Una piattaforma web per raccontare le eccellenze del Made in Italy, un percorso formativo per accompagnare le aziende, soprattutto le più piccole, nel mondo di Internet e 20 borse di studio per giovani “digitalizzatori” che accompagneranno queste stesse aziende verso l’economia digitale: è il progetto “Made in Italy: eccellenze in digitale”, lanciato oggi da Google ma già preannunciato lo scorso 9 ottobre quando venne in visita a Roma il presidente esecutivo della Internet company, Eric Schmidt.
“È un’iniziativa – ha detto a EconomyUp Carlo D’Asaro Biondo, presidente sud e est Europa, Medio Oriente e Africa di Google – pensata e realizzata appositamente per l’Italia, che ci auguriamo possa contribuire ad aumentare la capacità delle imprese italiane di fare export e promuovere ulteriormente la cultura del Made in Italy nel mondo”.
In cosa consiste in concreto la piattaforma google.it/madeinitaly, realizzata dal Google Cultural Institute?
Attraverso un centinaio di mostre digitali, fatte di racconti, immagini, video e documenti storici, gli utenti di ogni parte del mondo potranno scoprire le eccellenze del sistema agroalimentare e dell’artigianato italiano, la loro storia e il loro legame con il territorio. Dai prodotti più famosi, quali Parmigiano Reggiano o Grana Padano, Prosciutto di San Daniele o di Parma, o ancora il vetro di Murano, fino a eccellenze meno note quali per esempio la fisarmonica di Vercelli, il merletto di Ascoli Piceno o la carota novella di Ispica.
Ma le imprese pagano per far parte della piattaforma?
Innanzitutto vorrei tornare a precisare che, su questa piattaforma, non ci sono specifiche aziende pubblicizzate, ma solo prodotti. I consorzi sono i curatori delle “mostre”. I prodotti sono proposti dalle filiere, non dalle aziende individuali. Facciamo un esempio: sono un americano, visito la piattaforma, scopro la bontà di un certo prodotto, vengo a sapere dove posson trovarlo e a quel punto vado sul motore di ricerca o sui social network per cercare l’azienda che lo produce. Quindi creiamo un’occasione di commercio alle imprese del settore, che non pagano assolutamente nulla per questo servizio. Poi possono decidere, come tutte le imprese italiane, di usufruire degli strumenti di promozione messi a disposizione dai social network o eventualmente utilizzare il motore di ricerca per cercare clienti nel mondo. Se lo desiderano, possono utilizzare il nostro servizio Google Ads. Ma sono due cose indipendenti: la promozione attraverso google.it/madeinitaly è totalmente gratuita. È una piattaforma che racconta i prodotti e promuove il Paese.
A latere, però, ci sarà sicuramente anche un aumento di traffico per Google.
Sì, ma il traffico di per sé è un mezzo e non un fine. E soprattutto il traffico non è di Google, perché ci sono due siti previsti dal progetto “Made in Italy: eccellenze in digitale”. Uno è appunto google.it/madeinitaly, che è una piattaforma del Google Cultural Institute, e l’altro è un sito che si chiama eccellenzeindigitale.it, e non è di Google: è quello che contiene un percorso formativo e tutti gli strumenti a disposizione delle imprese. Quindi il traffico arriverà sui siti delle imprese che decideranno di adottare maggiormente gli strumenti del digitale per promuovere se stesse e i prodotti che producono. Non c’è nessun obiettivo di traffico sui siti di Google.
Perché per la piattaforma google.it/madeinitaly avete scelto di puntare essenzialmente su food e artigianato?
Perché sono le attività più ricercate sui motori di ricerca in Italia e nel mondo. L’Italia è identificata in particolare con l’agroalimentare. Volevamo contribuire all’immagine del Paese nel mondo fornendo un servizio utile e abbiamo scelto i settori più ricercati. Ce ne saranno altri e spero continueremo.
È una scelta fatta anche in vista dell’Expo 2015, dedicata appunto al settore agroalimentare?
Può essere un ulteriore momento di rafforzamento di queste iniziative. Il nostro scopo resta comunque di promuovere le eccellenze italiane: qualunque occasione ci permetta di farlo la accogliamo.
Come avete selezionato le aziende?
Sono state selezionate dal ministero dell’Agricoltura e attraverso i nostri partner: Fondazione Symbola, Università Ca’ Foscari.
Quanto è costata la piattaforma?
Non ne ho idea. So che al Google Cultural Institute lavorano una trentina di ingegneri e su questo progetto hanno lavorato in sei. I costi comunque sono frutto di un lavoro fatto nel tempo e non è facile calcolarli.