Anche una città di piccole o medie dimensioni, per esempio una cittadina come Busto Arsizio, può diventare una smart city. Come? In base a quali strategie? Quali tecnologie applica? Quali scelte politiche?
Quando si pensa a una città “intelligente”, cioè dotata di infrastrutture e soluzioni tecnologiche in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e quindi di diventare più sostenibile, si guarda principalmente ai grandi centri urbani o alle metropoli. Spesso si ritiene che i piccoli centri incontrino maggiori difficoltà a sposare il concetto di smart city per una varietà di ragioni: dalla carenza di risorse e competenze locali, alla mancanza di una più generale cultura dell’innovazione. Eppure alcune città di medie dimensioni si stanno attrezzando per diventare sempre più smart. Un’indiretta conferma arriva dalla classifica dell’”Indagine sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo” presentata a FORUM PA 2022 (14-17 giugno 2022): tra le prime 10 città più “mature digitalmente” ci sono Brescia, Lodi, Modena, Padova e Pisa, tutte città di medie dimensioni.
Quindi si può essere smart anche in provincia. Lo dimostra il caso di Busto Arsizio, Comune italiano di 82 925 abitanti della provincia di Varese e sesta città della Lombardia per numero di abitanti. Busto Arsizio ha una consistente estensione territoriale, sulla quale si articolano oltre 300 Km di strade, ed è al centro di un importante snodo sia autostradale sia ferroviario. Nonostante non ricada sul suo territorio, è il centro urbano più importante dell’area dell’aeroporto internazionale di Malpensa.
“Partendo da queste considerazioni – spiega a EconomyUp Salvatore Nicola Loschiavo, Assessore alla mobilità di Busto Arsizio – la nuova amministrazione comunale uscita dalle consultazioni elettorali dello scorso ottobre ha deciso di non riproporre più l’assessorato alla viabilità, istituendo invece il nuovo assessorato alla mobilità. Il concetto di mobilità è, infatti, molto più ampio di quello di viabilità, perché supera il tradizionale concetto della migliore fruibilità della rete stradale esistente, per abbracciare il più ampio principio della pianificazione e della regolazione dei flussi di traffico sulle reti di trasporto pubblico e privato. Ma abbraccia anche la progettazione e regolazione di modalità di trasporto innovative per scoraggiare la mobilità privata e, quindi, in ultima analisi la riorganizzazione globale dello spazio pubblico, in chiave di migliore vivibilità e minore impatto ambientale. Con queste premesse – ha sottolineato – le scelte dell’Amministrazione stanno andando sempre più nella direzione della mobilità sostenibile, con un occhio di privilegio per la mobilità elettrica, e della smart city”.
Loschiavo è intervenuto al dibattito “Mobilità sostenibile nei grandi centri e nelle piccole comunità: modelli, infrastrutture e servizi” organizzato il 16 giugno nell’ambito di FORUM PA 2022, grande evento romano della società del Gruppo Digital360, spiegando appunto in quali ambiti di intervento opera Busto Arsizio per diventare più smart e sostenibile.
(QUI è possibile rivedere il talk)
Il car sharing elettrico a Busto Arsizio: l’importanza di coprire l’ultimo miglio
“Un primo ambito di intervento – afferma – è stato quello del car sharing, interamente elettrico, realizzato in collaborazione con E-Vai, società di FNMGroup: ad oggi si contano 225 iscritti residenti, di cui il 30% è utilizzatore abituale.
Il servizio ruota intorno a tre E-vai point, dove è possibile iniziare e terminare il noleggio. Il 2022 sta registrando un significativo aumento del numero dei noleggi mensili, passati dai 16 dell’anno precedente ai 24 dell’anno in corso, con un corrispondente aumento anche del fatturato medio mensile, che ha raggiunto da ultimo i 910,00 € mensili”.
Dai dati del noleggio, il Comune di Busto Arsizio ha potuto ricavare alcune interessanti osservazioni: “L’E-vai point più utilizzato è quello in corrispondenza della Stazione ferroviaria nord, dal quale parte l’85% dei noleggi. Inoltre, se le destinazioni sono le più disparate, la maggior parte degli spostamenti (addirittura il 74%) avviene tuttavia entro il perimetro cittadino. In altre parole, dai dati è possibile dedurre il car sharing si inserisce pienamente nel contesto del cosiddetto “ultimo miglio”, ovvero la necessità di coprire l’ultimo tratto di un percorso iniziato e proseguito con vari mezzi pubblici e/o privati, e che può rappresentare un’utile alternativa all’uso dell’auto privata”.
Nelle ultime settimane, inoltre, l’Amministrazione di Busto ha lanciato una nuova iniziativa: il noleggio di due nuove autovetture interamente elettriche, destinate prioritariamente agli uffici comunali, mettendone una a disposizione della collettività nei fine settimana, in modo da incrementare la flotta del car sharing.
I monopattini elettrici: Busto Arsizio pioniera nella normativa
Altro fronte relativo alla mobilità leggera, sperimentato dall’Amministrazione della cittadina lombarda, è quello dei monopattini elettrici a noleggio.
