David Van Reybrouk, nel suo Contro le elezioni (Feltrinelli) la chiama “stanchezza democratica”. Non male come eufemismo, funziona. La definizione è calzante senza essere provocatoria e attiene a quel difetto congiunto di rappresentatività ed efficacia che sta mostrando la democrazia recente a causa (anche) dell’equazione che la sovrappone alle elezioni. Brexit, M5S, Trump non sono coincidenze secondo l’intellettuale belga, bensì ricorrenze di un crescente manifestarsi dell’insoddisfazione del popolo per il modo in cui la democrazia si applica, a cominciare proprio dal criterio di rappresentanza, le elezioni, la forma più antica di crowdsourcing destinato alla gestione della Cosa Pubblica. Oggi pare che la crowd non sia molto felice del modo in cui avviene il sourcing.
“Democrazia, aristocrazia, oligarchia, dittatura, dispotismo, totalitarismo, assolutismo, anarchia: ogni sistema politico deve trovare un equilibrio tra due parametri fondamentali: l’efficienza e la legittimità. L’efficienza risponde alla domanda: di quanto tempo ha bisogno un governo per mettere in atto soluzioni reali ai problemi che si presentano? La legittimità risponde alla domanda: in che misura il popolo è d’accordo con queste soluzioni? Fino a che punto riconosce l’autorità del governo? L’efficienza corriponde alla capacità di agire, la legittimità al sostegno dei cittadini all’azione pubblica. […] Oggi le democrazie occidentali si confrontano simultaneamente con una crisi di legittimità e una crisi di efficienza.”
Come in tutti gli ambiti in cui una decisione può incidere pesantemente sulla collettività, la collettivizzazione di quella decisione non è più un corollario procedurale, un si-fa-così perché si è sempre fatto così, ma è diventato un problema che ha scatenato forze non più contenute nei processi democratici classici, che avevano più o meno serenamente accompagnato l’Occidente dalla seconda metà del Novecento in poi.
Crowdsourcing quindi, democrazia dal basso, open democracy? La soluzione che propone Van Reybrouck, con dovizia di riferimenti (insuccessi compresi) è più avanzata, sebbene splendidamente classica, in quanto già strumento della democrazia ateniese: il sorteggio. Nella formalizzazione dell’americanoTerrill Bouricius, consiste in una riedizione riveduta e corretta, dotata di un efficace sistema di contrappesi, del sistema che risale all’antica Atene. Ripartendo le chance politiche e limitando il disaccordo, disinnescando consorterie e sopratuttto il conflitto d’interessi per cui le elezioni vedono i politici impegnati con l’obiettivo di farsi rieleggere piuttosto che di migliorare i Paesi in cui operano, potrebbe essere una nuova frontiera.
Qualcuno dice che l’incompetenza è dietro l’angolo. Lo dicono spesso anche del crowdsourcing in genere. Viene da chiedersi: i sistemi finora in voga, compresi i vigenti, nell’amministrazione pubblica come nella consulenza, hanno garantito rappresentatività ed efficacia?