Made in Italy

I bimbi di Simonetta vanno in Oriente ma tengono all’Italia

L’azienda marchigiana, nata come una piccola sartoria, dopo un importate aumento di capitale, continua la crescita all’estero, dove realizza il 75% del fatturato. «Ma con il suo 25% il nostro Paese resta fondamentale», fa notare il direttore generale

Pubblicato il 19 Nov 2013

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è sinonimo di abbigliamento per bambini, una storia che dura da 50 anni visto che l’azienda è stata fondata a Jesi proprio nella prima metà degli anni 50 del secolo scorso da Maria Bianca Mazzarini Stronati sotto forma, all’inizio, di piccola sartoria per bambini. Il nome Simonetta dato a una della linea di abiti, prende origine da una delle figlie della signora Maria Bianca. La Simonetta spa, però, diventa una realtà industriale nel 1981 a Corridonia, grazie al coinvolgimento nell’attività di famiglia dei tre figli: Roberto, Simonetta e Valeria. Oggi l’azienda è leader a livello mondiale nella moda e negli accessori per bambini. Negli ultimi tempi, poi, Simonetta è stata oggetto di una serie di iniziative, tra cui l’aumento di capitale sociale che è passato da 900 mila euro a 2,9 mln. Lo scorso settembre l’azienda ha chiuso l’anno sociale con un fatturato world wide di 42,5 milioni di euro, in linea con quello dell’anno precedente. La crescita registrata negli ultimi quattro anni in particolare è da addurre al fatto che il mercato internazionale rappresenti il 75% delle vendite. Questo ha fatto sì che l’azienda non abbia subito scossoni derivanti dalla crisi economica.
Non solo: Simonetta, grazie anche alla propria expertise, oggi distribuisce brand di lusso come Roberto Cavalli Junior, Fay e Fendi Kids.
EconomyUp.it ha fatto una chiacchierata con il direttore generale Giuseppe Rossi.

Come mai questa imponente presenza all’estero rispetto all’Italia?
Simonetta è sempre stata orientata verso mercati internazionali. La grossa accellerata è avvenuta, però, negli ultimi 4 anni. E’ stata una sorta di

protezione che abbiamo attuato e che ci sta ripagando, visto anche l’andamento del mercato interno negli ultimi anni. Se la percentuale fosse stata invertita, oggi avremmo molte preoccupazioni.

Nello specifico, quali sono i Paesi dove siete maggiormente presenti?
Il Medio Oriente che, tra l’altro,ha accolto benissimo gli store dedicati a Roberto Cavalli, e l’est europeo. Sono Paesi in cui i driver di crescita sono molto alti. Ad esempio sulle collezione p/e 2014 abbiamo già registrato una crescita, rispetto allo scorso anno, del 10%.

Dal punto di vista del retail, come vi state muovendo?
Abbiamo progettato un monomarca Simonetta e uno shop in shop all’interno della Rinascente. Per quanto riguarda l’estero, invece, abbiamo 35 monomarca per tutti i nostri brand. Abbiamo in apertura, poi, due nuovi shop, uno a Shangai e uno a Riccione. La caratteristica di questi retail è che seguono un format unico che adattiamo in qualsiasi location o Paese.

Avete intenzione di acquisire nuove licenze?
Al momento abbiamo gestito quelle che avevamo perché quando acquisiamo una licenza dedichiamo molte energie e risorse al brand e questo fa sì che se si vuole seguire bene le cose, non si possa lavorare con tutti. Dal 2015, però, abbiamo già in programma di riaprirci a nuove licenze.

La vostra produzione è made in Italy?
Noi produciamo in Italia il 60% dei nostri prodotti. Non facciamo produrre in Cina. I nostri fornitori si trovano in distretti storici che conoscono bene l’abbigliamento bimbo di livello: Puglia e Veneto, in particolare.

Quel 25% di mercato italiano, che cosa rappresenta per voi?
E’ fondamentale, perché è la quota per paese più alta che abbiamo. Il 75% di cui parlavo prima, infatti, è da imputare a molti paesi.

(Viviana Musumeci)

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