Verizon compra le attività internet di Yahoo! per 4,8 miliardi di dollari cash. L’azienda di telecomunicazioni americana rileva il core business di quello che per almeno un quindicennio è stato un colosso del web ma che negli ultimi anni aveva fatto registrare un calo significativo in termini di popolarità e introiti.
Dall’operazione restano escluse la quota del 15% di Yahoo! nel gigante cinese dell’e-commerce Alibaba e la partecipazione del 35,5% in Yahoo! Japan, che complessivamente valgono a oggi circa 40 miliardi di dollari, mentre la capitalizzazione di mercato di Yahoo! è di 37,4 miliardi (prima dell’apertura di Wall Street il 25 luglio). Nei giorni migliori, all’apice della bolla di internet, la capitalizzazione di Yahoo! era schizzata a 125 miliardi. E nel 2008, la società, già in frenata, aveva rifiutato 44,5 miliardi di dollari per essere ceduta a Microsoft.
Quando il deal sarà concluso, Yahoo! cambierà anche nome, come ha annunciato la ceo della società di Sunnyvale, Marissa Mayer, che dovrebbe rimanere al timone del gruppo. Verizon, che ha una capitalizzazione di mercato di 210 miliardi di dollari, ha puntato su Yahoo! perché è probabilmente convinta che i contenuti online e l’advertising sono strade fondamentali di crescita. In questo senso si può spiegare anche l’acquisizione per 4,4 miliardi di dollari del network AOL nel maggio 2015, in cui ci sono anche siti di grande successo come Huffington Post e TechCrunch.
L’operazione prevede anche l’acquisizione del motore di ricerca, del servizio di e-mail (ancora molto usato), dell’instant messaging e delle proprietà immobiliari, compreso il quartier generale di Sunnyvale.
Con Yahoo! dalla sua parte, Verizon potrebbe diventare più competitiva nel settore dell’advertising, dove oggi Google e Facebook sono senza
dubbio leader di mercato. L’aggiunta di milioni di utenti e di numerosi contenuti nelle aree News, Sport e Finance – Yahoo! resta negli Stati Uniti il terzo portale online di contenuti più visitato (anche perché il servizio Yahoo! Mail è ancora molto performante e porta milioni di utenti sulle pagine del sito) – potrebbe rendere più autorevole il network di Verizon e di conseguenza attrarre più investimenti pubblicitari.
I vantaggi potenziali per Verizon ci sono. Chi invece ha confermato, con questa valutazione di “pochi” miliardi di dollari, di essere un’azienda in declino è Yahoo!. Troppi errori di gestione, troppi passi falsi, troppe cose non viste in tempo: un insieme di elementi che possono però trasformarsi in lezioni utili per aziende e startup. Osservare gli sbagli degli altri può essere d’aiuto per non cadere nelle stesse trappole. Ecco 5 insegnamenti a cui guardare con attenzione.
1 ESSERE I PRIMI NON È SEMPRE UN VANTAGGIO, SE POI NON RIESCI A DIFENDERE GELOSAMENTE (A SUON DI INVESTIMENTI) IL TUO PRIMATO
Yahoo! è stata fondata nel 1994, tre anni prima di Google e dieci anni prima di Facebook. Si può dire che è stata la prima grande internet company del pianeta. Nel 1998, l’anno in cui la società ha conosciuto il suo boom globale, i suoi fondatori Jerry Yang e David Filo erano considerati dei geni per aver trasformato una directory di siti web in una delle aziende a maggior crescita nel mondo.
Yahoo! era nato come un motore di ricerca per orientarsi in rete. E nei primi periodi, quando non c’erano concorrenti all’altezza (Altavista era considerato poco performante), è stato facile diventare il leader di mercato. Quando Google si affermò come primo motore di ricerca online, Yahoo! non cercò subito di competere con Mountain View lavorando a testa bassa su tecnologie e assumendo programmatori di alto livello. Anzi, anche all’interno dell’azienda, il motore più usato era quello ideato da Sergej Brin e Larry Page. Preferì invece procedere solo a una serie di acquisizioni di aziende che si occupavano di search engine (Inktomi, Overture) spazzate via da BigG. Risultato: il motore di ricerca Yahoo! è rimasto anni luce indietro rispetto a quello di Google. E nonostante il successo del motore di ricerca di Page e Brin, Yahoo! ha continuato a non seguire le orme di Google, Facebook e Microsoft e a non assumere i migliori developer sul mercato preferendo affidare quasi tutto lo sviluppo del prodotto a product manager e designer, una scelta che portò a non ideare grandi innovazioni.
Lezione da imparare: un’azienda che fa da pioniere in un mercato non può permettersi il lusso di far avanzare altre aziende sul suo core business facendo poca innovazione, o comunque non mirata. Tanto più se si definisce hi-tech, non può non investire seriamente in tecnologie e in talenti nell’ambito della programmazione pretendendo di competere semplicemente attraverso operazioni finanziarie o di M&A.
