L’importo inaspettato di 36 miliardi, la riduzione della tassazione sul lavoro, la stabilizzazione degli 80 euro, le agevolazioni per le nuove assunzioni, il tfr in busta paga. La legge di stabilità preparata dall’esecutivo guidato da Matteo Renzi si presenta all’esame del Parlamento con l’ambizione di rilanciare una volta per tutte l’economia tricolore. Ma questa manovra, stando così le cose, ha le carte in regola per consentire all’Italia di ripartire? EconomyUp ha chiesto un parere all’economista Paolo Canofari, consulente di ricerca presso la School of European Political Economy della Luiss “Guido Carli”.
Come giudica la manovra presentata dal governo?
La mia impressione, da macroeconomista, è moderatamente positiva. La manovra è parzialmente espansiva. Con l’Italia in stagnazione da diversi anni e un Pil che a fine anno è previsto in calo dello 0,3%, tutto ciò che è espansivo è benvenuto.
Quali sono gli aspetti positivi?
Tutto ciò che incide sulla competitività delle imprese e del Paese. Per esempio, prendiamo in considerazione il credito di imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo. Per quanto la misura sia quantitativamente poco rilevante (0,3 miliardi di euro per il 2015, ndr), può avere un effetto positivo sulla produttività delle imprese e rafforzare il rapporto con l’università e gli enti di ricerca.
Una delle misure che mirano ad aumentare la competitività è l’eliminazione della componente lavoro dell’Irap. Può essere efficace?
Togliere dall’imponibile il costo del lavoro è un incentivo all’assunzione significativo, che unito agli sgravi contributivi sui neoassunti può rivelarsi ancora più utile. Questo alleggerimento consente alle imprese di fare un salto dimensionale: quelle di piccole dimensioni possono essere quindi spinte a diventare più grandi. E sappiamo che quanto più crescono le dimensioni di un’impresa tanto più aumenta l’efficienza.
E le imprese che non hanno dipendenti? Non finiscono con l’essere penalizzate?
Con un incentivo del genere – stiamo parlando di una cifra notevole: cinque miliardi – le aziende che non hanno dipendenti sono stimolare ad averne. C’è da dire però che queste destinate alle imprese sono misure misure che agiscono sull’offerta. In un momento di stagnazione, se non c’è un rilancio della domanda, si rivelano efficaci solo nel lungo periodo.
Lo sforzo più impegnativo, sul fronte uscite, è rappresentato dai 9,5 miliardi destinati a stabilizzare gli 80 euro di bonus mensile. Questo intervento porterà finalmente a maggiori consumi?
In economia le aspettative contano molto. Se i consumatori hanno la percezione di trovarsi di fronte a un aumento del reddito permanente, rivedranno già oggi i loro piani. Quindi ci potrebbe essere un effetto immediato sui consumi.
Anche questa manovra però aumenta alcune tasse, come quelle sulle rendite finanziarie…
Chiaramente, ogni aumento della tassazione riduce l’effetto espansivo: è anche per questo che ho parlato di manovra parzialmente espansiva. L’incremento delle tasse sulle rendite finanziarie porta gli investitori a richiedere rendimenti più elevati. Può avere un effetto disincentivante. In più, continuando nell’elencare quelli che sembrano punti di debolezza, aggiungo il capitolo spending review. Più che di una revisione della spesa improduttiva, sembra più che altro una serie di tagli e c’è il rischio che la tassazione passi dal livello centrale a quello periferico – Regioni ed enti locali – senza che ci sia un miglioramento dell’efficienza nella spesa pubblica.
In sintesi, sarà la manovra che farà uscire l’Italia dalla stagnazione?
Sull’immediato probabilmente no, ma a lungo termine può rivelarsi efficace. Molto è lasciato al futuro. È una manovra che segue l’impostazione europea: si punta sulle riforme strutturali, più che sul rilancio nel breve.