Di imprese italiane che fanno shopping di aziende all’estero non ce ne sono tantissime. Ma quelle che ci sono riescono a fare acquisizioni anche in un mercato ultracompetitivo come quello americano. Una di queste è Suba Seeds, una società di Longiano (Forli Cesena) produttrice di sementi che ha appena rilevato per 6,5 milioni di dollari Condor Seed Production, un’azienda Usa con sede a Yuma, in Arizona, attiva nello stesso settore.
Suba Seeds non è nuova a questi colpi. La società, fondata 40 anni fa da Augusto Suzzi, vanta una storia di acquisizioni e fusioni che ricorda, per numero di affari conclusi, i percorsi delle multinazionali più note. La compagnia romagnola, che dal 2011 è una vera e propria holding, ha infatti comprato diverse ditte (tra cui Sipas Packaging e Royal Seeds) e altre ne ha create per internazionalizzarsi (tra cui Suba&Unico, frutto di una fusione, e Suba France) o per confrontarsi con altri settori (Suba Alimentare).
Insomma, i titoli per meritarsi l’appellativo di “multinazionale tascabile” ci sono tutti. E anche i numeri, visto che l’esercizio chiuso a metà 2013 ha visto un fatturato di 46 milioni di euro (con un aumento del 13% rispetto al 2012) e un utile netto di 3 milioni. Negli ultimi cinque anni, ovvero in piena crisi, i ricavi sono cresciuti del 50%. “Da quando abbiamo iniziato la nostra attività, nel 1974, non abbiamo mai avuto perdite”, dice Suzzi, che oltre a essere il fondatore della società ne è ancora il presidente.
Quella di fare acquisizioni è stata, ed è, una vera e propria strategia anticrisi per il gruppo di Longiano, che dà lavoro a oltre 200 persone. “Andare sul mercato con diverse aziende è un vantaggio: le possibilità di vendere gli articoli che produciamo sono molto maggiori”, spiega il patron.
Uno dei principi di fondo è che quando i competitor si possono inglobare attraverso delle acquisizioni, è meglio farlo. Condor Seeds, l’azienda acquisita un mese fa, specializzata nel mercato denominato “baby leaf”, era appunto una concorrente, soprattutto nei Paesi dell’Est. “Ora lavoriamo a braccetto anziché scontrarci”, afferma Suzzi. “Loro producono articoli che noi non commercializziamo e noi facciamo prodotti che loro normalmente acquistano sul mercato. Adesso possiamo gestire internamente la compravendita di questi prodotti”.
Il gruppo è diventato uno dei leader mondiali nel settore sementiero, dalla produzione alla selezione fino alla vendita. E una spinta
determinante è arrivata dall’ingresso in mercati asiatici ad alto potenziale. “È dal 1986 che vendiamo all’estero, ma all’inizio non penetravamo in Cina e in India perché erano, e sono tuttora, mercati difficili. Ma da quando siamo riusciti a imporci anche lì, i risultati sono migliorati”.
La recessione però non risparmia nessuno e se ci si limita ad espandersi solo nel proprio comparto, senza guardare a possibili diversificazioni, i rischi aumentano. Ecco perché Suba Seeds si è lanciata anche in altri segmenti, come l’alimentare. “Nonostante abbiamo ancora poca esperienza nel settore e la concorrenza sia spietata, stiamo andando discretamente bene”, aggiunge il fondatore.
Un altro punto di forza, non scontato per un’impresa made in Italy che cresce a questi ritmi, è stato il fare continui investimenti in ricerca anche dicendo no a dividendi importanti. “Io e mia moglie – racconta Suzzi – non abbiamo avuto figli e quindi abbiamo considerato la nostra azienda come una figlia. E su di lei abbiamo concentrato le nostre energie. Su di lei abbiamo investito tutti gli utili: per vivere ci basta poco, le nostre esigenze sono molto limitate”.
Con lo stesso approccio un po’ “contadino”, l’azienda ha gestito i rapporti con il suo personale. Tanto che, sottolinea il presidente, “non c’è mai stata un’ora di sciopero e il primo dipendente assunto, Gualtiero Broccoli, nel lontano 1976, è ancora dei nostri e oggi è il responsabile generale del nostro magazzino nonché uomo di massima fiducia: non si muove foglia che Gualtiero non voglia”.
La semina è stata fatta bene, per usare un gioco di parole. Procedendo così, il gruppo punta, insieme a Quadrivio sgr (che a fine 2012 è entrata nell’azionariato, acquisendone il 52%), ad arrivare a 100 milioni di fatturato in massimo tre anni.