2 SE PUOI COMPRARE GOOGLE, FALLO. E SE NON PUOI, GUARDA CON ATTENZIONE ALLE SOCIETÀ CHE INVENTANO NUOVI MODELLI DI GENERAZIONE DI RICAVI NEL MERCATO IN CUI OPERA LA TUA STARTUP
Yahoo! aveva l’occasione di comprare Google per una cifra relativamente bassa ma il co-founder, David Filo, era convinto che il vero business non fosse
tanto il motore di ricerca, che generava pochissimi introiti pubblicitari, ma i banner, che all’epoca erano la prima fonte di incassi online. Nella testa dei founder di Yahoo! essere un portale con contenuti era quindi più proficuo rispetto al “semplice” motore di ricerca. A Google invece non dovevano preoccuparsi di altre fonti di revenue e quindi hanno lavorato con calma sul loro progetto diventando i primi al mondo. Pare che intorno al 2001 Yahoo! fece un’offerta di 1 miliardo di dollari per rilevare la società di Mountain View ma secondo i rumor, i founder avrebbero fatto saltare il tavolo alzando le richieste a 3 miliardi: se Sunnyvale avesse insistito forse saremmo qui a parlare di un’altra storia.
Lezione da imparare: se un mercato non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità e un’azienda competitor trova un’alternativa per generare revenue, è meglio non snobbarla
3 PUNTARE SU SETTORI IN DECLINO NON PAGA
Yahoo! ha sempre pensato a se stessa più come a una media company che a una società hi-tech. In un periodo in cui per le imprese dell’informazione è difficilissimo trovare business model sostenibili, intestardirsi su crescere come sito di informazione o di entertainment è probabilmente una strategia destinata a scontrarsi con migliaia di difficoltà. Non c’è quasi nessun quotidiano o magazine, al di fuori di quelli specializzati in economia e finanza o in altre nicchie specifiche, che non abbia subito perdite negli ultimi anni. Perché quindi puntare su questo sviluppo piuttosto che provare a mantenere una posizione di primo piano nei servizi internet e in genere in ambito hi tech?
Lezione da imparare: se un settore è in declino, vuol dire che gli utenti hanno meno bisogno di certi prodotti e di certi servizi oppure non sono disposti a pagare per averli. Quindi, a meno che non si abbia un sicuro modello di business per rivitalizzare un settore e guadagnarci meglio puntare su quelli che funzionano di più e che hanno modelli di business già collaudati.
4 SCEGLI UN BUON CEO
Yahoo! non ha avuto grandi fortune con i propri Ceo: non c’è mai stato davvero nessuno capace di dare al gruppo una visione vincente, così come ha fatto per esempio Eric Schmidt con Google puntando tutto su motore di ricerca, pubblicità e analytics. Dopo che il primo Ceo, Tim Koogle, aveva portato Yahoo! in Borsa nel 1996, la società nel 2001 fu affidata a Terry Semel, ex manager di Warner Bros, proprio per fare in modo che il sito diventasse prima di tutto un mezzo di comunicazione online. Andò avanti con Semel fino al 2007: in effetti, l’impatto sul mercato media da parte di Yahoo! fu significativo ma la perdita su altri fronti altrettanto grande.
Dopo Koogle toccò al co-fondatore Jerry Yang, che però restò in sella solo due anni, perché il board non gli perdonò di non aver venduto la società a
Microsoft nonostante un’offerta di 44,5 miliardi di dollari. Dal 2008 fu la volta di una donna, Carol Bartz, che però non riuscì a risollevare la società. Dal 2011 in poi si avvicendarono diversi chief executive officer: Tim Morse, Scott Thompson (responsabile di un taglio di circa 2.000 dipendenti), Ross Levinsohn e, nel 2012, Marissa Mayer, che data l’esperienza in Google avrebbe dovuto riportare Yahoo! ai fasti dell’epoca. Ma Mayer si è segnalata più che altro per alcune acquisizioni messe a segno, che però non hanno migliorato sostanzialmente l’andamento dell’azienda.
Lezione da imparare: per quanto si possa essere gelosi della propria creatura imprenditoriale, affidarla, risorse permettendo ai migliori manager sulla piazza si rivela spesso una scelta vincente. Risparmiate sul resto, ma sulla testa non badate a spese.
5 VALORIZZA LE ACQUISIZIONI CHE FAI E NON OPPORTI ALLA DISRUPTION, ANCHE QUANDO COZZA CON IL TUO BUSINESS MODEL
Yahoo! ha adottato spesso una politica di acquisizioni che l’hanno portata a rilevare anche società promettenti come Flickr (comprata per “soli” 35 milioni di dollari), che prima di Instagram e Snapchat era la maggiore repository di foto online. Ma anziché permettere al team di Flickr di lavorare sul prodotto, Yahoo! si è concentrata sull’integrazione tra i due team e ha impedito alla startup acquisita di sviluppare un social network interno: al top management di Yahoo!, focalizzato sull’idea della media company, non andava giù che a generare i contenuti potessero essere gli utenti. Non si fosse opposta, a quest’ora probabilmente Flickr sarebbe stata come Instagram, ma ben prima che il social network di Kevin Systrom diventasse così diffuso. A onor del vero, con la politica di acquisizioni Yahoo! è riuscita anche ad accappararsi una quota rilevante in Alibaba. Ma non è bastato a scongiurare una cessione per “pochi spiccioli”.
Lezione da imparare: va bene l’open innovation, va bene innovare portando dentro innovazioni create fuori, ma non ci si può dimenticare di innovare anche all’interno e si è obbligati a rendere più funzionali possibile le proprie acquisizioni. Altrimenti c’è il rischio di sprecare risorse e di far perdere valore alla propria azienda.
Ecco una timeline, reperibile su Flickr, che ripercorre la storia di Yahoo! dall’inizio fino al 2010.