Alunni inchiodati agli schermi dei propri pc, che imparano la lezione quotidiana attraverso test e giochi online, insegnanti che da “oratori” si trasformano in “allenatori” e “coordinatori”, controlli costanti del livello d’apprendimento individuale attraverso lo scanning dei risultati del lavoro svolto sul web: è la e-ducation, la formazione riveduta e corretta in versione tecnologica che sta cominciando a prendere piede negli Usa e promette di espandersi anche altrove.
Non si tratta solo di dotare gli istituti scolastici di pc o tablet: in realtà è una vera e propria rivoluzione copernicana che rimette in discussione il tradizionale ruolo del docente e, di conseguenza, anche quello degli allievi.
In una scuola di Chicago, spiega un’inchiesta di “The Economist”, una quarantina di bambini tra i 5 e i 6 anni, ciascuno dotato di un pc, sta usando il software “Reading Eggs”: a ognuno è chiesto di portare a termine un compito in base al livello di apprendimento (leggere un racconto, costruire frasi con parole fornite dal sistema ecc. ecc.) e, ad ogni step completato, è possibile visualizzare su una sorta di mappa i progressi raggiunti. Di tanto in tanto un alunno viene preso da parte da un insegnante per verifiche “dal vivo” sulle competenze raggiunte: di fatto il docente assume un ruolo di monitoraggio e di intermediazione tra il bambino e le nuove tecnologie.
A San José, California, in una catena di sette scuole pubbliche chiamata Rocketship, l’insegnamento di tipo tradizionale è affiancato da almeno un’ora al giorno di istruzione online “personalizzata” in matematica e italiano. Gli allievi, le cui famiglie hanno redditi più bassi di quelli delle scuole private, vantano voti migliori dei loro coetanei delle zone più ricche dell’area.
A Mooresville, nel North Carolina, il responsabile dell’istituto scolastico ha introdotto dal 2009 l’istruzione personalizzata sui laptop per tutti gli allievi dai 10 anni in su: nei primi tre anni dell’esperimento il rendimento dei ragazzi in matematica, scienze e lettura è cresciuto dal 73% all’88%.
In pratica si sta cominciando a passare da un approccio verticale a uno orizzontale, modellato sulle esigenze dei singoli, con la possibilità di insegnare a velocità differenti a seconda del diverso grado di apprendimento e con, in prospettiva, un ribaltamento degli spazi e dei tempi dell’insegnamento: in futuro, infatti, lo studente potrebbe imparare la lezione giornaliera a casa, davanti al proprio pc, e confluire nell’aula scolastica per la revisione collettiva del lavoro svolto. Tutto questo è reso possibile dall’evoluzione tecnologica che ha portato allo sviluppo di reti mobili ad alta velocità, tablet a costi meno onerosi di un tempo, software per l’insegnamento sempre più sofisticati e capacità di processare una grande quantità di dati in modo rapido ed economico. Proprio grazie ai big data, dicono gli esperti, sarà possibile prevedere, attraverso uno scanning dei risultati dei test online, quando un alunno è a rischio bocciatura in una determinata materia e ricorrere, in via preventiva, all’aiuto dell’insegnante.
I segnali che il momento dell’e-ducation sembra essere finalmente arrivato sono tanti e arrivano in primis dai big dell’hi-tech. Bill Gates, fondatore di Microsoft, ha dichiarato di recente che questo è un “momento speciale” per la formazione. Rupert Murdoch, il tycoon di origine australiana, sta scommettendo sempre più su Amplify, la divisione di News Corp dedicata proprio alla “digital education”. Diretta da Joel Klein, ex supervisore di vari istituti scolastici a New York, nei suoi uffici in un vecchio magazzino della metropoli statunitense ci sono aule dove studenti e insegnanti utilizzano insieme le tecnologie più innovative ma anche spazi dove ex docenti collaborano con ingegneri informatici, grafici, psicologi e designer di giochi per sviluppare nuovi contenuti formativi. Amplify sostiene di avere un prodotto, disponibile su tablet, che fornisce un programma scolastico completo per gli alunni delle scuole. Quest’anno la società ha registrato perdite per 180 milioni di dollari, ma Murdoch continua a crederci, stimando che presto il mercato della formazione digitale arriverà a valere intorno ai 44 miliardi di dollari soltanto negli Stati Uniti.
Altro esempio significativo è la Khan Academy, organizzazione senza scopo di lucro creata nel 2006 da Salman Khan, ingegnere statunitense originario del Bangladesh che in precedenza lavorava per un hedge fund. Con l’obiettivo dichiarato di “fornire istruzione di alta qualità a chiunque, dovunque” dalla sua nascita, nel 2006, la Khan Academy carica su Youtube video-lezioni (inizialmente di matematica, poi di molte altre materie) della durata di circa 10 minuti. A settembre 2010 Google ha annunciato una donazione di 2 milioni di dollari per favorire l’apertura di nuovi corsi e consentire la traduzione delle lezioni nelle principali lingue del mondo. Oggi che è arrivata a 6 milioni di utenti registrati, ha suscitato gli appetiti di Carlos Slim, il re dei media messicano considerato l’uomo più ricco del mondo, che, secondo alcune fonti, sarebbe pronto ad acquistare una versione del progetto costruito “su misura” per gli alunni del suo Messico.
Ulteriore conferma del fenomeno è Coursera, uno dei pionieri dei corsi online aperti a tutti che vanta ad oggi, a poco più di un anno dal lancio, oltre 3,9 milioni di studenti nel mondo. Fondata dai professori di Scienze Informatiche Andrew Ng e Daphne Koller della Stanford University, collabora con 83 istituzioni per rendere disponibile sul web alcuni dei loro corsi. L’Università La Sapienza di Roma è stata la prima italiana ad essere entrata in Coursera.