La storia di Amadori è cominciata nel 1969 a San Vittore di Cesena dalla famiglia Amadori, specializzata prevalentemente nell’allevamento e nella vendita di pollame nei dintorni della città. Con gli anni l’attività è progressivamente cresciuta tanto da far diventare oggi l’azienda una delle realtà italiane più conosciute in ambito alimentare e avicolo. Conta più di 8.500 collaboratori e una filiera composta da 4 mangimifici, 5 incubatoi, 6 stabilimenti di trasformazione e lavorazione, 3 piattaforme logistiche primarie, 19 centri di distribuzione in Italia e oltre 800 allevamenti, sia di proprietà che in convenzione. Il bilancio 2019 ha visto un utile complessivo di 1,3 miliardi di euro, con una crescita complessiva del 3,9% rispetto al 2018.
Tre anni fa è stata creata all’interno di Amadori la Funzione Innovazione, con una mission articolata su tre linee di azione principali: la diffusione di una cultura dell’innovazione in tutta la filiera, la strutturazione di un nuovo modello di governance dell’innovazione e l’apertura dei confini aziendali ad altri attori del settore in un’ottica di Open Innovation. In questo contesto rientra, ormai da diversi anni, anche la partecipazione dell’azienda all’Osservatorio Startup Intelligence del Politecnico di Milano.
Come raccontato da Giorgia Mainardi e Eda Fetahu, rispettivamente Innovation Manager e Innovation Specialist di Amadori, l’obiettivo di diffusione di una cultura dell’innovazione è stato perseguito in primo luogo tramite la creazione di un programma di formazione volto a sviluppare trasversalmente conoscenza sulle principali tematiche e trend di innovazione rilevanti per l’azienda. Ciò è stato fatto tramite strumenti denominati Innovation Pills e la creazione di una piattaforma che racchiude le news più rilevanti in ambito di innovazione.
Oltre a voler formare la popolazione aziendale, Amadori ha investito per sviluppare iniziative volte a favorire l’effettiva e proattiva partecipazione dei dipendenti nelle iniziative di innovazione. Sono infatti state organizzate due Innovation Challenge per raccogliere nuove idee da implementare nelle diverse aree della filiera. “L’iniziativa, proposta per due anni consecutivi, ha ottenuto un ottimo livello di partecipazione, tanto da motivarci a prevedere call to action attive in modo permanente sulla piattaforma aziendale, spingendo così un’effettiva partecipazione continua e aperta a tutti”, racconta Giorgia.
La prima call, che aveva obiettivi ad ampio spettro ed è stata rivolta all’intera popolazione aziendale, ha raccolto più di 700 idee, di cui circa 60 sono state selezionate per essere approfondite attraverso un percorso di formazione in aula, costituendo per ciascuna di esse un team di lavoro dedicato in cui è sempre stato coinvolto anche il diretto proponente dell’idea. La seconda challenge è stata invece indirizzata solo a uno stabilimento di produzione e con un brief molto più specifico. “Nonostante l’alta adesione ricevuta finora a queste iniziative, la nostra sfida nei prossimi mesi sarà quella di migliorare sempre più la user experience sulla piattaforma e favorire ulteriormente l’engagement dell’intera popolazione aziendale”.
Oltre ad ingaggiare la popolazione aziendale, si è voluto sin da subito favorire il coordinamento con le aree di Business. È stata quindi strutturata l’Innovation Community, un organo trasversale formato da 29 Innovation Representative provenienti da ben 23 Business Line differenti. “L’Innovation Community è diventata sempre di più nel corso del tempo uno strumento fondamentale per riuscire a rendere l’innovazione pervasiva in azienda. I Representative sono infatti il perno di collegamento tra l’innovazione e le aree di business e di filtro, e hanno il compito di selezionare e filtrare le idee più rilevanti provenienti dalla propria area da proporre al Comitato di Innovazione che si riunisce periodicamente”, spiega Eda.
