L’immagine che viene subito in mente è un bonsai: un sistema complesso come quello di una pianta concentrata in uno spazio ristretto. Solo che in questo caso non si tratta di alberi ma di laboratori biologici. A farli in miniatura, adatti per la Stazione Spaziale Internazionale, è una società di Livorno che si chiama Kayser Italia. E al momento, con i minilaboratori dell’azienda spaziale livornese collocati a bordo della ISS, definiti “bioreattori”, sta facendo esperimenti anche la nostra Samantha Cristoforetti.
[Le 10 innovazioni italiane nello spazio con Samantha Cristoforetti]
«Progettiamo e realizziamo laboratori piccoli come un pacchetto di sigarette, perché nello spazio gli oggetti devono essere minuscoli, pesare poco e togliere meno tempo possibile agli astronauti», dice Valfredo Zolesi, il presidente della società. «Vetrini, pistoni, terreni di coltura per le cellule, sistemi elettronici: tutto viene compresso in un oggettino standard che riproduce un normale laboratorio di biologia». In più, oltre a ideare e realizzare le apparecchiature, Kayser Italia si occupa anche di collaudarle e di monitorare il loro utilizzo durante i test in volo.
Per questo riguarda gli esperimenti di biologia nello spazio, la Kayser, nata nel 1986 come società a capitale misto italo-tedesco e diventata tutta italiana nel 1995, detiene la leadership di mercato in Europa, avendo partecipato a più di 55 missioni. «Abbiamo eseguito oltre 80 esperimenti con vari committenti: Agenzia Spaziale Europea, Agenzia Spaziale Italiana, Nasa, agenzie spaziali russe, giapponesi, di tutto… All’appello mancano solo gli indiani», scherza Zolesi.
[Ecco la stampante 3D che Samantha usa nello spazio]
Secondo quanto riferisce il presidente, Kayser Italia è responsabile di undici test a bordo della stazione orbitante. Il primo relativo alla missione Futura, quella a cui partecipa l’astronauta italiana, è stato condotto il 26 novembre e mirava a studiare le posture degli astronauti in assenza di gravità. L’esperimento si basava su un’apparecchiatura, Elite, che era già sull’ISS prima dell’arrivo di Astrosamantha. «Una ricerca del genere può essere utile per capire meglio, a terra, alcune patologie, tra cui quelle di chi ha subito una lesione spinale», spiega Zolesi
La protagonista del test è stata ovviamente Samantha Cristoforetti. Kayser aveva anche il compito di supportarla da terra. «Abbiamo passato sei-sette ore in consolle per assisterla nell’esecuzione dell’esperimento», racconta il presidente. «Samantha è stata bravissima, anche perché gli astronauti conoscono benissimo le procedure. Ma qualche inghippo durante i test può succedere sempre e sta a noi aiutarli a risolverlo».
Il sistema con cui gli specialisti di Kayser comunicano con gli astronauti è Utiss, un’architettura informatica che collega la sede della società con la stazione spaziale. «Attraverso Utiss possiamo eseguire dei comandi, osservare i dati degli apparati, metterci in comunicazione con le persone nello spazio oppure, per esempio, con Houston o con altre sedi di agenzie spaziali». Per intenderci, un’eventuale segnalazione di una disfunzione relativa a un esperimento scientifico fatto sulla Iss arriverebbe quindi in Toscana. Qualcosa del tipo «Livorno, abbiamo un problema».
[Isspresso, ovvero un caffè made in Italy spaziale]
Le sperimentazioni fatte sullo spazio devono avere una possibile applicazione sulla Terra. Vale tanto per Elite quanto per gli altri test. Tra questi c’è Cytospace (Cell Shape and Expression), un’indagine messa a punto sempre da Kayser Italia con la collaborazione scientifica dell’Università “La Sapienza” di Roma. Consiste nello studio del modo in cui le cellule, che saranno coltivate a bordo della ISS, si sviluppano in assenza di peso e punta a comprendere come la forza di gravità incide sull’attività dei geni. Quando i risultati saranno portati a terra, il dipartimento di Medicina clinica e molecolare della Sapienza si occuperà di analizzarli con l’obiettivo è ottenere informazioni utili per la lotta a malattie come il cancro e l’osteoporosi.
«L’assenza di gravità è una condizione che può dare molte indicazioni. Non a caso, sono stati messi a punto esperimenti su batteri, lievito, linfociti, saliva, mammiferi, topi, girini, scorpioni, piante…».
Per arrivare a gestire una buona fetta degli esperimenti di biologia fatti al di fuori del pianeta Terra, Kayser Italia segue, come le altre aziende, la filiera dei bandi spaziali. Zolesi la riassume così: «Tutti gli esperimenti hanno un doppio team, se non triplo: da una parte c’è un’agenzia spaziale – Asi, Ase, Nasa eccetera… – italiana che emette dei bandi scientifici chiedendo a vari soggetti scientifici (università, centri di ricerca, scienziati, enti…) di proporre degli esperimenti da realizzare nello spazio. Poi vengono fatte delle graduatorie e scelti i candidati. Una volta scelti i progetti, viene fatta una seconda gara, dedicata alle imprese: i requisiti chiesti dagli scienziati devono essere forniti da industrie o consorzi che si dedicano a progettare, collaudare e monitorare gli esperimenti durante lo svolgimento».
Il contratto che Kayser ha con l’Agenzia spaziale italiana prevede la responsabilità di seguire tutti gli esperimenti italiani fatti dall’agenzia. «Noi possiamo avere un duplice ruolo: o “costruiamo” gli esperimenti oppure prendiamo i test ideati dai laboratori di ricerca e li aiutiamo nel percorso verso lo spazio».
Per portare a termine questi compiti, la società conta su uno staff di circa 60 persone, composto da ingegneri elettronici, informatici e meccanici, esperti di biologia, termica, fisica e ottica. «Facciamo quasi tutto noi, anche per quanto riguarda la produzione. Molte parti meccaniche le stampiamo infatti in 3D oppure le affidiamo a officine che operano sotto il nostro diretto controllo», precisa Zolesi.
Tra i progetti per il futuro, c’è un contratto vinto per una piattaforma da collegare al Columbus, il modulo europeo della ISS, sulla quale saranno applicati dei trasmettitori innovativi in banda larghissima. «Consentiranno un più facilmente collegamento tra la Terra e la stazione. Sembrerà strano, ma a volte anche nello spazio non c’è segnale. Non c’è campo…».