La buona economia

«Altro che iPad, facciamo affari con le matite colorate»

Fila, l’azienda che produce articoli per il disegno, sta per chiudere con oltre 230 milioni di fatturato (80% realizzato all’estero) il migliore anno della sua storia centenaria. L’ad Massimo Candela: «Anche tra 50 anni i nostri prodotti non saranno soppiantati dalla tecnologia: non puntare sul digitale è stata una scelta precisa»

Pubblicato il 03 Dic 2014

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Massimo Candela, amministratore delegato di Fila

Ogni anno nel mondo si producono 14 miliardi di matite, due in media per abitante del pianeta. Il 20% del mercato mondiale è in mano a un’azienda italiana, Fila, che si contende il primato con la Faber Castell. E sta per chiudere il miglior anno della sua storia quasi centenaria. La Fabbrica Italiana Lapis e Affini nasce infatti a Firenze nel 1920 e ora, 94 anni dopo, chiuderà il 2014 a oltre 230 milioni di ricavi (80% dei quali realizzati all’estero), senza contare altri 30 milioni di fatturato non ancora consolidato dell’indiana Wfpl-Writefine products, la società di cui Fila ha acquisito il 20% con un’opzione per raggiungere il 50% entro gennaio 2015.

I dati esposti fin qui basterebbero per dare l’idea di una storia di successo del made in Italy in giro per il mondo. Ciò che rende il tutto singolare è che stiamo parlando di un’impresa che fa affari d’oro con le matite colorate (ma anche con pastelli, pennarelli Giotto, Tratto Pen, Das, Adica Pongo e altri prodotti) in un’epoca in cui nel pianeta ci sono 1,3 miliardi di smartphone e più di 200 milioni di tablet. In altre parole, la rivincita dell’analogico sul digitale.

«Il nostro target è un consumatore di matite colorate che ha tra 2 e 8 anni», dice Massimo Candela, proprietario e amministratore delegato di Fila. «A quest’età l’uso dell’iPad è molto limitato. Per una crescita sana – lo dicono gli esperti – è necessario sperimentare la manualità: colorare, scrivere, giocare con oggetti come la plastilina».

Candela dorme sonni tranquilli: alcune attività non sono permeate dal digitale, non c’è rischio che una società asiatica o americana inventi una tecnologia che soppianti i colori, la pittura, il modellaggio. «Anche da qui a 50 anni e più, il consumo dei nostri prodotti non rischia di essere messo in discussione da nuove tecnologie. Non me lo immagino un pittore che sostituisca pennelli e colori con l’iPad».

Una delle aree di investimento della società, che negli ultimi anni ha rilevato numerose aziende in varie parti del mondo (tra cui la tedesca Lyra, la francese Omyacolor, la Lycin in Brasile…), è appunto l’art & craft, ovvero i materiali per la creatività artigianale, difficilmente sostituibili con software e device elettronici. A un certo punto, quest’anno, Fila è stata a un passo dall’acquisto della britannica Daler-Rowney, una delle società

Lo stabilimento Fila a Firenze

più prestigiose in questo ramo.

Di certo, nel 1920, i fondatori di Fila non potevano sapere che sulle matite non ci sarebbe mai stato il rischio della concorrenza di Google, Apple o Samsung. Ma non è stata solo fortuna se adesso la famiglia Candela si ritrova una società in salute e in continua crescita (quest’anno sarà del 10% rispetto al 2013).

«Intorno al 1996, il fatturato della società era composto per metà dagli strumenti per la scrittura e per metà dai colori», spiega il numero uno. «In quell’anno, scelsi di disinivestire dalla scrittura perché temevo lo sviluppo di alternative digitali e decisi di investire completamente sul colore, aumentando vendite, redditività e sostenibilità. A oggi è un vantaggio competitivo, perché solo noi facciamo del colore il nostro core business: più del 90% dei ricavi. Per i competitor, invece, è un’area marginale».

E non che tra i concorrenti manchino i nomi autorevoli, visto che le società che sfidano Fila sui medesimi terreni d’azione si chiamano Faber Castell, Staedtler, Bic, Papermate. Certo, tutte sono più orientate sulla scrittura che sul colore. Ma si tratta comunque di colossi.

Qualcuno potrebbe pensare che in questo settore non si possano far valere lo stile e il lusso che contraddistinguono il miglior made in Italy. Invece no. Nel 2014, tra le acquisizioni-joint venture di Fila c’è stata infatti Maimeri, un marchio di colori e di articoli per le belle arti radicato in Italia e considerato di fascia alta.

Anche riguardo alla produzione, l’italianità si fa sentire, visto che in Italia (400 dipendenti, un decimo degli oltre 4000 lavoratori sparsi tra le 20 filiali tra Nord America, Sud America, Europa, Africa e Asia e i 9 stabilimenti di produzione tra Italia, appunto, Francia, Germania, Messico, Cina, India e Brasile) si produce circa il 50% degli articoli Fila (20% in termini di valore). «Nel nostro Paese sono concentrate le lavorazioni “capital intensive”, dove si può automatizzare molto. Da noi si trovano figure di elevata professionalità capaci di gestire i processi produttivi più complessi».

Così come riesce difficile credere che un business così tradizionale possa essere così rigoglioso ai tempi di internet, allo stesso tempo non deve stupire che anche nelle matite colorate si faccia innovazione. «Nel nostro settore, la ricerca e sviluppo – afferma Candela – si concentra sull’innocuità del prodotto, sulla lavabilità, sulle performance e sulla qualità media. Per raggiungere questi obiettivi, lavorano con noi specialisti di vario tipo, tra cui chimici e tecnici di processo».

Sì, ma in futuro si può pensare a una matita per scrivere sull’iPad? «Diversi concorrenti si sono già mossi in direzioni del genere. Io invece non lo faccio perché credo fortemente che ogni azienda debba possedere e conoscere bene la propria tecnologia per trasformarla in vantaggio competitivo. Noi abbiamo la tecnologia del colore, del modellaggio: non abbiamo la tecnologia per fare delle penne digitali. Tra l’altro, visto che di digitale si parla, sarebbe una tecnologia che potrebbe essere sottratta in qualsiasi momento».

Pur non pensando ai tablet, la Fila si pone adesso obiettivi comunque complessi, tra cui ampliare il target: «Cerchiamo di andare anche al di sopra degli otto anni, fino alle scuole medie e più in su, toccando hobbisti e professionisti. E, in genere, se dovessi avere un euro da investire lo farei in Paesi come India, Cina e in quelli dell’Africa: aree in cui la scolarizzazione è in crescita».

Secondo Candela, il trend da seguire è quello della concentrazione: aggregare aziende che lavorano nello stesso segmento in Paesi diversi per fare economie di scala e crescere in modo sostenibile. E per avere le risorse giuste per essere protagonisti di questo fenomeno, Fila sta anche pensando alla Borsa. «Il fenomeno della concentrazione sta accelerando. Se non si è ben strutturati dal punto di vista finanziario, non si riesce a stare dietro. Stiamo pensando a una finestra di quotazione nel 2015 che doti l’azienda di capitali per realizzare nuove operazioni. Ci sono grosse opportunità in giro: bisogna coglierle».

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