L'INTERVISTA

Fabio Pressi (A2A E-Mobility): la mobilità elettrica? Una rivoluzione, ora acceleriamo sulle infrastrutture

La transizione elettrica farà sentire il suo impatto sulle città, sui modelli di business e sulle infrastrutture, dice il CEO di A2A E-Mobility Fabio Pressi. “La sfida è semplificare le procedure e aprire tavoli che coinvolgano i diversi operatori coinvolti”. I nuovi servizi

Pubblicato il 17 Feb 2022

Fabio Pressi A2A_2

“La mobilità elettrica sarà una rivoluzione di cui abbiamo finora intravisto solo una parte: siamo di fronte a un’evoluzione di molti settori industriali che vede la compartecipazione di pubblico e privato”. Fabio Pressi, CEO di A2A E-Mobility, in questa intervista a EconomyUp invita subito ad affrontare la transizione elettrica non come la sostituzione di qualche veicolo ma come una vera rivoluzione che farà sentire il suo impatto su infrastrutture, veicoli, organizzazione degli spazi urbani, modelli di business, abitudini e stili di vita.

Nel suo recente aggiornamento del Piano al 2030 A2A mette la mobilità sostenibile tra gli obiettivi strategici del Gruppo, che è uno dei principali player del mercato italiano con quasi 7 miliardi di fatturato e oltre 12mila dipendenti. Un gruppo che ha deciso di alzare l’asticella con ambiziosi obiettivi di business e di giocare la partita della mobilità elettrica da leader che intende contribuire alla riduzione dell’impronta carbonica investendo 18 miliardi al 2030 con l’ambizione di anticipare di 10 anni, al 2040, l’obiettivo emissioni zero. Impossibile farlo senza lavorare e crescere sulla mobilità elettrica.

Pressi, perché la mobilità elettrica è così strategica nel perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione?

Circa il 30% delle emissioni di CO2 in Italia derivano dal settore della mobilità. Quindi ridurre l’impatto ambientale e abbattere le emissioni dei trasporti di merci e persone sarà possibile solo riducendo i veicoli endotermici e aumentando il numero di quelli elettrici e mezzi pesanti alimentati a idrogeno e bio-Gnl.

Stiamo andando nella direzione giusta?

Nel 2021 l’8% delle auto vendute in Italia sono state elettriche (pure e ibride plug-in) ed è una percentuale destinata a crescere nei prossimi anni. Parallelamente c’è da lavorare sulle infrastrutture di ricarica ed è quello che A2A sta facendo.

L’ansia da ricarica in effetti è una delle ragioni che frenano ancora nella scelta di un’auto elettrica. Come si combatte?

Non basta dire ‘passiamo all’elettrico’ perché inquina meno per arrivare all’adozione di un modello di mobilità sostenibile. Questo risultato è il combinato di una serie di fattori, primo fra tutti la disponibilità di infrastrutture dedicate. Nell’aggiornamento del Piano Industriale A2A ha quadruplicato l’installazione di infrastrutture previste: 24 mila punti di ricarica elettrica al 2030 con un focus sulla bassa potenza (a 7kW) e sull’alta potenza (oltre 50 kW), per favorire sia una modalità di erogazione lenta (ad. es. durante la notte) sia rapida (simile a quella delle stazioni di rifornimento tradizionali).

Perché è importante distinguere tra ricarica lenta e veloce?

Spesso ci si concentra solo sulla velocità di ricarica, forse perché siamo legati all’esperienza del “pieno” in pochi minuti. Ma la mobilità elettrica richiede un cambiamento di modello e una realtà come A2A, con grande esperienza nelle reti, è portata a pensare a soluzioni che siano utili per la città. Vanno trovati sistemi di ricarica che siano sostenibili da diversi punti di vista. Sappiamo che non tutti in Italia hanno un box auto, quindi bisogna prevedere aree dove poter lasciare l’auto tutta la notte mettendola in carica, magari proponendo abbonamenti annuali che comprendano parcheggio ed energia. Insomma, siamo ancora all’inizio della ridefinizione dei nostri modelli di mobilità.

La mobilità elettrica quindi sarà lo stimolo alla creazione di nuovi servizi e nuovi modelli di business?

Assolutamente sì. Ho già fatto l’esempio del bundle parcheggio-ricarica notturna. Pensiamo poi a tutta l’area dei pagamenti. Le aree di ricarica diventeranno punti di erogazione di servizi di diversa natura, a cominciare da quelli di sharing di mezzi leggeri come le biciclette o i monopattini. Ci sarà da lavorare sui luoghi di scambio modale, dalle stazioni ferroviarie alle fermate estreme delle linee metropolitane fino ai parcheggi aziendali dove di solito le auto restano ferme per ore e ore. Sono convinto che la velocità di ricarica non sia la chiave di volta della mobilità elettrica. Anche perché è il veicolo che comanda la ricarica…”

Che cosa vuol dire che è il veicolo a comandare?

È inutile ricaricare un’auto presso una colonnina quick che lavora fino a 22kW se l’auto ha una capacità di ricarica a 7kW. La scommessa è progettare infrastrutture intelligenti che rimangano su strada oltre 10 anni ma che al contempo si adattino alle evoluzioni del mercato automotive, per ricaricare i veicoli che arriveranno nei prossimi anni. Tesla, ad esempio, ha coperto la filiera facendo evolvere veicolo e infrastruttura allo stesso modo.

Le infrastrutture sono la partita di A2A. Con quali obiettivi?

Noi siamo parte importante della filiera, che deve tener conto sia delle reti sia delle caratteristiche dei veicoli. Il nostro obiettivo è essere tra i primi 3 Charging Point Operator nazionali. Con le nostre 24mila colonnine di ricarica puntiamo a conquistare una market share relativa in Italia del 15- 20% investendo 300 milioni di euro. Ovviamente puntiamo ad avere anche nostri clienti, che comprino il servizio di ricarica: 200 mila entro il 2030, quindi a fine Piano.

Qual è la principale sfida nel potenziamento delle infrastrutture per la mobilità elettrica?

La semplificazione delle procedure. I Comuni hanno gli strumenti per poter chiedere agli operatori l’installazione delle colonnine, non avendo oneri possono mettere a disposizione il suolo pubblico attraverso dei semplici protocolli di intesa. Ma ancora permessi e tempistiche, di installazione e allacciamento alla rete elettrica, rallentano lo sviluppo delle ricariche. Per accelerare è necessario che distributori di energia, distributori dei servizi di ricarica e amministrazioni locali si siedano allo stesso tavolo.

L’interoperabilità è un fattore indiretto di sviluppo della rete. Se io utente posso accedere a punti di ricarica di operatori diversi, certamente la mia ansia cala. A2A ha di recente fatto un accordo con Enel. Proseguirà su questa strada?

Certamente perché in effetti l’interoperabilità diventa una semplificazione per l’utente che così magari può usare una sola app invece di quattro. Abbiamo in programma altri accordi e non c’è un tema di concorrenza: il mercato è ampio e non ci sono barriere. Nel tempo ci sarà una selezione, come per le pompe di benzina, poi ci sarà un tema di loyalty legata ai servizi collegati. Ci sarà una evoluzione dei modelli di business che adesso neanche riusciamo a immaginare, come è accaduto nel mondo dei pagamenti digitali.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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