Nei mesi scorsi Ad4Ventures, fondo di corporate venture capital di Mediaset, ha investito in due startup operanti nell’ambito dei comparatori: l’emiliana Fazland, che ha realizzato una piattaforma per la ricerca di professionisti su tutto il territorio nazionale, e la spagnola Hundredrooms, un comparatore di appartamenti turistici e case vacanza.
La scelta di puntare su questa tipologia di realtà si giustifica, da un lato, con la crescente rilevanza di tali piattaforme nelle vendite eCommerce e, dall’altro, con un aumento del numero di utenti che utilizzano il canale internet per prendere decisioni d’acquisto (dai viaggi alle tariffe telefoniche, dalle assicurazioni ai servizi di energia). Ma al di là degli esempi specifici, l’investimento in startup da parte di grandi Media Company può rappresentare un’importante opportunità per diversificare le proprie attività ed entrare in nuove arene competitive.
Il mercato dei Media dal 2008 ad oggi, infatti, ha perso in Italia 3 miliardi di euro, pari a un sesto del valore iniziale. Anche concentrando l’attenzione sul solo canale Internet, la situazione non è particolarmente rosea, perché oltre due terzi del valore complessivo della pubblicità online – e l’intera crescita annuale – è nelle mani degli Over the Top (Google e Facebook su tutti) e, al contempo, i ricavi da contenuti Media digitali venduti agli utenti finali valgono ancora pochissimi punti percentuali sul totale ricavi Pay.
L’auspicio quindi è che, al di là di un investimento finanziario, le startup possano essere integrate pienamente nelle attività delle Media Company, con benefici reciproci:
• per le startup, in particolare quelle B2c, dove, innesto economico a parte, è proprio la possibilità di avere visibilità su canali di comunicazione di massa (offline e online) a poter diventare un fattore critico di successo; molto spesso, infatti, la criticità di queste realtà sta nell’estrema difficoltà a raggiungere masse critiche, in termini di audience, necessarie per costruire un modello di revenue sostenibile;
• per le Media Company, perché per innovare contenuti, servizi e modelli di business serve l’integrazione di competenze digitali, ma soprattutto di un approccio culturale “lean” tipico delle startup (fatto di modelli decisionali agili, rapido time to market, meccanismi di learning by doing e fine tuning continui).
In altre parole, in uno scenario di digital disruption come quello che le Media Company stanno attraversando, occorre avere il coraggio di “cambiare pelle”, valorizzando gli asset fino ad oggi creati. Le esperienze delle grandi Media Company internazionali lo dimostrano. Sono diversi, infatti, i casi di realtà che stanno cercando di monetizzare la propria audience con modelli alternativi alla pubblicità o alla vendita di contenuti, primo su tutti l’eCommerce.
*Marta Valsecchi è Direttore Osservatorio Mobile B2c Strategy, School of Management, Politecnico di Milano
*Andrea Lamperti è Direttore Osservatorio Internet Media, School of Management, Politecnico di Milano