“Usare le tecnologie, non esserne usati”: Alessio Carciofi e il suo digital detox

Founder e Managing Director di Digital Detox, società nata per costruire abitudini positive in grado di migliorare il lavoro e la vita delle persone, Carciofi spiega perché è necessario, per singoli e aziende, instaurare un approccio sano e sostenibile alla digital trasformation. Qui i progetti in corso e quelli futuri

Pubblicato il 17 Gen 2020

Digital detox

“Credo nel digital detox perché credo che la tecnologia dovrebbe migliorare la vita, non ‘distrarla’. Il mio obiettivo è che rimanga in primo piano la vita, non la tecnologia in essa contenuta.”

Da cinque anni Alessio Carciofi propone il suo programma per aiutare imprese e famiglie a riprogettare il proprio rapporto con la tecnologia.

Alessio Carciofi, founder di Digital Detox
Alessio, il suo approccio “digital detox” fa di lei un detrattore della tecnologia, un pessimista, un allarmista digitale? 

Assolutamente no. Non ho nostalgia per l’epoca pre-internet e, naturalmente, il digitale lo uso per lavorare. Lo uso, appunto, cerco di non venirne usato. Dato che la tecnologia è sempre più parte integrante di tutto ciò che facciamo, a volte può distrarci dalle cose e dalle persone. Ci sono arrivato quando ho capito che il modo in cui usavo lo smartphone non era poi così “smart”, così intelligente. Riempivo di attività non urgenti la mia giornata, arrivavo svuotato a sera, stavo perdendo ciò che era veramente importante.

Tuttavia il termine detox non rischia di creare un po’ di confusione, di calcare la mano solo sulla negatività e sui pericoli del digitale? 

Non direi. La mia mission è quello di aiutare le persone a concentrarsi su ciò che conta, senza abbandonare la vita digitale. A me fa piacere chiamarlo sostenibilità digitale. Rende meglio l’idea. Lei, io, tutti quanti abbiamo bisogno di vivere al meglio il rapporto con il digitale, nel segno dell’equilibrio, della “giusta misura”. È l’evoluzione necessaria della digital transformation.

In azienda lei identifica il suo principale nemico nelle distrazioni che il digitale porta con sé?

L’era digitale può essere l’era delle distrazioni digitali, a danno della capacità di mantenere la concentrazione. Il multitasking è una illusione di maggiore produttività ma in realtà genera perdita di tempo, rallenta l’esecuzione di ciò che dobbiamo fare. Per questo cinque anni fa ho immaginato che l’evoluzione del digitale è nell’upgrade dell’uomo e ho creato H-UP”.

H-UP? Di che si tratta?

H-UP significa Human Upgrade. È il format che stiamo portando all’interno delle aziende e delle organizzazioni che desiderano “installare” un approccio sano e sostenibile alla digital trasformation. Le aziende che guardano al futuro stanno iniziando a supportare il loro personale per capire come garantire che la tecnologia migliori davvero la vita e il lavoro. Vogliamo aiutare i nostri clienti a creare cambiamenti significativi, duraturi e positivi.

In che modo? 

Tutti i nostri programmi mirano alla formazione di abitudini positive e al cambiamento di comportamento a lungo termine. I nostri esercizi aiutano la capacità di gestire al meglio l’attenzione e dunque di ridurre al minimo le distrazioni indotte da un uso “disattento” degli strumenti digitali. Forniamo il supporto alla consapevolezza e alla ridefinizione delle proprie abitudini. Si tratta di creare un ambiente di lavoro digitale sostenibile, vale a dire a misura d’essere umano. Ne guadagnano le persone, ne guadagna anche la produttività.

Poiché siamo nell’era digitale, esso è ovunque, dunque anche a casa. Voi vi rivolgete anche alle famiglie oppure siete focalizzati solo sulle aziende?

