LA BUONA ECONOMIA

L’Internet delle cose? In quest’azienda diventa “artigianato”

Nata come centro di ricerca e sviluppo, Lab Id è decollata quando ha cominciato a progettare tag Rfid “su misura”. “Abbiamo avuto successo perché siamo riusciti ad ascoltare le esigenze dei clienti: tutto deve essere customizzato”. Proprio come in una sartoria, ma hi-tech

Pubblicato il 28 Feb 2014

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Giovanni Codegoni, sales director di Lab Id

A giudicare dalla mole di investimenti che i colossi IT concentrano sull’Internet delle cose, non verrebbe da pensare che nel business dell’interconnettività totale possa fare successo anche un approccio da piccoli artigiani. Eppure, l’esperienza di Lab Id, azienda di Castel Maggiore (Bologna) produttrice di dispositivi Rfid (Radio frequency identification) per l’identificazione contactless, è lì a dimostrare il contrario: la logica del sarto, “tutto su misura”, funziona anche con gli oggetti smart.

L’impresa nasce nel 2001, con capitale della famiglia Benetton, come centro di ricerca e sviluppo sulle etichette elettroniche (dotate di tag Rfid) per ottimizzare la logistica nell’ambito dell’abbigliamento. L’iniziativa si concentra più sul prodotto che sulle richieste del mercato, all’epoca ancora poco avvezzo a questi strumenti. Così, il progetto fatica a decollare e dopo pochi anni cambia direzione. Dal 2004 infatti la società passa in mano a due gruppi italiani attivi nell’automotive (Omr e Streparava) e si riconverte. “Anziché sviluppare progetti chiavi in mano standardizzati, ci siamo riposizionati come progettisti di soluzioni su misura”, racconta Giovanni Codegoni, sales director di Lab Id. Con questa formula, l’azienda riesce a ingranare e a diventare negli anni una della maggiori realtà nella progettazione e produzione di tag (o trasponder) Rfid, sia in Italia che all’estero.

“Con la nuova configurazione ci siamo trovati ad agire in un mercato man mano più maturo, dove nascevano di continuo innovazioni e nuovi software”, ricorda il manager. L’abilità nel proporsi nel momento giusto e con prodotti customizzati viene premiata. Tanto che negli ultimi quattro anni, in piena crisi, Lab Id ha incrementato i propri ricavi con un ritmo medio annuo di crescita che oscilla tra il 20 e il 30%. Fino ad arrivare ai 6,5 milioni di euro di fatturato del 2013. “Abbiamo avuto successo – spiega Codegoni – perché siamo riusciti ad ascoltare le varie esigenze dei clienti: ci chiedono tag che si differenziano per dimensioni, materiali, servizi applicati, capacità di resistere a certe temperature, tipologie di dati da veicolare, distanza nella leggibilità da parte dei reader. Tutto deve essere customizzato”.

Il mercato di riferimento è quello europeo, e in particolare quello italiano, dove l’impresa realizza il 60% del volume d’affari. Le aree di applicazione dei dispositivi vanno dalla logistica della moda a quella dell’automotive, dall’alimentare al controllo dei processi industriali. Si possono installare in oggetti come etichette e badge e sono utilizzati

Etichette Rfid

per identificare e tracciare prodotti e merci lungo tutta la filiera. E ancora, questi microchip a radiofrequenza aiutano nella gestione dei magazzini o a evitare la contraffazione. “Si sta sviluppando molto anche l’applicabilità nel trasporto pubblico: il biglietto elettronico, per esempio, consente di tracciare il traffico sui mezzi in tempo reale”, dice Codegoni.

In prospettiva, invece, “un segmento che crescerà è il mobile: con la tecnologia Nfc (Near field communication, per la comunicazione a corta distanza, ndr) si può utilizzare il cellulare come strumento di lettura di un trasponder Rfid e acquisire informazioni sui prodotti”. Ma per ottenere queste performance di crescita, essere bravi a ritagliare il prodotto in base ai bisogni della clientela non basta. Da una parte, Lab Id ha sfruttato il vantaggio di lavorare con linee di produzione ad elevata automazione che permettono di contenere i costi del lavoro.

“Siamo in tutto venti persone e non abbiamo avuto bisogno di delocalizzare: produrre in Italia o in Cina, in queste condizioni, costa più o meno lo stesso”, afferma Codegoni. Un altro punto di forza di Lab Id è stato il saper gestire la relazione con i partner. Tra produttori di chip, integratori di sistema, aziende che trasformano i semilavorati in prodotti finiti, la filiera di un progetto Rfid è lunga. E teoricamente in ogni anello della catena ci possono essere imprese in competizione tra loro. “La nostra bravura – osserva il sales director – è stata quella di mantenere una posizione neutrale e di non invadere mai la sfera di competenza degli altri”. Per il 2014 Lab Id punta a crescere con lo stesso ritmo degli ultimi anni e a consolidare la propria posizione a livello europeo, specialmente in mercati ricettivi come Inghilterra e Francia. Insomma, fare in modo che l’Internet delle cose parli sempre più italiano.

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