World Economic Forum, che cos’è la crescita inclusiva e perché ha bisogno dell’innovazione

L’edizione annuale del WEF, che riunisce a Davos il gotha dell’economia mondiale, si concentra sulla necessità di ridurre le diseguaglianze sociali. Per farlo serve (anche) un’imprenditorialità orientata all’innovazione di prodotto e di processo e il potenziamento delle infrastrutture digitali

Pubblicato il 16 Gen 2017

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Michael Spence, Premio Nobel per l'Economia

Le diseguaglianze economiche si combattono anche promuovendo l’innovazione. È la riflessione di Michael Spence, vincitore del Premio Nobel per l’Economia 2001, sui contenuti del World Economic Forum (WEF), l’appuntamento annuale con il gotha della finanza e della politica internazionali che si apre oggi a Davos, in Svizzera.

Da questa 47esima edizione, che si svolge fino al 20 gennaio, emerge il concetto di inclusione sociale, di cui si parlerà in metà delle 400 sessioni dell’evento. I potenti del mondo riflettono sul crescente divario tra ricchi e poveri, soprattutto nelle società occidentali, e sulla necessità di quella che loro chiamano la “crescita inclusiva”, ovvero una serie di strategie per rallentare o frenare il fenomeno.

Intervistato da La Stampa Michael Spence, docente alla Stanford University, individua una delle possibili strategie e, facendo riferimento direttamente al nostro Paese, che esce molto male dal Rapporto sull’inclusione sociale diffuso dal WEF (vedi sotto), dice: “L’Italia si deve dotare di una struttura imprenditoriale dinamica e flessibile, orientata all’innovazione di prodotto e di processo, recettiva delle novità sul fronte tecnologico e con un’etica del business contrapposta alla corruzione e ad altre pratiche illecite”. Ma vediamo in cosa consiste esattamente il lavoro del Forum e come si articola quello di quest’anno.

Cos’è il World Economic Forum – È una fondazione senza fini di lucro che organizza ogni anno a Davos il più importante (e pubblicizzato) evento internazionale durante il quale i leader dell’economia e della politica mondiale si confrontano con esponenti di alto livello di vari settori su una vasta gamma di argomenti. L’evento è nato nel 1971 quando l’economista tedesco Klaus Schwab ha riunito per la prima volta 450 capi di stato e leader internazionali per quello che allora era chiamato “European Management Symposium”. Negli ultimi anni i temi affrontati sono stati i flussi migratori, la cybersecurity, i cambiamenti climatici e la quarta rivoluzione industriale, solo per citarne alcuni.

World Economic Forum, Schwab: «Così la 4ª rivoluzione industriale cambia la nostra vita»

Il tema – “La leadership reattiva e responsabile” (Responsive and responsible leadership) è il tema di

Klaus Schwab, founder ed executive chairman del World Economic Forum

quest’anno. Le grandi sfide per i leader del presente e dell’immediato futuro sono a grandi linee: rafforzamento della crescita globale, capacità di prepararsi alla quarta rivoluzione industriale e di ripensare la cooperazione globale.

Cosa cambia con l’edizione 2017 – Secondo alcuni commentatori, l’edizione di quest’anno potrebbe risultare controversa perché, proprio a causa degli argomenti trattati, potrebbe segnare una svolta nella visione degli habitué del World Economic Forum, i quali da oltre 40 anni professano una dottrina di mercato liberista e di entusiastica accoglienza della globalizzazione. I temi dell’edizione 2017 sembrano invece puntare a una, almeno parziale, revisione di queste posizioni e a un approfondimento delle ricadute negative della globalizzazione. Sembra sia per questi motivi che il neo presidente americano Donald Trump ha deciso di non presenziare al meeting, limitandosi ad inviare al suo posto Anthony Scaramucci, membro del suo transition team. D’altra parte è la prima volta che parteciperà un presidente della Repubblica Popolare Cinese. Xi Jinping sarà l’ospite d’onore dell’inaugurazione plenaria dell’evento e il suo team di economisti terrà una conferenza intitolata “China’s pivot to World Market”. Jack Ma, Ceo e founder di Alibaba, verrà intervistato sul futuro dell’online retail. Inoltre è in programma “China’s role in global prosperity”, conferenza nella quale si discuterà del ruolo chiave del Paese comunista per rilanciare il mercato globale.

