Internet of things, radiografia di un boom annunciato

Negli Usa sono numerosi i casi di successo, ma anche in Europa si moltiplicano le iniziative. Aumentano applicazioni e soluzioni consumer, specie in ambito smart home e wearable objects. L’analisi degli Osservatori del Politecnico di Milano e Polihub su un mercato in espansione, con una forte componente di innovazione

Pubblicato il 21 Feb 2014

Il contesto di riferimento. La Ricerca ha analizzato 110 startup Internet of Things a livello globale, la maggior parte delle quali (70%) ha sede negli Stati Uniti. Nel 79% dei casi si tratta di startup che hanno ottenuto finanziamenti da investitori istituzionali. L’80% delle startup rilevate sono state fondate tra il 2009 e il 2013, mentre il restante 20% rappresenta un campione delle aziende ad oggi ancora attive che hanno ricevuto almeno una parte dei finanziamenti prima del 2009.

Il 57% delle iniziative è rivolta al mercato business (B2b), con l’obiettivo di offrire alle aziende soluzioni hardware, software e servizi, spesso integrate tra loro. Molte di queste iniziative sono già riuscite ad affermarsi, come mostrano gli elevati livelli di fatturato, anche grazie a ingenti finanziamenti ricevuti. Un esempio di rilievo è Streetline, startup nata negli USA nel 2005 che offre una soluzione di monitoraggio dei parcheggi nelle città, che ha ottenuto in più tranche finanziamenti per circa 40 milioni di dollari (25 dei quali a gennaio 2013 da parte di tre Venture Capital). Sono numerose (37%) anche le startup che si rivolgono al mondo consumer (B2c): nella maggior parte dei casi (come ad esempio SmartThings, Scoutalarm, WigWag) offrono sia componenti hardware (concentratori, sensori), sia veri e propri oggetti intelligenti (ad esempio cinture – Lumoback – o bracciali – Embrace+), unitamente ad applicativi software per la configurazione e la visualizzazione dei dati. Il restante 6% delle startup individuate si rivolge invece al mondo degli sviluppatori (B2d), per mettere loro a disposizione piattaforme e dispositivi che consentano lo sviluppo di nuove applicazioni IoT. Un esempio interessante è Spark, azienda americana nata nel 2013 che ha ottenuto un finanziamento di 530.000 euro sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter, e che ha sviluppato un piccolo dispositivo in grado di consentire la connessione in WiFi di qualsiasi oggetto.

Complessivamente quasi l’80% delle startup IoT analizzate si affida a fondi provenienti da Venture Capitalist (55%) e Business Angel (23%). Contestualmente a ciò, con la nascita negli Stati Uniti delle prime grandi piattaforme di crowdfunding – quali Kickstarter e Indiegogo – si osserva negli ultimi due anni una grande proliferazione di startup che ottengono i finanziamenti necessari grazie all’adozione di questi strumenti (51% del totale delle startup fondate nel biennio 2012-2013): esempi di successo in questo senso sono Canary, Spark, Tile e WigWag.

Gli ambiti applicativi in cui le startup Internet of Things si stanno muovendo maggiormente sono quelli dello Smart Home & Building e della Smart City, che costituiscono insieme più del 60% dei casi. Vi è poi una quota di startup non trascurabile (15%) che non fa riferimento a un singolo ambito applicativo, ma che presenta all’interno dell’offerta piattaforme in grado di abilitare una serie di nuove applicazioni e dispositivi Internet of Things anche molto diversi tra loro.

