna difficilmente se ne va.
Al terzo posto della classifica compare Venezia, che cresce di 2 posizioni rispetto al 2015 per effetto, oltre che dell’ottimo posizionamento nella Mobilità (dove è seconda), di un miglioramento significativo nelle dimensioni del capitale umano (People), della Governance e della struttura economica (Economy). Un terzo posto sul quale senza dubbio influisce l’unicità del suo dualismo, con le due anime complementari di Venezia e Mestre che si compensano reciprocamente nelle varie dimensioni oggetto dell’indagine: dualismo da un lato, dunque, virtuoso, dall’altro foriero di spinte secessioniste che restano sempre all’ordine del giorno nell’agenda politica.
Firenze scende di una posizione ma la sua distanza da Venezia è veramente minima: la capitale toscana è prima nella dimensione People, nella quale supera Milano e Torino, ma perde terreno sulle aree dell’ambiente e della legalità.
Dopo le quattro città metropolitane arrivano nel top della classifica Padova e Torino, seguite a ruota dalle piccole capitali: Parma, Trento, Modena e Ravenna. Sono 5 le città metropolitane e 5 le città medie nella parte alta del rating, tutte del Nord est tranne Milano e Torino del Nord Ovest e Firenze che con la sua 4 posizione è unica rappresentante del Centro.
Per quanto riguarda le altre aree metropolitane, Roma e Napoli continuano a restare arretrate dal gruppo di testa, mentre la capitale è ferma in 21° posizione, Genova sale di tre posizioni e arriva al 26° e poi le città del Sud, con Cagliari in 54° posizione, Bari 65°, Palermo 86°. Napoli scende in 89° posizione, seguita solo da Catania (95°) e Reggio Calabria (104°).
Inevitabile una riflessione su quali città hanno ereditato i sindaci usciti dall’ultima tornata elettorale. Le indicazioni sono abbastanza nette: Sala si trova a gestire l’importante eredità costituita da una città sempre più di caratura internazionale e che si sta completando in tutte le sue dimensioni. Le due sindache pentastellate si trovano in una situazione, evidente anche dalla cronaca, completamente differente: una città in forte crescita e completamento la Appendino, una città ferma al palo, sempre più lontana dalle dinamiche economiche e sociali nazionali, la Raggi. Particolare la situazione di De Magistris, che con questo nuovo mandato si trova a gestire una città che non regge il ritmo delle altre (Napoli è in 89esima posizione).
Tre sono le fenomenologie prevalenti che emergono:
♦ Il dualismo tra Milano e Roma. Milano rimane ben salda in vetta alla classifica mentre Roma è bloccata al 21° posto, ma il distacco tra le due città in termini di punteggio aumenta: la distanza tra le due città era di 127 punti lo scorso anno, quest’anno sale a 155. Una forbice che si allarga sempre di più a discapito della capitale che non riesce a raggiungere il capoluogo lombardo in nessuna delle dimensioni analizzate, tenendo testa a Milano solo per la qualità del proprio capitale umano.
♦ Il rafforzamento del sistema urbano del nord e la dicotomia con le città metropolitane del sud
Le cinque aree metropolitane più performanti sono del Nord: Milano, Bologna, Venezia, Firenze e Torino, che si configurano sempre di più come un sistema grazie alla forte crescita dei centri urbani di medie dimensioni come Padova, Parma, Trento, Modena e Ravenna (tutte fra le prime dieci città del rating generale) che fungono da elementi di connessione tra le diverse polarità. Le città metropolitane al Nord rafforzano dunque il proprio ruolo guida nello sviluppo del paese, fungendo da hub per il territorio circostante e creando piattaforme territoriali abilitanti, in un circolo virtuoso che alimenta la competitività e l’innovazione di intere aree del paese. Le città metropolitane da Roma in giù sembrano invece vivere isolate, senza riuscire ad innescare meccanismi virtuosi di sviluppo delle aree circostanti.
♦ Le energie del Sud: si consolida la dinamica di crescita
Il Sud è ancora lontano dalla top ten, ma la distanza con le altre aree geografica si è ridotta. A partire dal dato di Cagliari, la prima città del meridione (che sale di 6 posizioni rispetto al 2015) grazie ad un miglioramento significativo in diverse aree (People, Governance, Living e Legalità), per continuare con Matera (+12), Pescara (+5), Bari (+4), Lecce (+5), Oristano (+1), Potenza (+2). Appare, inoltre, tra le prime 15 città del Sud, una città siciliana: Siracusa, che sale di ben 16 posizioni dall’anno passato superando Palermo e Catania ed esprimendo le migliori performance in indicatori quali la dispersione idrica, l’equilibrio occupazionale di genere, l’accessibilità degli istituti scolastici, la bassa presenza di giornalisti e amministratori minacciati. Una crescita, quella del Sud, che sopperisce alle carenze infrastrutturali attraverso dinamiche che afferiscono al capitale sociale, con esperimenti di innovazione sociale che vengono messi a sistema e creano sviluppo.