E’ il momento di ripensare al lusso nei tempi del digitale. La differenza verrà sempre egualmente fatta dai dettagli che rendono unica ogni persona, ma non si potrà non tener conto dei differenti comportamenti d’acquisto dovuti ai profondi mutamenti sociologici nei consumatori e al loro approccio alle tecnologie.
La differenza è abissale se pensiamo a come avrebbero profilato i brand del lusso trent’anni fa, a parità di capacità di spesa, i consumi di un quarantenne con 2 figli e come invece va approcciato oggi un “young adult” technoaddicted. Cambiano i touchpoint tra brand e consumatore ma cambia soprattutto il modo di disegnarli.
Oggi vale molto l’integrazione dell’esperienza di shopping ma non solo, anche dell’esperienza dei servizi che ruotano attorno all’atto di acquisto: per esempio comprare online ed effettuare poi il cambio nel negozio fisico per comodità; oppure acquistare sul web e ritirare il capo nello store in città. Tod’s, ad esempio, ci sta arrivando con un piano digital a 360 gradi partito con il progetto Dot’s of Life: un progetto nato online su Instagram e poi approdato in negozio con iniziative dedicate.
Qualcuno penserà che concetti come esclusività, sensorialità riservatezza, propri del fashion e del lusso in generale, siano in apparente dicotomia con il digitale. Come portare quindi il lusso in una app? l’esclusività in un sito web? l’esperienza dei 5 sensi attraverso una piattaforma e-commerce? Come sostituire la sofisticatezza di un essere umano che si prende cura del cliente, con supporti tecnologici?
Il digitale, innanzitutto, è solo la punta dell’iceberg nella relazione finale con il cliente, importantissimo certo, ma resta un fattore abilitante, non lo scopo ultimo nel rapporto tra Fashion e Tecnologia.
È l’innovazione la vera pietra filosofale, l’unico vantaggio competitivo per un posizionamento sostenibile in un mercato sempre più affollato e con rendite di posizione che hanno cicli di vita sempre più brevi.Certo, un obiettivo importante, in questo momento, è orientare i comportamenti di acquisto, potenziando l’e-commerce e utilizzando i dati relativi ai consumatori in modo da offrire loro un servizio personalizzato, attraverso azioni di comunicazione, marketing e merchandising.
Certo, i social media offrono ai brand un’occasione per informare, raccontare il loro mondo e la loro visione (storytelling) e, ancora, ascoltare e rispondere alle domande dei loro consumatori ma rappresentano ancora una volta un mezzo nell’interazione brand-consumatore non una forma salvifica di “purificazione” digitale.
Ma e-commerce e social media non bastano a connotare un digital DNA
E’ l’innovazione tecnologica e di processo che deve essere immanente all’intera organizzazione aziendale. Per ogni bisogno che nasce all’interno della catena del valor del fashion ci sarà una risposta tecnologica adeguata (vedi grafico qui sopra).
Rimane il fatto che abbattere sempre più barriere tra digitale e fisico resta obiettivo primario del settore del Fashion Tech con sempre alla base un nodo da sciogliere, non l’esecuzione tecnica della modalità digitale ma la traduzione in una fruizione abitudinaria, spesso limitata da inesperienza o da logiche emotive. Dopotutto, i negozi fisici sono ben lungi dall’essere morti.