Le startup Smart Home & Building. L’ambito Smart Home & Building è sempre più al centro degli interessi delle startup, con una crescita del numero di iniziative superiore al 200% nell’ultimo biennio: l’offerta dedicata allo Smart Home & Building risulta essere numerosa (il 37% delle startup ha almeno un prodotto in portafoglio impiegabile in tale contesto) e molto ampia in termini di funzionalità. Si spazia dal monitoraggio dei parametri ambientali (Sensorist, Variable) alla security (August Smart Lock, Lockitron), dal comfort (WigWag, Ube) al risparmio energetico (Nest Labs, FutureDash), fino alla salute della persona (Bionym, Canary). La maggior parte delle soluzioni si concentra sulla dimensione domestica (Smart Home), con una prevalenza di applicazioni di security, risparmio energetico e comfort, spesso in risposta a bisogni specifici puntuali. Il monitoraggio ambientale, anche se tra i più presenti numericamente, è quasi sempre associato ad altre funzionalità e tipicamente non rappresenta la funzionalità core.

Interessante notare come circa il 30% delle startup Smart Home & Building analizzate presenti un’offerta di prodotti (ad esempio hardware) e/o servizi (ad esempio piattaforme di sviluppo) abilitanti non solo applicazioni di Smart Home & Building, ma trasversali a più ambiti. Si tratta in questo caso di soluzioni caratterizzate da un’architettura composta da un hub e da vari nodi ad esso associabili a piacere (sensori di temperatura, di movimento, smart plug, etc.).

Anche i grandi player stanno guardando con sempre maggiore attenzione a questo ambito. Emblematiche in questo senso alcune notizie relative ad acquisizioni: Google in primis, con l’accordo recentemente stipulato con Nest Labs (la seconda più grande acquisizione operata da Google dopo Motorola), o l’acquisizione datata 2010 di Xanboo da parte di AT&T che ha portato alla strutturazione di un’offerta dedicata alla sfera domestica, o ancora la notizia della partnership tra General Electric e Quirky che ha come obiettivo lo sviluppo e la commercializzazione di più di 30 prodotti co-branded per la Smart Home nei prossimi 5 anni.

Startup B2c: è boom! Negli ultimi anni si stanno affermando con sempre più decisione startup Internet of Things orientate al mondo consumer; con riferimento al biennio 2012-2013 la percentuale di startup B2c sale al 45% contro il 27% del biennio precedente (2010-2011). Ci aspettiamo che questo numero sia destinato a crescere ulteriormente grazie alla diffusione del Bluetooth Low Energy e alla crescente dimestichezza con la tecnologia da parte degli utenti consumer. Per quanto riguarda in particolare il primo punto, l’adozione di questo standard a bordo di tutti i dispositivi mobili di più recente produzione costituisce una svolta molto importante: il BLE pone infatti in evidenza il ruolo che i dispositivi mobili (smartphone e tablet) avranno nel panorama dell’Internet delle Cose, abilitandone l’uso come gateway di un insieme molto ampio di oggetti intelligenti, dai dispositivi indossabili (wearable device) ai sensori di prossimità, fino ai dispositivi utilizzati per localizzazione e comunicazione indoor per applicazioni personali e commerciali. Tile e Lockitron sono solo due dei diversi casi di startup che includono nella propria offerta prodotti basati su standard Bluetooth Low Energy.

Il mondo delle startup B2c fa riferimento a due macro-ambiti principali: a fianco della Smart Home, di cui si è già discusso, si registra un significativo interesse verso i cosiddetti “wearable object”. Gli esempi sono molteplici: si spazia dai vestiti intelligenti che forniscono dati sui movimenti del proprio corpo (Sensoria) ai pannolini in grado di prevenire il rischio di malattie per i neonati (Pixie Scientific), dalla cintura per correggere la postura (Lumoback) ai braccialetti che monitorano i movimenti (Empatica) e/o parametri fisici quali ECG e frequenza cardiaca (Bionym).

Tratto comune delle startup operanti nel mondo B2c è l’utilizzo di App su dispositivi mobili per la fruizione del servizio. Smartphone e tablet diventano quindi il mezzo principe attraverso cui l’oggetto intelligente si aggancia alla rete Internet. In tal senso iniziano a vedersi le prime iniziative che cercano di far fronte al rischio di “proliferazione” delle App, come ad esempio le piattaforme Revolv e Linkafy.

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Redazione EconomyUp
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