La storia

«Ho investito su un prodotto e non ho avuto difficoltà a trovare gli investitori»

Sebastiano Zannoli racconta come ha fatto Angiodroid a raccogliere 2,4 milioni di euro in meno di due anni. «Non avevo un’idea ma un dispositivo pronto nel settore delle tecnologie medicali, in cui il valore aggiunto è enorme, perché sono oggetti che possono salvare vite umane»

Pubblicato il 28 Set 2015

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Sebastiano Zannoli, founder di Angiodroid

“Io non credo nell’inventore che propone l’idea del secolo a un investitore. Io credo nell’imprenditore che investe in un’idea profittevole e, a un certo punto, decide di coinvolgere un finanziatore”. Ci sono startupper e startupper: quelli un po’ sognatori e che ci provano, e quelli con le idee chiare che riescono a fondare aziende da milioni di euro. Sebastiano Zannoli, appartiene alla seconda categoria. E lo sa. Quando gli si fa notare che Angiodroid, startup che ha fondato nel 2013 e che, con 2,4 milioni di euro di investimenti ricevuti in un anno e mezzo e un fatturato di 400mila euro nel primo anno di attività, gli piace definire “una delle più ricche neoimprese dell’ecosistema”.

Può apparire presuntuoso ma Sebastiano Zannoli le carte in tavola per vantarsi del suo operato le ha tutte. Quarantadue anni, una laurea in ingegneria gestionale, nel 1997 inizia a lavorare nel settore della consulenza per alcune società di moda, passando in seguito al settore acquisizioni. “In sostanza consigliavo le società che volevano acquistare altre società” spiega. “Nel 2002 rileva le quote di maggioranza di SparkBio, incubatore specializzato in aziende medicali, di cui il fratello Samuele aveva le quote di minoranza. “Consigliavo ogni giorno gli altri su quale società comprare, a un certo punto ho deciso di farlo anch’io”, racconta.

Ma a Zannoli non basta dare pareri e formulare strategie sulle società da vendere e acquistare. Dopo aver rilevato SparkBio, Zannoli inizia a conoscere quello che sarà il settore di riferimento della sua startup: le tecnologie medicali. “Quello dei medical device è un mondo particolare: ai prodotti viene attribuito un grande valore aggiunto, dovuto al fatto che non parliamo di semplici oggetti ma di strumenti che possono salvare vite umane. Faccio un esempio: se la produzione industriale di un dispositivo salvavite costa 50 euro, alla struttura ospedaliera lo stesso dispositivo viene venduto a 15mila euro. Proprio perché il suo valore aggiunto è nella sua funzione”, spiega l’imprenditore.

Attratto da questo mondo, nel 2009 Zannoli decide di iniziare a produrre qualcosa di suo. “L’attenzione si è rivolta subito al settore angiografico in quanto è stato individuato un

La tecnologia Angiodroid

bisogno preciso in questo campo: l’aspettativa di vita delle persone cresce, cresce la popolazione anziana, aumentano le patologie vascolari e aumenta la richiesta di strumenti diagnostici e di cura sofisticati, precisi, sicuri, il più possibile automatizzati spiega. Inizia a realizzare, così, un iniettore automatico di anidride carbonica (CO2) come mezzo di contrasto in angiografia: l’iniettore è in grado di garantire la totale non contaminazione del gas CO2 con l’aria ambientale grazie a un sofisticato circuito interno mantenuto costantemente a pressione positiva. “L’utilizzo dell’anidride carbonica come mezzo di contrasto in angiografia, in particolare per pazienti nefropatici e con insufficienza renale, è una pratica comune già dagli anni ’70 – spiega – ma prima dell’iniettore da me ideato tale procedura poteva essere svolta solo attraverso l’uso di comuni siringhe ad azionamento manuale, che rendono però la metodica non ripetibile e spesso dolorosa per il paziente, a causa dell’impossibilità di regolare con precisione la pressione di iniezione. La tecnologia Angiodroid, brevettata in Italia e all’estero, supera tutti i limiti della pratica manuale consentendo ai medici interventisti di lavorare in totale sicurezza e comfort per il paziente”.

