di Massimo De Andreis *
Massimo De Andreis, Presidente di GEI – Associazione Italiana Economisti d’Impresa
L’evoluzione dell’industria farmaceutica, l’adozione di nuovi processi produttivi nell’ambito medico e le “nuove medicine” biotech mettono a disposizione strumenti innovativi e soluzioni per la prevenzione, lo screening e la cura delle malattie molto efficaci, ma che richiedono investimenti ingenti nella fase di ricerca e sviluppo, con il conseguente aumento dei costi delle prestazioni sanitarie: costi che finiscono per modificare il rapporto tra i cittadini, la salute e l’accesso alle cure.
Il tema del recente Festival dell’Economia 2017 di Trento, “La Salute Diseguale”, ha permesso – durante i primi quattro giorni di giugno densi di eventi, forum, interviste e discussioni con economisti, operatori e politici – di riflettere sul profondo legame tra la salute, i fattori ambientali e socio-economici, la copertura e la qualità dei servizi sanitari e l’industria farmaceutica. Da un lato, si è discusso delle profonde differenze che ancora si registrano nelle condizioni di salute degli individui, spesso anche all’interno di una medesima nazione, e dall’altro, si sono analizzate le condizioni di salute disomogenee che influenzano, molto spesso, l’esistenza dei cittadini in relazione alle condizioni del contesto socio- economico in cui vivono. Il progresso scientifico e tecnologico rende il quadro peraltro ancora più articolato.
In un siffatto ambito di analisi e di approfondimenti, il GEI (Associazione Italiana Economisti di Impresa) ha voluto rinnovare la partecipazione a queste importanti giornate di approfondimento affrontando in uno specifico convegno il punto di vista delle aziende del settore, con un’analisi di economia industriale che ha posto l’accento sulle tematiche relative alle innovazioni prodotte dalla filiera dell’industria farmaceutica e biotech nel contesto nazionale e internazionale.
► I VALORI DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL FARMACO
L’industria farmaceutica in Italia e più in generale il settore delle tecnologie per la scienza della vita si caratterizzano infatti per un ampio numero di imprese e una solida base produttiva, risorse umane molto qualificate, moderne relazioni industriali, un indotto di eccellenza ed un’intensa attività innovativa. Nel corso degli ultimi anni, l’industria italiana del farmaco ha saputo riconquistare importanti spazi di mercato, a livello internazionale, e si conferma in posizione di eccellenza nella produzione farmaceutica europea, seconda solo alla Germania. Si consolida così la nostra specializzazione nella produzione di farmaci: l’Italia rappresenta infatti il 19% del mercato dei Big Ue, il 26% della produzione e il 40% dell’incremento del saldo estero dei farmaci nell’ultimo quinquennio.
Inoltre, si tratta di una filiera che si dispiega su tutta la dimensione nazionale, anche nel Mezzogiorno. Nonostante infatti sia una filiera fortemente concentrata sotto il profilo dimensionale e territoriale nel Centro Nord, nell’ultimo ventennio il Mezzogiorno ha accresciuto la sua capacità produttiva nel farmaceutico, sia per numero e standing professionale degli occupati, che per quantità e qualità delle preparazioni, coprendo il 6% degli addetti diretti ed il 15% degli indiretti di tutta la filiera nazionale.
A livello nazionale, comunque, il punto centrale è che le imprese del farmaco hanno – anche negli anni della crisi – continuato ad investire a ritmi superiori rispetto alle aziende operanti sia in Germania sia in Francia. Emerge così dal confronto europeo un’elevata produttività del lavoro (non sempre caratteristica tipica della realtà italiana) con un vantaggio sui concorrenti che è andato rafforzandosi negli ultimi anni. Particolarmente significativo, per l’Italia, è il settore CDMO (Contract Development Manufacturing Organization) cioè la quota di produzione farmaceutica gestita “in conto terzi”, che però è espressione di un livello tecnologico e produttivo molto sofisticato, in cui il nostro Paese risulta leader in Europa con una crescita che non ha conosciuto battute d’arresto dal 2005, e che ha rappresenta ad oggi il 23% della produzione europea, quota sensibilmente superiore al 13% del totale manifatturiero.