La Funzione Innovazione ha infatti lavorato anche alla riprogettazione del processo di analisi e approvazione di nuove idee. La raccolta di idee avviene tramite la piattaforma «Amadori Innovation Hub», all’interno della quale vengono proposte idee provenienti sia da fonti esterne che da fonti interne, come le esigenze espresse dagli Innovation Representative o gli spunti emersi dalle Innovation Challenge. Attraverso la piattaforma è possibile non solo votare le idee, ma anche monitorare il funnel dell’innovazione e l’avanzamento dei singoli progetti, in modo che chiunque al suo interno possa anche verificare eventuali progetti conclusi con successo o che per qualche motivo sono stati interrotti.
Se prima i progetti di innovazione erano prevalentemente circoscritti, approvati e implementati nell’area di pertinenza, oggi, in caso di progetti con ampia rilevanza è presente il Comitato di Innovazione, che viene indetto ogni due mesi dalla Funzione a cui fa capo Giorgia Mainardi, che garantisce un maggior coinvolgimento a livello aziendale. Le idee votate sulla piattaforma e selezionate dall’Innovation Community vengono esposte al Comitato dal Representative di riferimento e valutate in termini di coerenza con il business, interesse nei confronti del tema e coerenza con gli obiettivi strategici aziendali. “In questo modo l’Innovation Representative, essendo incaricato di presentare l’idea al Comitato, viene ulteriormente ingaggiato e responsabilizzato rispetto all’ownership del progetto”, spiega Eda Fetahu. Dietro a ogni progetto è infatti importante che risieda sempre uno sponsor, che è solitamente il Responsabile della Funzione di riferimento, che se ne assuma la responsabilità e talvolta anche le spese di budget, soprattutto dopo le prime fasi di test dell’idea. Di norma il budget è a carico della Funzione Innovazione fino alle fasi di Proof of Concept e Minimum Viable Product. La Funzione valuta quindi caso per caso se è necessario dare supporto finanziario anche nelle fasi di implementazione del progetto.
Come accennato, la società è molto attiva anche in ambito di Open Innovation e sta portando avanti molteplici progetti volti ad aprire i confini aziendali e a strutturare un ecosistema ampio e vario. Un’iniziativa di rilievo è rappresentata dalla creazione del FoodTech Accelerator, acceleratore internazionale di cui Amadori è uno dei partner fondatori. Il programma, oggi giunto alla sua terza edizione, conta oltre 600 startup iscritte per la selezione alla fase di Accelerazione da parte del Comitato Innovazione. “Amadori investe inoltre in Challenge esterne rivolte non solo ai propri fornitori ma anche a potenziali tali, in un percorso di filiera sostenibile. Questa iniziativa è stata sicuramente di valore per il nostro Gruppo in quanto ci ha dato modo di utilizzare una metodologia, che avevamo già applicato internamente, con attori esterni del nostro ecosistema. Per le funzioni più tecniche è stato sicuramente fonte di acquisizione di know-how”, spiega Eda.
L’obiettivo è quindi quello di ampliare l’ecosistema di attori con cui Amadori collabora per sviluppare innovazione, considerando sia aziende e fornitori consolidati, sia startup o piccole e medie aziende innovative. “Certamente la nostra collaborazione con queste realtà più piccole non è del tutto priva di difficoltà: siamo consapevoli di come sia importante abilitare un confronto continuo con gli attori con cui collaboriamo, così da favorire il giusto approccio alla sperimentazione in azienda, sensibilizzando inoltre i colleghi rispetto all’utilizzo di nuove metodologie di sviluppo dei progetti. Modelli, questi, già sperimentati con successo nei distretti produttivi. D’altra parte, è per noi fondamentale imparare a collaborare con attori molto diversi da Amadori, in grado di portare reale valore e di condividere competenze ed esperienze diverse da quelle che già possediamo”, conclude Giorgia, citando con entusiasmo i tavoli di confronto organizzati dall’Osservatorio Startup Intelligence, pensati proprio per favorire il dialogo tra aziende cross-industry su temi di interesse condivisi.