“La mia non è un’azienda ma una filosofia”. “Le mie borse sono talismani”. “I miei non sono solo prodotti ma suggestioni”. “I miei collaboratori sono artigianauti, un po’ artigiani un po’ argonauti impegnati nella grande avventura del recupero della nostra identità, di noi stessi”. Benedetta Bruzziches è una che con le parole ci sa fare, pur non essendo una narratrice ma un’artigiana-stilista ideatrice di un marchio di borse che porta il suo nome. Basta sentirla parlare per cinque minuti del suo modo di fare impresa per restare colpiti. Ma se questa 28enne di Caprarola, in provincia di Viterbo, riesce a essere efficace nei suoi discorsi (tra cui lo speech tenuto al TEDxIED dello scorso 11 febbraio a Milano) è per un semplice motivo: le sue storie sono vere e la sua azienda segue davvero un modello produttivo unico nel mondo della moda made in Italy.
La “filosofia” di cui parla è un innovativo sistema di produzione artigianale che permette a un intero paesino di lavorare grazie alla sua impresa. In azienda ci lavorano sette persone, tra cui anche i familiari della fondatrice e alcuni amici. Quasi tutti provengono da mestieri e da studi diversi: c’è chi aveva il mobilificio, chi ha studiato biotecnologie, chi si occupava della produzione di nocciole. Al di fuori della casa-bottega c’è invece tutto il “laboratorio diffuso” a cui Benedetta Bruzziches ha dato vita per realizzare le sue collezioni di borse. Dai primi giorni di vita dell’azienda, nel 2009, la stilista ha cominciato a coinvolgere gli artigiani del posto per farli partecipare al processo produttivo. Il magliaio, il tipografo, il tappezziere, pur non avendo competenze nell’ambito della pelletteria, riescono a dare un proprio contributo nella fabbricazione perché la giovane imprenditrice fa dei progetti in cui si possono applicare anche altri saperi manuali.
“Cerchiamo di capire quali sono le possibilità artigianali del territorio in cui ci troviamo e proviamo a riabilitarle
recuperando la cultura del fare”, spiega Benedetta a EconomyUp. “Riportiamo lavoro dove non c’è: tra le donne che lavorano nelle loro case, nei centri storici, nelle botteghe che hanno chiuso”. Con questo approccio, il brand sta già macinando successi anche in termini di vendite. Nel 2013, dopo poco più di tre anni dal lancio della prima collezione, i ricavi si sono già avvicinati al milione di euro. Le borse Benedetta Bruzziches sono commercializzate soprattutto all’estero, con picchi negli Emirati arabi, in Russia e nei Paesi del Sudest asiatico.
“La vendita ai clienti avviene in modo diretto”, dice la titolare. “Ci sono due persone che si occupano di questo. E poi sono io in persona a tenere le presentazioni dei prodotti nei negozi e nelle fiere. Ho bisogno di raccontare ai rivenditori-clienti quello che stiamo facendo. Il valore più grande dei nostri ‘non-prodotti’ è ciò che c’è dentro: l’identità artigianale del made in Italy e la nostra diversità”.
All’interno della filosofia, c’è anche, e soprattutto, la necessità di produrre esclusivamente in Italia. All’inizio infatti, prima che l’“officina allargata” prendesse forma, l’azienda produceva le sue borse in India, Paese in cui Benedetta lavorava contemporaneamente per conto di un’impresa di pelletteria del posto. “Dopo la scuola di moda Ied a Roma e una prima esperienza di lavoro a Milano, da Romeo Gigli, un imprenditore indiano mi ha proposto di disegnare borse per lui”, ricorda.
“Ho viaggiato tanto tra India, Cina e Brasile. Poi, a un certo punto ho deciso di inaugurare una mia collezione e dopo un primo periodo di produzione fuori Italia ho capito che per presentare un prodotto di qualità era necessario realizzarlo qui: in India sono bravi a fare intrecci e ricami ma la finitura dei pezzi non è paragonabile”. Inoltre, se non fosse tornata, il sogno di “provare a cambiare il mondo attraverso queste idee” non sarebbe stato possibile. “E poco importa se le competenze in circolazione diminuiscono ed è difficile trovare i fornitori: la mia missione è fare una piccola rivoluzione culturale che contribuisca a cambiare la sensibilità e a ricostruire attraverso la moda la nostra identità di artigiani. Io, con le mani, ho sempre realizzato tutto ciò che ho sognato e immaginato. Lo possono fare tutti”.