L’idea di Hyperloop, il futuristico treno supersonico in grado di percorrere in pochi minuti tratte che richiedono molte ore di viaggio, potrebbe essere stata scippata da Elon Musk a un italiano, il professor Franco Cotana, che già nel 2000 aveva brevettato Pipenet: un mega-imbuto a trazione magnetica progettato per trasportare merci a migliaia di chilometri all’ora più velocemente di qualsiasi treno, auto o aereo.
La storia, raccontata da Sifted, fa riferimento alla “folgorazione” avuta nel 2012 da Elon Musk, imprenditore e inventore sudafricano naturalizzato statunitense e campione mondiale di innovazione: un mezzo per il trasporto ad altissima velocità di persone e merci all’interno di capsule posate su tubi d’acciaio. Da allora esperti di innovazione nei trasporti, ingegneri, informatici, manager, venture capitalist e startup di tutto il mondo si sono messi in moto per realizzare il sogno. Il progetto, infatti, è stato volutamente pensato in open source e diffuso in un documento datato 2013, in modo che chiunque (naturalmente avendone mezzi e competenze) potesse sviluppare in modo completamente autonomo l’idea iniziale di Musk.
Hyperloop One: cosa voleva essere il treno supersonico di Musk che non correrà più
Ma Franco Cotana, docente all’Università di Perugia e oggi Membro del comitato scientifico G20 Ambiente presso il Ministero della transizione ecologica (Mite), rivendica la paternità dell’invenzione.
Il brevetto è stato depositato nel 2000, circa 13 anni prima che Musk diffondesse il progetto in open source. Pipenet è tutt’oggi visibile: un tubo opaco in politene composito abbandonato nei boschi dell’Italia centrale. Le capsule e la tecnologia Maglev sono invece chiusi a chiave in un laboratorio dell’Università di Perugia. Il progetto è stato finanziato per alcuni anni e poi abbandonato. Cotana sostiene apertamente che “Musk ha copiato” la sua idea e che l’unica, rilevante differenza “è nel diametro del tubo”. L’imprenditore non ha mai finora replicato.
Non solo Pipenet: gli “Hyperloop” dei secoli scorsi
In verità idee simili a quella di Hyperloop sono in circolazione in Europa da circa 200 anni. Nel 1799 George Medhurst propose un’idea per spostare le merci attraverso tubi in ghisa usando la pressione dell’aria. Nel 19esimo secolo si usavano tubi pneumatici per il trasporto delle merci. Durante il 20esimo secolo sono emerse proposte di utilizzo della levitazione magnetica per viaggi super veloci, tra cui uno di alcuni ingegneri del MIT negli anni ’90.
Inoltre la gara per l’Hyperloop del futuro, come dicevamo, è tuttora aperta. La tecnologia di Hyperloop è stata resa esplicitamente open source da Musk e SpaceX, che hanno incoraggiato tutti gli interessati a prendere in considerazione le idee iniziali e svilupparle ulteriormente. Con questo obiettivo sono nate diverse aziende e decine di team interdisciplinari. In questo momento sono sostanzialmente tre le società nel mondo che stanno raccogliendo fondi e lavorando per realizzare i prototipi dei veicoli Hyperloop ed effettuare i primi test: l’ex Hyperloop Transportation Technologies, oggi HyperloopTT; Hyperloop One, oggi Virgin Hyperloop One; e SpaceX.
Un’occasione mancata per la ricerca
La questione Pipenet torna piuttosto a svelare le carenze del mondo della ricerca pubblica in Italia. Il problema, dice Cotana, è più un sintomo dell’approccio italiano all’R&D e della latitanza degli investitori. Mentre la ricerca scientifica italiana è in molte aree di livello mondiale, ci sono troppi progetti pionieristici e degni come quello di Cotana che finiscono per essere deprivati dei necessari finanziamenti pubblici e privati. Così non riescono a partecipare a un progetto di carattere collettivo e internazionale che invece avrebbe potuto trarre vantaggio della competenza e dal talento italiani.