La diseguaglianza sociale – In occasione del World Economic Forum, Oxfam, organizzazione non profit basata in UK, ha diffuso un report nel quale ricorda che oggi 8 persone possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione del pianeta e l’1% degli abitanti del nostro pianeta ha un ricchezza superiore a quella del restante 99%. La disuguaglianza economica è sempre più estrema e le conseguenze degli squilibri di reddito diventano sempre più drammatiche: 1 persona su 9 soffre la fame e 1 persona su 10 vive con meno di 2 dollari al giorno.

Cos’è l’economia inclusiva – Come osserva il Global Risks Report 2017, uno dei rapporti “di punta” diffusi dal WEF, la crescente diseguaglianza nei redditi e la polarizzazione della società hanno scatenato cambiamenti politici nel 2016 (il riferimento è alla Brexit e all’ascesa di Donald Trump alla presidenza Usa) e potrebbero esacerbare ulteriormente gli animi nel 2017. Preoccupa lo scenario che potrebbe emergere all’indomani delle elezioni politiche di Francia e Germania. Questi rischi possono essere arrestati o trasformati in opportunità attraverso società più inclusive, per le quali sono vitali la cooperazione internazionale e le strategie di lungo termine. La crescita rallentata e la crescente diseguaglianza sono presenti in molte delle economie mondiali più avanzate.

Il Rapporto sull’inclusione sociale – Il rapporto intitolato Inclusive Growth and Development Report 2017 delinea strategie per interrompere questo circolo vizioso di stagnazione e polarizzazione di entrate e opportunità e punta a rispondere alla domanda: come si può trasformare tutto questo in un circolo virtuoso di maggiore inclusione sociale? In altre parole: come si può aumentare non solo il Pil (Prodotto interno lordo) ma il modo in cui la performance di un Paese può avere ricadute positive sulla sua società? La risposta, in base al rapporto, è collocare le persone e gli stili di vita al centro delle politiche economiche nazionali e internazionali. Formazione, infrastrutture, etica, investimenti, imprenditorialità e protezione sociale sono alcuni dei fattori che giocano un ruolo nel creare questa nuova politica economica.

Una cosa è certa: la diseguaglianza economica sta aumentando in tutto il mondo. In base al report del WEF, l’Italia è agli ultimi posti tra i Paesi avanzati per “crescita inclusiva”, cioè capacità di ridurre le disparità di reddito e favorire l’inclusione sociale. È infatti 27esima sui 30 principali Paesi industrializzati secondo l’Inclusive Development Index. Nel plotone di coda ci sono, peraltro, anche il Regno Unito (21esimo), gli Usa (23esimi) e il Giappone (24esimo). Al primo posto svetta la Norvegia, davanti a Lussemburgo, Svizzera, Islanda, Danimarca e Svezia. Nell’insieme il quadro è negativo per i big industrializzati: il WEF calcola che tra il 2008 e il 2013 il reddito medio nei Paesi avanzati sia calato del 2,4% pari a 284 dollari pro capite.

Hanno fatto decisamente meglio i Paesi emergenti con un aumento del reddito medio del 10%, pari a 164 dollari. Lo studio prende in considerazione 15 indicatori di performance, che riguardano vari aspetti del contesto e della vita economico-sociale di un Paese e l’Italia se la cava solo in tre: i salari (nona), l’accesso all’istruzione (14esima) e, tra alti e bassi, anche nelle disposizioni fiscali (19esima). La penisola è 29esima, cioè penultima, in ben 5 indicatori: l’occupazione produttiva, l’inclusione finanziaria, la proprietà di case e asset finanziari, l’etica politica e delle imprese (ovvero, la corruzione) e le infrastrutture digitali. Proprio quelle infrastrutture che, come fa notare Spence, dovrebbero essere invece alimentate e potenziate.

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