Vialli: la mia ricetta per il cambiamento? Passione e cautela

Il calciatore sarà l’ospite d’onore dell’Emc Forum 2014 dal titolo “Redefine”. A EconomyUp anticipa che cosa racconterà: «Come mi sono adattato ai miei vari stati. Ora vorrei tornare nel calcio, magari come manager. Le mie esperienze imprenditoriali? Discutibili…»

Pubblicato il 14 Nov 2014

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Di fronte alla crisi da cambiamento la fatica maggiore è adattarsi. Un po’ come un campione alla fine della carriera sul campo. Ecco perché al terzo Emc Forum, l’ospite d’onore è Gianluca Vialli. Sì,proprio lui: calciatore, allenatore, commentatore televisivo ma anche imprenditore (seppure con scarse soddisfazioni). Invitato dalla multinazionale specializzata in servizi tecnologici per le aziende a portare il suo contributo al tema scelto per il Forum, “Redefine”, dedicato quest’anno appunto all’arte (e alla necessità) di “ridefinirsi” e al nuovo ruolo che la tecnologia deve giocare all’interno delle imprese. «L’evoluzione tecnologica è un’opportunità che le aziende devono cogliere; la sfida è quella di implementare al proprio interno nuove conoscenze, competenze e processi con l’obiettivo di ottenere il meglio dall’innovazione, applicandola alle strategie di business», dice Marco Fanizzi, CEO di Emc Italia nel video di invito al Forum.

Che cosa racconterà il goleador Vialli alla platea di manager riuniti al Mi.Co. di Milano dall per fare il punto sui trend della Terza Piattaforma – Social, Mobile, Big Data – e sugli effetti che stanno producendo sui processi e sui prodotti? Lo anticipa in questa intervista a EconomyUp, in cui rivela anche il desiderio di tornare nel calcio “attivo”, magari in un ruolo manageriale.
«Racconterò la differenza fra i miei veri stati», comincia Vialli. Come ho vissuto i passaggi, che cosa ho imparato, quello che ho dovuto adattare. pur rimanendo la stessa persona, pur mantenendo il mio “core business”. In una sola parola il cambiamento che ho dovuto affrontare.

Vialli, che cosa significa per lei Redefine?
Adattarsi a situazioni nuove, anche quando l’esperienza non cambia. Io rimango uomo di sport, amante del calcio, ma nel corso della mia vita mi sono ridefinito più volte: prima calciatore, poi allenatore, quindi mi sono ritrovato a essere pagato per vedere le partite di calciato. Crescendo, ho cambiato il mio modo di esprimere me stesso e di rapportarmi con le diverse situazioni.

Ridefinire le proprie possibilità, quindi. Come si procede? C’è un modo più efficace per farlo?
Sì, io consiglio sempre di fare cose per le quali si nutre una forte passione. Decidete pure qualsiasi svolta, ma dovete appassionarvi, essere disposti a sacrificarsi, spendere energie. Insomma, bisogna avere la capacità di rimettersi in discussione. E poi circondari di persone che ne sanno di più, che sono più avanti di voi, che possono darvi i consigli giusti.

Il suo primo consiglio?
Fare un passo alla volta. C’è un detto cinese che dice: un viaggio di 100mila chilometri comincia con un semplice passo. È giusto essere molto focalizzati, ma un passo alla volta. Ci vuole una certa cautela. Non è mai il caso di correre rischi eccessivi.

Lei ha detto in diverse occasioni, quando faceva gol, di aver bisogno di un profeta. Che cosa significa?
Un punto di riferimento, una persona che in un certo senso possa guidarti durante il processo in cui ti stai rifinendo. Una persona che ti dia fiducia e la lealtà di cui abbiamo tutti bisogno. I miei periodi migliori li ho vissuti quando ero guidato da qualcuno che mi faceva sentire importate. Mi dava la sensazione di poter camminare sull’acqua.

Adesso che ha raggiunto i 50 anni ed è uscito dal campo di gioco, potrebbe essere lei il profeta per qualcuno?
Non lo so. So che sono a Sky da 11 anni: è la società con cui ho lavorato più a lungo. Non ho mai giocato con la stessa squadra per così tanto tempo. Adesso c’è la possibilità che io possa fare dell’altro.

Quindi c’è un nuovo “redefine” in vista?
Mi piacerebbe “ridefinirmi”, mi piacerebbe tornare nel mondo del calcio, magari fare il dirigente, scegliere io l’allenatore e, se il caso, licenziarlo. Non escludo di potermi permettere il piacere di gestire una squadra di calcio.

Il calcio è un delicato equilibrio di team e talento. Dove sta il punto di equilibrio?
Le dinamiche all’interno di uno spogliatoio sono simili a quelle in un team aziendale: la grande differenza è che nel calcio la componente emozionale gioca un ruolo fondamentale. Spesso i calciatori sono giovani, immaturi, preoccupati più di promuovere il loro brand che di lavorare per la squadra. Una situazione difficile da gestire. Il vantaggio è che puoi raggiungere il cuore delle persone.

Che cosa serve allora per formare una squadra di successo?
Ci vorrebbe un libro per rispondere. Molto in sintesi diciamo che devi fare tre cose. 1) scegliere giocatori che abbiano comunione di intenti e che sappiano far gruppo; 2) garantire la completezza di competenze; 3) eliminare cultura dell’alibi, sviluppando rapporti di mutua responsabilità.

Che cosa sta cercando di trasmettere alle sue figlie riguardo la capacità di definirsi e ridefinirsi.
Le mie figlie hanno 10 e 7 anni e cerco di farle crescere con la mente aperta, aiutato in questo dal fatto che io sono italiano, la mamma sudafricana e loro sono nate in Inghilterra. Vorrei che avessere la capacità di vedere le cose senza alcuna chiusura. Ma c’è un’altra cosa importante. Il segreto di una persona di successo è riuscire a individuare presto che cosa vogliono e possono fare con passione. Io a 3 anni facevo i primi passaggi con il pallone. E non ho smesso più. Alle mie figlie propongo tante opportunità, la chitarra e l’interior design, la recitazione e lo sport. Mi auguro che un giorno mi dicano: io voglio fare questo…

Lei ha mai provato a fare l’imprenditore?
Seguendo il consiglio di Bill Gates e Warren Buffet io sono sempre stato focused su quello che facevo. Quando giocavo, pensavo solo al calcio e basta. Dopo, da quando lavoro con Sky, ho provato a fare qualche investimento ma con risultati discutibili. Per fare bene qualcosa devi scegliere bene ed essere tu in prima persona a gestire. Io ho fatto degli errori e adesso ho capito che posso investire tempo, energie, persino il mio network ma non soldi. Quelli preferisco usarli per comprare qualche casa….

Che cosa non ha funzionato?
Ho cominciato a investire nel 2007, forse era il periodo peggiore per farlo. Forse il problema è che mi lascio affascinare quando qualcuno si presenta con un’idea originale che magari sembra utile a colmare un vuoto di mercato. Ma poi l’execution lascia a desiderare e molte delusioni. E questo l’ho sempre capito dopo…

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