Questa è la storia di un giovane imprenditore italiano, figlio di una famiglia che ha creato ricchezza e lavoro per decenni, prima di essere sopraffatta dalla crisi. Lui è Alessandro Tacchini, figlio di Sergio, il tennista italiano che negli anni ’60 aveva creato Sandys, che poi si era evoluta nella storica T, capace di sponsorizzare atleti come John McEnroe, Gabriela Sabatini, Pete Sampras, Martina Hingis. In ogni armadio italiano c’erano almeno una polo o una t-shirt col logo Tacchini. Vederlo indossato oggi fa un effetto nostalgia ed è sempre più raro. Qui vi raccontiamo perché.
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Sergio Tacchini dal 2007 appartiene a una holding cinese, la Hembly di Hong Kong, guidata da Billy Ngok. Costo dell’operazione: 42 milioni di euro. I Tacchini furono tra i primi imprenditori italiani a vendere la propria azienda in Estremo Oriente: “Volevamo rilanciarla, farle conquistare nuovi mercati, invece da allora il marchio è ha perso visibilità, è sparito dal nostro mercato e non ne ha conquistati di nuovi, e quando un marchio sparisce, muore, è anche difficile da rilanciare”, racconta Alessandro.
La famiglia Tacchini avrebbe un piano per ricomprarsi l’azienda di famiglia e farla ripartire: “La produzione non potrebbe essere comunque in Italia, se non in minima parte, ma quello che vogliamo è ridare forza a un marchio importante”. Quindi niente rilancio del distretto tessile di Novara, dove nasceva questa storia. Ma nel Novarese ci sarebbe il coordinamento aziendale, e il piano prevede l’apertura di trenta nuovi negozi, quindi ci sarebbero comunque posti di lavoro nuovi, se la trattativa andasse in porto.
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Tutto bello, quasi edificante, con un pezzo di imprenditoria che in un momento di crisi riesce a recuperare terreno e a riprendersi quanto aveva dovuto cedere? Non esattamente, perché le trattative con Hembly per comprare quella che oggi si chiama Sergio Tacchini International sono state finora estenuanti, tre anni di silenzi e rilanci, e al momento si sono arenate: “I rapporti con la società cinese sono buoni, sul punto di vista personale, ma l’accordo non si trova, il tempo passa e noi stiamo perdendo la pazienza”. L’ultima offerta era di 5 milioni di euro, più altre risorse da investire nel rilancio. Cifra nettamente inferiore al prezzo di vendita, ma più alta del valore attuale del brand, stimato in 2,3 milioni di euro.
E intanto cosa si fa, quando una trattativa trans-continentale si arena? Alessandro Tacchini (che abbiamo sentito anche durante una puntata del nostro magazine tv) non sta fermo, anzi studia l’ambiente dell’innovazione ed è pronto a intervenire con un suo progetto, non legato direttamente al brand di famiglia ma nato dalla consapevolezza che il made in Italy ha bisogno di rilanciarsi. L’idea è quella di un portale web in grado di aggregare il meglio della produzione italiana in fatto di abbigliamento, scarpe, accessori: “Tanti artigiani e produttori hanno enorme valore aggiunto, stiamo parlando di livelli di qualità imbattibili, ma non riescono a proporsi sul web, non sanno come accedere, vendersi, raccontarsi”.
L’idea di Tacchini quindi non è solo un portale dedicato all’e-commerce, alla vendita di prodotti in tutto il mondo. Su questa base, Tacchini vuole costruire racconto delle nostre eccellenze, lo storytelling di cui si parla tanto: “Ci saranno le storie e le voci di chi il made in Italy lo realizza quotidianamente”. Per ora i dettagli sono ancora incerti. Non sappiamo il nome, né chi sarebbero gli investitori. La priorità del suo lancio è legata alla trattativa con Hembly: se il filo si dovesse spezzare, il progetto e-commerce avrebbe una netta accelerazione. Nella mente del suo creatore, in ogni caso il portale dovrebbe essere online entro la fine della primavera 2015.