La corretta gestione dei dispositivi digitali va praticata anche a casa. La cultura del “sempre disponibile”, dell’always on, non permette di staccare nemmeno quando sei in famiglia. Abbiamo programmi su come genitori e famiglie possono imparare e praticare stili di vita digitale sani e stiamo “imparando” a lavorare anche con le scuole.

Digital detox a scuola? Di solito si pensa che la scuola italiana più che di detox manchi proprio del digital.

Guardi, la scuola in quanto tale può essere indietro ma i ragazzi usano il digitale a prescindere. Quest’anno scolastico nella scuola di Melegnano gestita dalla fondazione Educatori del Terzo Millennio – Giovanni Paolo II insieme al professor Sandro Formica, professore alla Florida International University, stiamo portando avanti un progetto sperimentale e unico nel panorama italiano sulla consapevolezza digitale a scuola.”

In cosa consiste?

Incontriamo i ragazzi una volta al mese, per tutta la mattinata. Li facciamo lavorare sulle emozioni, sulla gestione dello smartphone, sull’empatia, sulla performance e gli presentiamo i challenge successivi. Ogni settimana i ragazzi hanno una sfida da compiere, un obiettivo da raggiungere e alla fine scrivono un diario emotivo.

Può fare un esempio? 

Ad esempio, la sfida è quella di eliminare o almeno ridurre le notifiche. In quella settimana gli studenti iniziano a eliminare le notifiche (per i più performanti) mentre gli altri le riducono. Nell’approcciarsi a tale sfida devono capire come si sentono e registrare le sensazioni nel proprio diario emotivo.

Tutto questo funziona può funzionare solo se avete il supporto del corpo docenti.

Infatti nella giornata di formazione, il pomeriggio incontriamo il corpo docente.

Come porterete a compimento questo progetto?

Stiamo monitorando i dati qualitativi e quantitativi e alla fine scriveremo un articolo scientifico. Ma soprattutto grazie a questo progetto, scriveremo un manifesto che la scuola di Melegnano adotterà a partire dal prossimo anno. Un manifesto di educazione digitale sostenibile, che vada oltre le notifiche e parallelamente dentro le emozioni dei ragazzi.

Un ultimo aspetto. Abbiamo appena iniziato il nuovo anno e Talkwalker e Hubspot hanno inserito il movimento del digital detox tra i trend del 2020. Lei ne sarà contento…

Le ribadisco che più che “disintossicare” dobbiamo hackerare le nostre abitudini. Molte app e social sono progettati per creare dipendenza, attraverso il meccanismo di azione e reazione. Questo è alla base dell’economia dell’attenzione. Non a caso in inglese like, commenti e simili si chiamano reaction. Le reazioni modificano i comportamenti, attraverso la dopamina, l’ormone della ricompensa, e questo può portare dipendenza. Se ne diventiamo consapevoli, siamo in grado di modificare questi comportamenti e dunque diventiamo capaci di vivere sempre meglio il rapporto con lo smartphone.

Ho capito. Anche lei pratica la tecnologia solidale, nel senso di rendere più solido e meno “effimero” il rapporto tra noi e il digitale. Tuttavia, come intende inserirsi nella scia di questo trend?

Approfondendo il filone di social media wellness.

Vale a dire?

“Oltre al mondo corporate, sto lanciando un format innovativo di vacanza legato al “mental wellness”. Sono dei fine settimana nei quali  propongo un’esperienza di consapevolezza digitale all’interno dei più bei scenari italiani. Per iniziare, sto portando avanti con la città di Arezzo, un progetto innovativo. Lanceremo la prima città digital detox, creando dei percorsi legati alla sostenibile digitale. Sarà un progetto davvero interessante, mai realizzato prima, in Europa e oltre. Ora, non posso anticiparvi nulla, vi dico solo che sarà lanciato a brevissimo.”

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Antonio Palmieri
Antonio Palmieri

Antonio Palmieri, fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido. Sposato, due figli, milanese, interista. Dal 1988 si occupa di comunicazione, comunicazione politica, formazione, innovazione digitale e sociale. Già deputato di Forza Italia

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