Nelle ore di punta i mezzi di trasporto pubblico sono fin troppo affollati, ma, quando il picco di affluenza è passato, oppure nei giorni festivi, è frequente vedere autobus che circolano o semi-vuoti. Uno spreco di risorse e un impatto negativo per l’ambiente. Una startup italiana, Next Future Transportation, sta lavorando alla soluzione: la possibilità di agganciamento e sganciamento automatico delle vetture attraverso un sistema di guida autonoma. Come in una specie di “Lego della mobilità”, gli innovativi mezzi possono essere unificati in un unico “trenino”. Di più: a bordo può salire un guidatore professionista, ma anche un utente che, a quel punto, può usufruire del mezzo come se fosse uno sharing. E i viaggiatori all’interno? Possono fare car jumping, passando da un veicolo all’altro come se prendessero una coincidenza, ma senza scendere dal mezzo.
È una soluzione di mobilità intermodale (ma loro preferiscono chiamarla “unimodale”) , sostenibile e innovativa, che ha attirato l’attenzione del ministero dei Trasporti italiano. Next Future Transportation è infatti una delle tre società citate nella Relazione Annuale 2019, diffusa in questi giorni, dell’Osservatorio del Ministero dei Trasporti (Mit) per le smart road. Un documento che in pratica anticipa il via libera ai test per auto connesse e a guida autonoma che ancora non sono nemmeno omologate. Obiettivo finale: l’implementazione delle smart road, le strade del futuro intelligenti e interconnesse.
Smart Road: via libera ai test su strada dei mezzi più innovativi, c’è anche una startup italiana
“Attendiamo il via libera, entro l’anno vorremmo partire con la sperimentazione dei nostri mezzi sulle strade pubbliche in Italia” dice a EconomyUp Tommaso Gecchelin, padovano, fondatore e CTO di Next Future Transportation.
Vediamo dunque qual è la storia di questa startup italiana, fondata negli Usa e che ha trovato fortuna (per ora) a Dubai.
Come è nata Next Future Transportation
L’idea scaturisce dalla tesi di laurea in disegno industriale di Tommaso Gecchelin all’Università Iuav di Venezia. È il 2012: il lavoro contiene l’idea di veicoli che si possano agganciare tra di loro tramite un sistema di guida autonoma, con lo scopo finale di rendere più flessibile il trasporto pubblico e quello delle merci. “Per qualche anno è rimasto sogno in un cassetto, poi ho trovato un fondatore negli Usa, ma italiano, Emmanuele Spera” dice Gecchelin. La prima sede della startup è a San José, California, nella casa di Spera. Niente di strano, dato che molte ormai storiche società innovative hanno visto la luce nei garage. Si passa poi a un coworking, sempre negli Usa: l’inconfessata speranza degli imprenditori è che gli investitori italiani siano attratti da una realtà cresciuta in Silicon Valley. I primi finanziatori, però, non li trovano in patria ma a Dubai, dopo aver lasciato gli Stati Uniti e costituito una “vera” sede a Padova. Riescono a vendere i primi due prototipi al ministero dei Trasporti degli Emirati Arabi Uniti. Ma di cosa si tratta esattamente?
QUI IL VIDEO DEL TEST A DUBAI
Il veicolo: minibus con allineamento a guida autonoma
Next Future Transportation produce minibus molto corti in grado di agganciarsi l’uno con l’altro, anche in movimento. Hanno un sistema di allineamento e guida autonoma che permette di creare un convoglio più lungo. “Nell’ora di punta – spiega il CTO della startup – servono tanti veicoli con pochi conducenti, ma fuori dall’ora di punta, dopo il pendolarismo mattutino o serale, il traffico si sparpaglia su linee secondarie. A quel punto non ha più senso avere un servizio per linee, sarebbe meglio avere una sorta di rete o addirittura un modello a chiamata. Il nostro sistema è in grado di adattarsi in tempo reale, o quasi, alla fluttuazione della domanda, non solo in base al numero di coloro che hanno bisogno del passaggio ma anche sulla base della distribuzione sul territorio. È un mezzo modulare, perciò è possibile utilizzarlo anche singolarmente, come taxi o veicolo in sharing.”.
La postazione di guida può infatti essere usata da guidatore professionista, come mezzo di linea, ma anche da privati. “Se il veicolo è sparpagliato sul territorio, uno dei suoi moduli può essere usato per trasportare passeggeri, e in questo caso il ticket che dovrebbe pagare il conducente può venire azzerato”.
“Tutti i veicoli possono essere usati singolarmente, perciò il servizio può essere paragonato a Uber, o a un car sharing o car pooling” ribadisce Gecchelin. “L’ottimizzazione avviene tramite il trasferimento di persone da un veicolo all’altro, senza che il bus debba fermarsi. Noi l’abbiamo chiamato car jumping, ma in realtà non c’è nessun ‘salto’. Le porte tra un veicolo e l’altro si aprono, il viaggiatore si sposta da un sedile all’altro”.
Naturalmente si pone una questione assicurativa. “Abbiamo stretto partnership in ambito assicurativo – assicura l’imprenditore – pensando a un’assicurazione che venga transizionata non sul veicolo o sul suo possessore, ma sul cittadino che sfrutta un determinato tipo di servizio”. Un esempio di trasporto intermodale, ma fatto sempre con lo stesso veicolo: per questo il team di Next preferisce chiamarlo “unimodale”.
Quali vantaggi da questo innovativo modello di trasporto modulare? Consente di instaurare livelli di efficientamento che passano da un KPI fondamentale: la quota di persone che occupano ogni veicolo. Secondo la NY University, che ha definito questo modello di trasporto in route transfer, un taxi o un Uber viaggiano intorno al 20% di occupazione, mentre con il nuovo mezzo si arriverebbe intorno al 75%. Invece di spostare un passeggero e mezzo per veicolo, se ne spostano 4 e mezzo. La startup ha inoltre stimato una riduzione dei consumi del 50% rispetto all’autobus tradizionale, perché il mezzo non è quasi mai vuoto.
La sperimentazione
A Dubai il servizio non è ancora aperto al pubblico, perché, per circolare, il veicolo deve essere omologabile sulla base delle normative europee. La società ha avviato le pratiche per la richiesta di omologazione alla UE. E ha chiesto al ministero dei Trasporti di poter avviare la sperimentazione. In realtà è già stato testato su strade private a Padova. Con il decreto del MIT è possibile attuare la sperimentazione anche su strade pubbliche, ovviamente rispettando le regole previste. “C’è un progetto di test intorno a Padova a breve termine – chiarisce l’intervistato – ma stiamo dialogando anche con altre municipalità. Contiamo di comunicare la data del test pubblico entro fine anno”.