Nell’anno della pandemia la città più digitale d’Italia è Firenze, seguita da Bologna, mentre Milano slitta al terzo posto, perdendo il primato che aveva mantenuto per 6 anni di fila. Grande balzo avanti di Roma, che si piazza al quarto posto, mentre nel 2019 risultava quindicesima. Seguono Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Venezia. È questa la top ten di ICity Rank 2020, l’annuale rapporto sulle città italiane intelligenti e sostenibili realizzato da FPA, società del gruppo Digital360, presentato questa mattina in occasione di FORUM PA Città, evento organizzato in collaborazione con EnelX.
Nel 2020 – si legge nel report – l’emergenza legata al Covid19 ha accelerato la trasformazione digitale delle città italiane, anche se in modo non uniforme: si evidenzia una profonda differenza tra Nord e Sud, con alcune brillanti eccezioni del Mezzogiorno, si rafforza il ruolo guida dei capoluoghi metropolitani ed emerge una significativa reazione delle città più colpite dalla pandemia. In questo contesto Firenze è il capoluogo più digitale d’Italia, sul podio insieme a Bologna (seconda) e Milano (terza), seguite da Roma Capitale.
QUI il login per scaricare il rapporto completo ICity Rank 2020
ICity Rank 2020: gli 8 parametri per scegliere le città più digitali
Nell’anno della pandemia, l’annuale ricerca di FPA ha indagato il percorso di trasformazione digitale delle città italiane, analizzando le performance dei 107 comuni capoluogo su 8 indicatori aggiornati al 2020: accessibilità online dei servizi pubblici, disponibilità di app di pubblica utilità, adozione delle piattaforme digitali, utilizzo dei social media, rilascio degli open data, trasparenza, implementazione di reti wifi pubbliche e tecnologie di rete intelligenti. L’indice di trasformazione digitale, media aritmetica degli 8 indicatori settoriali, permette di costruire il ranking delle città più digitali d’Italia.
ICity Rank 2020: sul podio Firenze, Bologna e Milano
La classifica vede le prime dieci città (Firenze, Bologna, Milano, Roma Capitale, Modena, Bergamo, Torino, Trento, Cagliari e Venezia) con un livello di digitalizzazione “molto avanzato”, seguite da un gruppo di altre 15 di livello “avanzato”: Parma, Reggio Emilia, Palermo, Pavia, Brescia, Genova, Lecce, Cremona, Prato, Bari, Pisa, Verona, Vicenza, Bolzano e Forlì. Nel ranking ci sono poi 23 città con un livello discreto”: Rimini, Mantova, Livorno, Monza, Piacenza, Siena, Ravenna, Treviso, Udine, Perugia, La Spezia, Napoli, Ferrara, Novara, Pordenone, Padova, Trieste, Lodi, Arezzo, Pesaro, Ancona, Verbania, Lecco. E ancora 24 capoluoghi di livello “intermedio” e altri 27 con una digitalizzazione solo “avviata”. Chiudono la classifica 8 città con ritardi critici, quasi tutte del Sud: Taranto, Avellino, Caserta, Carbonia, Nuoro, Enna, Chieti e, ultima, Agrigento.
“Il processo di trasformazione digitale delle città italiane e delle loro amministrazioni non si è arrestato in questo anno terribile, anzi per molti versi ha ricevuto un’accelerazione che ha consentito di superare resistenze organizzative e culturali” afferma Gianni Dominici, Direttore generale di FPA. “Spesso sono state proprio le innovazioni digitali a consentire di gestire situazioni critiche limitandone l’impatto e favorendo risposte fondate sulla partecipazione di cittadini e associazioni. Chi si trovava già a uno stadio avanzato, come le città metropolitane e molti comuni del Nord, ha confermato i progressi, ma arrivano segnali confortanti anche da aree meno mature dal punto di vista digitale, con quattro città del Sud che hanno segnato notevoli passi avanti, entrando nelle prime venti classificate”.
“La spinta digitale per effetto dell’emergenza ha investito anche le città – dice Andrea Rangone, Presidente di Digital360 –. Se nella digitalizzazione delle attività amministrative e nel rapporto con i cittadini il processo di innovazione appare ben avviato, nell’implementazione e interconnessione delle reti intelligenti siamo ancora ad una fase iniziale. Le risorse disponibili nel Recovery Fund rappresentano una grande opportunità da cogliere per adottare un piano di trasformazione tecnologica delle città”.
