Ebbene sì, anche il digitale ha un suo lato oscuro in termini di sostenibilità. Se da una parte rendere smart, ad esempio, la gestione documentale significa risparmiare carta e spazio fisico, dall’altra assicurare il funzionamento delle tecnologie che lo permettono comporta l’emissione di gas serra non indifferenti. La BBC indica che, se dovessimo suddividere in modo approssimativo gli 1,7 miliardi di tonnellate di gas serra che si stima siano prodotte per la produzione e il corretto funzionamento delle tecnologie digitali tra tutti gli utenti che usano Internet nel mondo, allora ogni individuo sarebbe responsabile di 414 kg di anidride carbonica all’anno.
I dati parlano chiaro: il World Wide Web consuma il 10% dell’elettricità globale e, rispetto a 10 anni fa, inquina fino a 6 volte di più. Ancora: l’utente medio riceve ogni anno 2.850 email indesiderate da abbonamenti, responsabili di 28,5 kg di anidride carbonica. Le stime dell’EERE (acronimo di Office of Energy Efficiency and Renewable Energy, il dipartimento dell’energia negli Stati Uniti) indicano che i data center sono tra gli edifici con maggiore dispendio di energia: consumano da 10 a 50 volte l’energia per piano in più di un edificio commerciale per uffici.
Appare chiaro come sia necessario porsi il problema della digital carbon footprint. “Il digitale negli ultimi anni è diventato un inestimabile alleato della nostra quotidianità e un abilitatore della crescita dei business: ci siamo illusi all’idea che fosse pulito e sostenibile. Eppure, proprio perché non si può toccare, il suo impatto sull’ambiente è sottovalutato!”, ammonisce Carlo Noseda, presidente di IAB Italia, il chapter italiano dell’Interactive Advertising Bureau (IAB), la più importante associazione nel campo della pubblicità digitale a livello mondiale.
Per rendere i soci e gli operatori del settore pubblicitario più consapevoli della digital carbon footprint, IAB Italia ha avviato il progetto ZED, acronimo di “Zero Emission Digital”, presentato in anteprima in occasione dello IAB Forum dello scorso novembre. Il progetto si propone di mostrare come trasformazione digitale e transizione ecologica possano convivere e si sviluppa lungo tre direttrici:
- Una campagna di sensibilizzazione sulla digital carbon footprint;
- L’organizzazione del primo “Digital Cleanup Day”;
- La presentazione del “Manifesto per un digitale sostenibile”, cui far aderire le oltre 200 aziende che fanno parte dell’associazione
Noseda racconta: “Se non sai quanto consumi su Internet, non sai quanto inquini. Siamo partiti da questo presupposto nel progettare il Manifesto, che enumera le regole d’oro su come essere ZED, per poi arrivare a sviluppare un Indice ZED, un indicatore indipendente e oggettivo che misuri la digital carbon footprint e che possa diventare una vera e propria certificazione per le aziende”.
Sempre in un’ottica di consapevolezza delle imprese e sensibilizzazione al problema della digital carbon footprint, IAB Italia ha messo a disposizione una piattaforma che ospita un calcolatore gratuito, in grado di determinare le emissioni di anidride carbonica di qualsiasi sito web.
Concretamente, il progetto ZED prevede tre fasi per le società che intendono implementarlo:
- Identificazione dei rifiuti digitali prodotti. In questo primo step, si individuano i rifiuti digitali prodotti a livello aziendale e si organizza una vera e propria pulizia, che consiste nella cancellazione del superfluo.
- Pianificazione delle azioni da intraprendere. Nella seconda fase, l’azienda stabilisce quali comportamenti adottare per ridurre la sua digital carbon footprint, come l’eliminazione di vecchi allegati condivisi, di chat datate e di newsletter mai aperte.
- Misurazione dei progressi nel tempo. Il terzo e ultimo step prevede la valutazione dell’andamento della digital carbon footprint aziendale in un’ottica di miglioramento continuo delle prestazioni, di pari passo con il progresso della sostenibilità ecologica.
Il presidente di IAB Italia conclude: “Oggi sono disponibili poche linee guida su come le tecnologie digitali dovrebbero essere usate in modo sostenibile, e quali standard dovrebbero essere seguiti. Inoltre, sono ancora pochissime le organizzazioni in grado di mappare l’impatto sull’ambiente, anche quando le catene di approvvigionamento sono digitalizzate. Con il nostro progetto ZED vogliamo guidare le aziende verso la maggiore comprensione delle iniziative da attuare subito per ridurre la digital carbon footprint, per concentrarsi sugli obiettivi di zero emissioni nel lungo periodo. E il bello del digitale torna subito a ripresentarsi: si possono ottenere risultati anche nel breve”.