► INNOVAZIONE DELLE CURE E COSTI SANITARI
Il progressivo invecchiamento della popolazione e la crescente attenzione alla qualità della vita rendono le tecnologie e i prodotti farmaceutici e medicali sempre più cruciali per favorire nuove metodologie di cura e innalzare il benessere dei cittadini. Infatti, nel generale contesto di riduzione delle risorse finanziarie pubbliche questi prodotti possono, se ben utilizzati, anche dare un contributo al miglioramento dell’efficienza dei sistemi sanitari. Il legame tra innovazione nelle cure e costi sanitari è comunque complesso, in quanto la domanda non è rivolta al singolo bene o servizio ma è una domanda di salute complessiva da parte dei pazienti. La domanda finale (del paziente) è poi in ogni caso mediata dalle decisioni dei medici, che a loro volta fronteggiano il desiderio di risposta dei malati, le conseguenze legali di mancati approfondimenti e subiscono pressioni differenti da parte delle amministrazioni.
In questo contesto di riferimento, è stato sottolineat a Trento come l’industria della salute abbia un alto potenziale nel medio-lungo termine, tenuto conto della crescente domanda di sanità della popolazione mondiale e come il settore possa inoltre tenere alta la competitività dell’Italia, offrendo un contributo all’innalzamento del contenuto tecnologico dell’export. Non mancano, infatti, nel nostro Paese eccellenze su cui far leva: grandi imprese, multinazionali (a capitale italiano ed estero), un fitto tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e in grado di garantire flessibilità operativa ed elevata capacità innovativa, un numero crescente di start-up innovative che concretizzano il patrimonio di conoscenze delle nostre università e ospedali.
Esiste infatti un legame profondo che la filiera farmaceutica ha con il territorio in cui essa produce e cresce. Nel territorio infatti si costruisce la forza della filiera, attraverso i processi formativi e l’offerta di skill professionali adeguati che possono favorire la reale competitività del comparto, da cui discendono anche i grandi investimenti che sono necessari per garantire la produzione dei “nuovi farmaci”.
► LA NUOVA PROSPETTIVA BIOTECNOLOGICA
I nuovi farmaci biotecnologici sono molto più complessi rispetto a quelli tradizionali, di sintesi chimica. Spesso derivano da molecole prodotte dal corpo umano (o altri organismi viventi) come enzimi, insulina, anticorpi. Data la loro struttura e a causa dell’impiego di organismi viventi, o loro derivati, a diversi livelli del processo produttivo, sono prodotti per i quali il grado di monitoraggio ed il controllo di qualità richiesto è elevatissimo. I farmaci biotecnologici rappresentano quindi un importante cambiamento di prospettiva nell’approccio alla cura delle malattie: non più modelli terapeutici rivolti a tutti i pazienti affetti dalla stessa patologia (“one size fits all”), ma sempre più l’affermarsi del nuovo paradigma della medicina personalizzata. Il settore biotech italiano è leader anche nello sviluppo di queste terapie avanzate e dei cosiddetti farmaci orfani (cioè relativo alle malattie rare) ma tutto ciò necessita l’impegno a ingenti investimenti (miliardari di euro), ad affrontare tassi di insuccesso molto elevati e ad attendere molti anni prima della reale commercializzazione del nuovo farmaco.
Ecco che alla luce dei grandi progressi della ricerca farmaceutica, la sfida principale nei prossimi anni sarà l’accesso all’innovazione. La convergenza tra le tecnologie dell’informazione e l’healthcare sta cambiando il mondo del farmaco. L’interazione tra le competenze diagnostiche e quelle farmaceutiche sta preparando ormai il terreno ai trattamenti personalizzati. Il futuro si avvicina, occorre uno sforzo di investimenti, ricerca e sinergie tra pubblico e privato per tenere il sistema sanitario e l’industria farmaceutica del nostro Paese nella linea avanzata. Ma è una sfida possibile.
* Massimo De Andreis è il Presidente di GEI – Associazione Italiana Economisti d’Impresa