Il percorso delle aziende verso l’Industria 4.0, la quarta rivoluzione industriale che porterà le fabbriche ad essere totalmente automatizzate e interconnesse avrà anche un impatto su alcuni settori occupazionali. Probabilmente molti posti di lavoro andranno persi, altri si trasformeranno. Il governo italiano ne è consapevole e ha cominciato ad attrezzarsi. “Stiamo lavorando a un credito di imposta che aiuti quelle imprese che decidono di investire in formazione, competenze e sapere, naturalmente in accordo con le organizzazioni sindacali” conferma il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in un intervento video proiettato all’EY Capri Digital Summit 2017 (4-6 ottobre). “Gli effetti dell’innovazione – sottolinea Poletti – non sono automatici, ma sono figli delle decisioni che prenderemo. Sono effetti che possono essere governati e che potranno impattare positivamente sulla comunità se sapremo lavorare sul versante delle conoscenze”.
Giuliano Poletti
Già a inizio settembre Giuliano Poletti, in occasione di un incontro con i sindacati, aveva confermato l’ipotesi che nella legge di bilancio possa essere inserita un’agevolazione ad hoc per le aziende che spingono su formazione e lavoro 4.0. Il governo mira anche a mantenere il dimezzamento dei contributi per i primi tre anni di contratto stabile per i giovani . La misura, secondo le prime stime del governo, dovrebbe avere un costo iniziale inferiore a 1 miliardo, per poi salire a circa due miliardi a regime.
Del futuro credito di imposta ha parlato anche il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda presentando il 21 settembre scorso i risultati del piano Industria 4.0 e annunciando la sua estensione a Impresa 4.0 proprio insieme a Poletti, oltre che ai ministri Pier Carlo Padoan (Economia) e Valeria Fedeli (Istruzione).
Che cos’è l’Industria 4.0 e perché è importante saperla affrontare
Ora il responsabile del dicastero del Lavoro ribadisce l’intenzione di introdurre nel 2018 il cosiddetto credito di imposta su formazione 4.0 per le imprese che effettueranno una spesa incrementale in formazione. Ma soprattutto approfondisce le ragioni di questa scelta e illustra, più in generale, quali sono le politiche del suo governo per incentivare l’occupazione in un contesto in cui la digital transformation sta ridisegnando gli scenari economici.
“Sappiamo che il percorso verso l’Industria 4.0 – dice Poletti – ha in sé alcune contraddizioni: si discute molto se comporterà la sparizione di posti di lavoro o se comunque contribuirà a crearne altri. Non dobbiamo dividerci tra ottimisti e pessimisti, ma avere la forza di gestire la transizione. Per farlo bisogna lavorare sul versante delle competenze: occuparsi di percorsi di istruzione e formazione, provvedendo quindi anche a modificare i profili formativi, e occuparsi di coloro che già lavorano ma potrebbero trovarsi in condizione di difficoltà”.
È ormai chiaro a tutti che, per l’Industria 4.0, serviranno competenze nuove e specifiche. Un argomento che è stato trattato all’interno di uno dei panel dell’ EY Capri Digital Summit dal titolo “Fabbrica Intelligente: oltre l’efficienza delle operations”, a cui hanno partecipato Alberto Baban, Presidente, Piccola Industria di Confindustria, Alberto Bombassei, Presidente e fondatore, Brembo, Gerhard Dambach, CEO, Robert Bosch; Claudio Marani, Direttore Generale, SACMI e Paolo Scudieri, Presidente, Adler Pelzer Group. Lo In particolare Gerhard Dambach ha spiegato che, per l’Industria 4.0, non sono sufficienti le competenze tecniche: lo smart manufacturing richiede una nuovo modello di formazione ma anche un forte coinvolgimento della leadership aziendale.
Il ministro Giuliano Poletti è consapevole dell’importanza delle aziende nell’individuazione e attivazione di nuove competenze digitali. “Dobbiamo creare un sistema – afferma – per cui le imprese italiane siano messe in condizione di usare tecnologia e automazione per migliorare le capacità produttive: in questo contesto avere persone e competenze adeguate è indispensabile”.
Sulla questione dell’occupazione giovanile, il ministro del Lavoro ha assicurato che proseguirà il Piano Garanzia Giovani, che è stato rifinanziato dall’Unione europea, e ha ricordato come al suo interno si sia rafforzato il progetto Crescere in Digitale, per l’attivazione di stage per i giovani in ambito web, al quale hanno aderito circa 100mila giovani.
“Abbiamo fatto tante cose, ma siamo lontani dall’aver ottenuto i risultati sperati” ammette Poletti, che però aggiunge: “Le opportunità di lavoro sono figlie della dinamica economica. Se continueremo così si verificherà un ampliamento delle opportunità. Dobbiamo ridurre la distanza tra le esigenze delle imprese e le competenze in possesso dei giovani che non trovano sbocchi lavorativi. Cercheremo poi di fare in modo che queste competenze arrivino alle pmi, che spesso non hanno la vocazione a usare il digitale e i sistemi informatici. Implementeremo nuovi programmi che vedono la partecipazione attiva delle grandi aziende presenti sulla frontiera dell’innovazione”.
Sul fronte dell’istruzione, il ministro Poletti ha ricordato che è stato attivato il Piano nazionale per digitalizzazione delle scuole italiane, è stato incentivato l’apprendistato, sono stati potenziati gli istituti tecnici professionali ed è stato aperto un percorso per l’istituzione di lauree professionalizzanti. “Tutti interventi che tendono a costruire una relazione più forte tra esigenze e aspettative dei giovani, opportunità di lavoro e l’impresa che misura le prospettive occupazionali future”.
“Siamo profondamente convinti – ha concluso Poletti – che questi cambiamenti siano così radicali, profondi e veloci che non c’è nessuno che possa affrontarli da solo: occorre farlo insieme al mondo del lavoro e dell’impresa. Perciò stiamo facendo lo sforzo di condividere questo percorso con gli altri soggetti e di cercare di correggere le scelte che via via facciamo nel caso si rivelino non sufficientemente mirate”.