Nel 2013 il prodotto funziona e può essere lanciato sul mercato. Per la sua realizzazione, Zannoli ha messo tutti suoi risparmi, quelli guadagnati con l’attività di consulenza e quelli ricavati con SparkBio: l’imprenditore non rivela cifre, ma si capisce che l’importo è notevole, visto il prodotto realizzato. “Non chiedetemi quanti, sono tanti, tantissimi soldi. Guadagnati mangiando pane e acqua tutti i giorni e mettendo via fino all’ultimo centesimo” dice.

Nello stesso anno fonda Angiodroid, startup con sede a San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. Una scelta non casuale visto che la zona è un terreno fertile per l’industria dei medical device, soprattutto dei dispositivi monouso. Una startup particolare fin dalla nascita, se si pensa che la maggior parte delle startup vengono fondate quando c’è solo un’idea o un progetto e sono tutte a caccia di soldi, mentre Angiodroid nasce con un prodotto già pronto per il mercato. “Non tutti possono fare startup. E non tutte le startup funzionano – taglia corto Zannoli -. Perché una startup possa crescere e diventare impresa serve innanzitutto un imprenditore, cioè una persona capace di gestire il rischio e le situazioni complesse; poi serve un progetto imprenditoriale, non una semplice idea, che comprenda un prodotto che possa offrire un servizio, soddisfare un bisogno e un mercato pronto a ricevere il prodotto. Infine servono un team capace di fare sistema unendo competenze diverse e una buona dose di fortuna. A tutto questo si uniscono, poi, gli investimenti”.

E questo è il secondo capitolo nella storia di Angiodroid. “Mi è bastato mandare una sola mail a Zernike MetaVentures e ho ricevuto 900mila euro”. Nell’ottobre 2013, infatti, a neanche un anno dalla fondazione della startup, l’associazione Italian Angels for Growth, il principale gruppo italiano di investitori business angel, ha deciso di puntare in alto, investendo insieme a Zern

ike MetaVentures (per il Fondo Ingenium Emilia Romagna) la cifra di 900 mila euro su Angiodroid. Un miracolo? “Macchè miracolo!?! Vede, la differenza tra me e gli altri startupper è questa: io ho chiesto un finanziamento per un prodotto già pronto e funzionante; gli altri aspiranti imprenditori mandano dozzine di mail per farsi finanziare un’idea, risponderanno sì e no in sette, seguiranno 2-3 incontri e forse uno sarà disposto a mettere mano al portafogli. Forse”.

Nell’estate del 2015 si chiude il secondo round di investimento, passo che testimonia l’attenzione crescente degli investitori verso le startup che si occupano di tecnologie medicali per ridurre i costi della sanità. Innogest e ZernikeMeta Ventures – tramite il fondo Ingenium Emilia- Romagna – insieme ai soci di Italian Angels for Growth (IAG), investono 1,5 milioni di Euro in Angiodroid. A questo investimento partecipa anche Andrea Venturelli, fondatore di Invatec, società ceduta a Medtronic nel 2010 in una delle exit di maggior successo del medtech italiano, e Venture Partner di Innogest. In meno di due anni, la startup di Zannoli ha ottenuto 2,4 milioni di euro a fronte del 49% della società.

Oggi il team della startup è composto da 14 persone tra consulenti e dipendenti, l’azienda vanta vendite significative in Europa, nel Medio Oriente e in Asia e attende la certificazione della Food and Drug Administration (FDA), l’ente USA di regolamentazione dei farmaci, attraverso l’attivazione della società controllata Angiodroid America Inc. con sede a Cambridge. I mercati di riferimento toccano diversi Paesi: oltre all’Italia anche Canada, Brasile, Cina e Africa.

E il sogno per Sebastiano Zannoli continua. “Voglio quotare Angiodroid in Borsa. Ho già sentito diversi consulenti: mi hanno detto che sarebbe opportuno portare il fatturato a 5 milioni di euro. Conto di riuscirci tra il 2018 e il 2020”. Visto il soggetto, consideratelo già fatto.

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