“Il servizio – spiega Loschiavo – pensato appena prima del lockdown, è stato inaugurato a settembre 2020. Ad oggi, conta oltre 7.000 iscritti, per una flotta di 150 monopattini, con un incremento significativo negli ultimi mesi sia di utenti sia di noleggi (nell’ultimo mese i noleggi sono stati oltre 4.000)”. Peraltro, al momento del lancio del noleggio dei monopattini, a settembre 2020, Busto Arsizio è stata pioniera, perché aveva previsto ed introdotto, in via regolamentare, alcune norme che in larga parte sono state poi riprese dal legislatore nazionale un anno dopo nell’intervento di settembre/novembre 2021″. Tra queste, per esempio, il fatto che i monopattini debbano essere provvisti di luce anteriore bianca o gialla fissa e posteriormente di catadiottri rossi e di luce rossa fissa, il gestore debba fornire copertura assicurativa per responsabilità civile sia verso terzi sia verso i soggetti utenti ecc. ecc.
Il noleggio biciclette per un trasporto più “democratico”
Al noleggio dei monopattini si pensa di affiancare il noleggio delle biciclette, riprendendo un vecchio progetto, partito diversi anni fa e poi accantonato. “È importante questa integrazione – rimarca l’Assessore – perché non bisogna dimenticare che il monopattino non è un mezzo democratico: lo usano più i giovani rispetto agli anziani ed è appannaggio degli utenti maschi molto più che degli utenti femmine. La bicicletta, specie quella a pedalata assistita, potrebbe riequilibrare i dati di uso”.
La vera sfida: il trasporto pubblico
Molto più sfidante è la partita del trasporto pubblico locale, “da giocarsi su un periodo più lungo perché gli attori coinvolti sono plurimi”. Secondo Loschiavo, “dovrà necessariamente contemplare sia una razionalizzazione delle linee, magari in una visione integrata di area vasta, sia un rinnovamento delle flotte, privilegiando mezzi con minor impatto sia in termini di dimensioni sia in termini di emissioni”.
I dati esposti sull’uso del car sharing e dei monopattini indicano una tendenza ben precisa: “il noleggio di mezzi leggeri e la condivisione piacciono alla collettività e si pongono a tutti gli effetti come elementi di mobility as a service”.
La raccolta dati per incrementare la sicurezza e diminuire l’impatto ambientale
Un settore molto importante per orientare le scelte di mobilità è sicuramente quello della raccolta e dell’analisi dei dati di mobilità. Come la fa un piccolo Comune?
“Busto Arsizio – riferisce l’Assessore alla mobilità – raccoglie dati e ne fa uso da tempo, ma la finalità della raccolta è stata tradizionalmente quella della sicurezza stradale. Oggi, si comincia, finalmente, ad orientare la raccolta e l’analisi anche e soprattutto verso la gestione dei flussi, nella consapevolezza che flussi più razionali garantiscono, al contempo, anche maggiore sicurezza, oltre che migliore fruizione degli spazi e minore impatto ambientale. Una prima sperimentazione in tal senso ha coinvolto il viale Boccaccio, una delle più importanti arterie di accesso alla città. Fino all’anno scorso, il viale era attraversato da oltre 11.000 veicoli al giorno, con una significativa presenza di traffico parassitario diretto verso le città limitrofe e con un notevole impatto acustico e per emissioni di CO2. Era anche una delle arterie a più alta incidentalità, in alcuni casi grave.
Si è deciso, dunque, di intervenire e l’analisi dei dati raccolti ha consentito di effettuare scelte che, già oggi, restituiscono risultati incoraggianti, sia in termini di diminuzione del traffico veicolare con una significativa riduzione del traffico parassitario, sia in termini di riduzione dell’impatto ambientale. Senza dimenticare la ricaduta sulla sicurezza: nelle ultime statistiche rese pubbliche dall’Amministrazione, il viale Boccaccio non figura più tra le strade a maggiore incidentalità. Un altro ambito nel quale l’Amministrazione sta intervenendo con il medesimo approccio, quello della raccolta e dell’analisi dei dati, è costituito dalle aree scolastiche, dove l’obiettivo di ridurre l’uso dell’auto privata è prioritario. Tutto ciò è possibile grazie a telecamere e sensori già installati (altri verranno installati), che proiettano Busto Arsizio a pieno titolo nella dimensione della smart city”.
“La mobilità non ha colore politico”
Pur soddisfatto del percorso intrapreso finora, Loschiavo ammette che c’è ancora molto da fare per una città più smart e sostenibile, E la prima cosa è orientare le persone verso un cambiamento di mentalità.
“La maggior parte delle abitudini di mobilità, specie in città piccole come Busto Arsizio, va, infatti, nella direzione opposta a quella della sostenibilità ed è caratterizzata da un massivo uso dell’auto privata e da ampi spazi pubblici progettati e destinati quasi esclusivamente all’automobile”.
Qui ha un ruolo chiave la politica. Che, a detta di Loschiavo, “deve decidere, anche a costo di perdere consenso, perché in ballo c’è il futuro delle città e delle nuove generazioni. La mobilità – conclude – non ha colore politico, è trasversale e ci sono diversi esempi europei che lo dimostrano. Le realtà piccole non sempre dispongono di competenze tecniche interne e, soprattutto, devono fare i conti con risorse finanziarie limitate, tanto più che l’accesso a determinati fondi è consentito soltanto alle grandi realtà metropolitane. Ciononostante, Busto Arsizio ci crede ed ha deciso di stanziare e di investire 150.000 euro per la redazione del PUMS (Piano urbano della mobilità sostenibile). Perché è nostra convinzione che, se la mobilità non funziona, non funzionano il commercio né la scuola e neppure le relazioni sociali”.