La sharing mobility è in crisi, anzi no. Negli ultimi anni si è affermata nelle nostre città questa innovativa modalità di spostamento che consiste nella condivisione di mezzi (monopattini, biciclette, scooter) per muoversi in modo più ecologico e sostenibile. Diverse aziende e organizzazioni hanno cavalcato l’onda della sharing mobility, portando la loro offerta nelle principali città italiane. Ma, nel 2023, qualcosa sembra essere cambiato. Per esempio Cityscoot, il gigante francese dello scooter sharing, sbarcato in Italia nel 2019, ha annunciato la sospensione del servizio nel paese a partire dal 30 novembre a causa di problemi finanziari che hanno portato a chiudere il servizio a Milano e Roma, lasciando di fatto il mercato italiano in mano ad un solo operatore, Cooltra. In effetti il settore più colpito dell’anno è proprio quello della condivisione di motorini elettrici: hanno abbandonato il nostro Paese anche Go Sharing, Accione, Mimoto, Reby. L’anno precedente Stellantis aveva ha integrato Share Now nel proprio marchio Free2move. Avvenimenti che riflettono le dinamiche in continua evoluzione nel settore della mobilità condivisa in Italia e in Europa. Ma che non possono far gridare alla crisi generale.
Sharing mobility in crisi? I dati
Dai dati di Fluctuo, società indipendente, specializzata nei servizi di mobilità condivisa a livello europeo, emerge che per tutto il 2023, e in tutta Europa, si è effettivamente registrata una sensibile riduzione della crescita del numero di veicoli e flotte, degli operatori attivi, del numero viaggi globali e dei ricavi del settore.
Cosa significano questi dati? Che i cittadini si stanno disaffezionando a forme di mobilità condivise e green? Secondo gli esperti non è esattamente così.
La risposta a questo fenomeno, affermano, è da ricercarsi nella maggiore regolamentazione della sharing mobility voluta dalle amministrazioni comunali. La fase sperimentale è da poco terminata e sono arrivate le regole: questa hanno implicitamente ridotto il numero di operatori. In certi casi sono statilimitati anche i casi di utilizzo come “estrema ratio”. Ricordiamo il “caso Parigi”, dove i monopattini sono stati vietati dal 1° settembre 2023 a seguito di un referendum consultivo indetto ad aprile.
Ma non è la fine della industry. Anzi. Secondo un report di Bearing point, “Destination 2030”, entro i prossimi 6 anni gli spostamenti a livello mondiale con mezzi condivisi passeranno dall’ 8 al 23%.
Dunque cosa sta succedendo?
Sharing in crisi? “No, solo consolidamento e più regole contro l’occupazione selvaggia del suolo pubblico”
Stanno arrivando le regole e stiamo assistendo a un consolidamento degli operatori, dice a EconomyUp Lorenzo Bertuccio, presidente di Euromobility: “Nel panorama attuale della mobilità sostenibile, il fenomeno dello sharing mobility sta vivendo più che altro un momento di riflessione. Si sta verificando un consolidamento nel settore dello sharing, dopo una sorta di bolla iniziale che ha visto un’esplosione di offerte sul mercato. Molti operatori di monopattini e scooter sharing hanno lasciato l’Italia, consapevoli che si tratta di una realtà di business con margini piuttosto limitati, accentuata dalla presenza di troppi attori sul mercato”.
Tuttavia Bertuccio sottolinea che “nonostante la situazione attuale, lo sharing rappresenta un forte indice di mobilità sostenibile. Il suo appeal potrebbe essere diminuito, ma la necessità di un servizio di sharing efficiente e ben regolamentato rimane cruciale. Molte città stanno introducendo regolamenti per gestire meglio questa risorsa – continua Bertuccio – perché è indispensabile regolare l’uso dello sharing in modo che non si trasformi in un’occupazione anarchica dello spazio pubblico”, afferma Bertuccio. “Ma lo sharing è e rimarrà un tassello importante nel mosaico della mobilità sostenibile e dei Mobility Services”.
Nessuna crisi per lo sharing, ma ShareNow è contraria alla “overregulation”
Sul fatto che la sharing mobility resti essenziale per la circolazione nelle nostre città concorda Luigi Licchelli, Responsabile Business development e Public Affairs per l’Italia del servizio di carsharing SHARE NOW (ex car2go + Drive Now). Intervistato da EconomyUp, sottolinea innanzitutto che “la sharing mobility ha diverse anime e ciascuna ha il suo trend di sviluppo. Durante la pandemia è esplosa la micromobilità, mentre il carsharing e il trasporto pubblico locale hanno sofferto di più, anche in virtù di alcune politiche adottate in quei momenti che hanno giocato a sfavore di questi servizi. Mi riferisco in particolare alla sospensione delle ZTL o delle aree B e C a Milano, nonché alla sospensione dei pagamenti per il parcheggio sulle strisce blu e gialle per periodi molto lunghi. Tutto questo ha indotto le persone ad un ritorno dell’uso del mezzo privato anche quando non necessario. A Londra l’amministrazione, per prevenire questo effetto, ha invece fatto l’opposto, incrementando il costo della congestion charge”.
Detto questo, per Licchelli il futuro della sharing mobility è roseo. “Quasi tutti i centri di ricerca o le società di consulenza prevedono uno sviluppo enorme della sharing mobility. Dunque il trend è tracciato, quale sarà invece lo sviluppo della sharing mobility in Europa e in particolare in Italia, dipenderà molto dalle politiche verranno messe in campo dal governo nazionale e ancor più dagli amministratori locali”.
Secondo il manager di ShareNow, “c’è un grande problema di overregulation che taglia le gambe allo sviluppo di questo settore, che invece potrebbe giocare un ruolo decisivo nel raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030, specie in tema di decarbonizzazione e di limitazione degli inquinanti. Si pensi che secondo uno studio di Fleet&Mobility, solo a Roma 20mila auto di carsharing toglierebbero dalla strada 220mila auto private. Un potenziale enorme che rimane inespresso”.
Le richieste di Assosharing: agevolazioni fiscali e più infrastrutture
A questo proposito Assosharing, la principale associazione di settore, porta sul tavolo una serie di richieste: portare l’IVA dal 22 al 10% (come per TPL e Ncc), azzerare i canoni per favorire gli investimenti e garantire un buon livello infrastrutturale. In particolare, dice l’Associazione, servono parcheggi dedicati ai mezzi in sharing in un numero almeno pari ai mezzi autorizzati, un aumento delle colonnine di ricarica ad un livello accettabile prima di imporre le elettrificazioni delle flotte e altre misure che possono favorire la mobilità condivisa.
Insomma, a detta dei più, non è la fine dell’industria, anzi siamo in una fase matura, dove l’adoption continua a migliorare. Sono soprattutto i teenager, riporta la società Flucto, a contribuire all’aumento dell’utilizzo di forme di mobilità sostenibili e condivise. L’approccio multimodale alla mobilità è comunque sempre più frequente tra i cittadini, diminuendo gli spostamenti dei veicoli inquinanti in città e rendendo la mobilità urbana più fluida ed ecologica.