Firenze N.1, Milano al terzo posto
La classifica vede in cima Firenze con un punteggio di 872 nell’indice di trasformazione digitale, grazie al primato ottenuto su app municipali, open data, trasparenza, wifi pubblico e ottimi posizionamenti in quasi tutti gli indicatori. Al secondo posto c’è Bologna, con un punteggio di 866, grazie al posizionamento di vertice per app municipali (a pari merito), piattaforme abilitanti, social media. Milano, è terza con 855 punti, distinguendosi in particolare per piattaforme digitali, open data e trasparenza, ma anche per una buona disponibilità di wifi pubblico. Il capoluogo lombardo nel 2019 si era confermata per il sesto anno consecutivo la città più smart d’Italia, seguita da Firenze e Bologna. Roma in quarta posizione, ha il primato per servizi pubblici online e un ottimo posizionamento anche su piattaforme abilitanti e app municipali. Modena di distingue per app municipali e IoT, ma si posiziona bene anche nelle piattaforme abilitanti e wifi pubblico.
ICity Rank 2020: le graduatorie settoriali
Guardando i singoli indicatori che compongono l’indagine, Pisa si distingue per il secondo posto nella graduatoria dei servizi online (subito dopo Roma); Trento guadagna il primato nelle app municipali (congiunto con Bologna. Firenze e Modena), Cremona è la prima città d’Italia nelle piattaforme digitali (insieme a Bologna e Milano); Palermo è al top per disponibilità di open data (insieme a Firenze e Milano); Bergamo e Venezia sono al secondo posto per wifi pubblico; Bolzano e Mantova evidenziano i migliori risultati nell’IoT e tecnologie di rete; mentre nella graduatoria della trasparenza si collocano al vertice congiuntamente Bari, Benevento, Catanzaro, Latina, Novara, Padova e Trento, oltre che Milano e Firenze.
Il primato delle metropoli
Sono città metropolitane sette delle prime dieci classificate e altri tre si collocano tra le prime venti. Le città di maggiori dimensioni evidenziano una marcia in più in termini di risorse finanziarie e di competenze gestionali disponibili o reperibili per la trasformazione digitale. Nell’emergenza le metropoli hanno dimostrato di saperle utilizzare accelerando processi di trasformazione digitale che, in molti casi, erano già in corso.
Le eccellenze del Mezzogiorno
Resta ancora ampio il divario fra Nord e Sud del paese nei processi di trasformazione digitale: due terzi dei capoluoghi meridionali si collocano nel terzo più basso della graduatoria. Ma ci sono diverse eccezioni che confermano come l’innovazione possa svilupparsi anche in contesti caratterizzati da livelli relativamente meno elevati di ricchezza e crescita economica. Cagliari, con il 9° posto in classifica, è la prima città del Sud, ma si segnalano anche Palermo (13°), Lecce (17°) e Bari (20°).
La reazione di chi ha sofferto
Si evidenzia una “reazione digitale” di chi ha sofferto di più nell’emergenza Covid19. Cinque tra le prime sette città per incremento di decessi si collocano nelle prime 30 posizioni della graduatoria. A Cremona (18° posto in classifica) il numero dei decessi tra febbraio e agosto ha superato dell’85% la media dei cinque anni precedenti, a fronte della media tra i capoluoghi del 10,1%; a Bergamo (6° posto) è aumentato dell’82,7%, a Piacenza (30° posto) del 73%, a Brescia (15° posto) del 53,7%, a Parma (11° posto) del 49%. Queste e altre città intermedie duramente colpite dalla pandemia hanno saputo proseguire il percorso di trasformazione digitale utilizzando gli strumenti che avevano costruito negli scorsi anni e introducendone di nuovi.
Gli ambiti
Analizzando i diversi indicatori oggetto dell’indagine, emergono alcune tendenze. Sulla digitalizzazione delle attività amministrative e sul rapporto con i cittadini le città sono a buon punto, pur con disparità territoriali, ma si pone il problema della diffusione di una cultura digitale, sia all’interno delle amministrazioni che tra i cittadini. Sull’implementazione e l’interconnessione delle reti intelligenti nelle città, invece, siamo ancora in fase embrionale per comprensione delle opportunità esistenti ed effettivo utilizzo. Ma questo percorso è necessario per condurre le città verso i modelli più avanzati di smart city, quelli delle cosiddette “responsive and adaptive cities“, capaci di raccogliere e utilizzare al meglio le informazioni per gestire i servizi e prendere decisioni coinvolgendo tutti gli attori disponibili.