Se utilizzata in modo responsabile, l’innovazione tecnologica può fare molto per l’umanità, tanto che in tempi recenti è emersa un’espressione nuova per indicare questo concetto, tech for good. Significa che le nuove tecnologie possono aiutare i malati a curarsi e le persone in salute a mantenersi in forma, supportare i disabili e coadiuvarli nell’integrazione nella società, essere di concreto aiuto in caso di epidemie come quella del coronavirus scoppiata nel 2020. Ma possono anche consentire a chi non ha accesso ai servizi bancari di scambiarsi denaro con il cellulare, a giovani e meno giovani di studiare e formarsi online, alle aziende di migliorare la produttività (e la vita) dei propri dipendenti. E molto altro ancora.
A portare alla ribalta il tech for good è stato il World Economic Forum 2020, che ha dedicato a questo argomento uno dei suoi focus tematici, al quale hanno partecipato leader del calibro di Satya Nadella, CEO di Microsoft. “Negli ultimi 50 anni abbiamo avuto un enorme progresso tecnologico: tecnologie disruptive come il quantum computing, la blockchain, i veicoli a guida autonoma e le biotecnologie, che presto diventeranno mainstream, stanno per influire concretamente nelle nostre vite” scrive Greta Keenan, Programme Specialist, Science and Society del World Economic Forum. “Queste tecnologie – prosegue – hanno le potenzialità per recare benefici all’umanità in varie maniere, ma solo se vengono utilizzate in modo responsabile ed etico. Prendiamo ad esempio l’intelligenza artificiale: gli algoritmi alla base della tecnologia deepfake, in grado di ingannare intere popolazioni e di interferire con la democrazia, possono essere utilizzati anche per diagnosticare malattie come il cancro in fase precoce”. Un dilemma etico-tecnologico che va sciolto se non vogliamo che l’innovazione tecnologica ci si ritorca contro. Ma, prima di tutto, va conosciuto e compreso.
Vediamo dunque quali sono le principali aree di azione del tech for good e analizziamo alcuni esempi di applicazione.
(QUI è scaricabile il rapporto McKinsey sul tech for good)
TECH FOR GOOD PER SALUTE E LONGEVITÀ
È davvero enorme il potenziale che hanno le nuove tecnologie per migliorare la salute dei cittadini. Le possibilità vanno dalla ricerca sui farmaci basata sull’Intelligenza artificiale ai dispositivi indossabili (wearable) che possono aiutare gli individui a monitorare la propria salute. L’evoluzione tecnologica può anche facilitare l’accesso alla salute, per esempio attraverso la telemedicina, riducendo nel contempo gli sprechi a livello di spesa dei sistemi sanitari.
L’AI ha già dato risultati in applicazioni che vanno dalla diagnosi di polmonite, malaria o Alzheimer alla previsione di ictus e attacchi cardiaci, o di autismo nei neonati. Nel caso di epidemie, l’analisi avanzata e i modelli predittivi possono aiutare a identificare le vie di trasmissione e prevenire la diffusione di virus e batteri in modo molto efficiente.
Il caso coronavirus: l’intelligenza artificiale per prevedere le epidemie
Come spiega in questo articolo Mark Lambrecht, direttore di Global Health and LifeSciences Practice di SAS, l’AI e gli analytics possono aiutare a rilevare i primi segni di sintomi in grado di portare a una possibile nuova epidemia. Con queste tecniche sofisticate, i primi segnali possono essere individuati spesso settimane prima che le autorità lancino l’allarme e questo può aiutare a limitare la diffusione del virus. Sono necessarie particolari tecniche analitiche in grado di rintracciare eventi rari ma significativi, come un picco nell’assenteismo scolastico in una determinata regione o Stato. Per capire qual è l’agente infettivo o il virus di un nuovo focolaio serve una combinazione di competenze epidemiologiche, cliniche e di Artificial Intelligence.
Robot per curare (anche) l’autismo
La robotica, nel frattempo, sta mostrando tutto il suo potenziale nel settore della chirurgia, ma non solo. La startup italiana Lorf, che è anche una società benefit, impegnata in azioni e progetti a sostegno delle persone autistiche e delle loro famiglie, ha raccolto a dicembre 2019 oltre 10mila euro grazie al crowdfunding (raccolta fondi online) per realizzare un progetto a favore degli autistici, #RobotFriend. Si tratta di un laboratorio di robotica in cui bambini normalmente e diversamente abili si possano incontrare intorno a un robot e, attraverso il gioco, divertirsi, apprendere e socializzare, favorendo in questo modo anche l’educazione alla diversità. In #RobotFriend Lorf prevede la presenza di Pepper, primo e più avanzato robot umanoide capace di interagire e di rispondere alle richieste dell’utente, prodotto dalla multinazionale giapponese Softbank Robotics.
La tecnologia per l’ictus perinatale
Un esempio di tecnologia applicata alla medicina è FightTheStroke.org, una fondazione che supporta la causa dei giovani sopravvissuti all’ictus e con paralisi cerebrale infantile. È stata co-fondata da Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo, il cui figlio Mario ha questa problematica. La diagnosi precoce e nuove tecniche riabilitative basate sul concetto dei neuroni specchio e sull’applicazione della tecnologia alla medicina, rappresentano solo alcune delle battaglie portate avanti da FightTheStroke, un movimento che continua a far conoscere la propria storia attraverso eventi di risonanza mondiale come il TED Global (2013) e il World Business Forum (2015).
Manifattura digitale per i malati di Alzheimer
Il Fab Lab milanese OpenDot ha realizzato grazie alla manifattura digitale un set di pannelli per la terapia di pazienti malati di Alzheimer, recentemente allestiti nella case di cura Villa Ranuzzi e Villa Serena di Bologna. I pannelli funzionano grazie a dei meccanismi analogici che corrispondono a semplici azioni come spostare, toccare, premere, girare ecc., stimolando azioni ripetute che facilitano la concentrazione, l’esercizio psicomotorio e la coordinazione. Sono strumenti che consentono al degente di focalizzare l’attenzione su un singolo aspetto dell’oggetto (il colore, il suono che produce, la ruvidezza, la lunghezza), lavorando sulla manualità fine e sulle sequenze dei gesti e favorendo l’organizzazione dei pensieri. L’obiettivo dei pannelli Eduframe è incentivare la concentrazione non sulle abilità perdute, ma su quelle che ancora si possiedono.
Wearable per monitorare la salute
I dispositivi indossabili e i fitness tracker potrebbero contribuire a migliorare la salute di molti individui e aiutare gli operatori sanitari a monitorare i pazienti in modo continuo, ad esempio fornendo letture della glicemia da remoto. Una delle aziende impegnate in questo ambito è Partners Healthcare, con sede a Boston, che ha messo a disposizione di 3.000 pazienti con insufficienza cardiaca dispositivi da utilizzare a casa per monitorare il peso, la pressione sanguigna e altri parametri vitali. Il programma ha ridotto del 44 per cento i ricoveri ospedalieri tra i partecipanti al progetto, generando risparmi di oltre 10 milioni di dollari nell’arco di sei anni.
TECNOLOGIA SOLIDALE
Molti dei casi in cui la tecnologia è in grado di migliorare la salute delle persone sono illustrati nella rubrica “Tecnologia solidale” tenuta da Antonio Palmieri su EconomyUp. L’iniziativa scaturisce dall’omonimo appuntamento organizzato ogni anno alla Camera da Palmieri per fare il punto sullo stato dell’arte dell’ecosistema di iniziative, startup, realtà del terzo settore, over the top, atti legislativi italiani ed europei attinenti all’ambito del tech for good.
A questo link sono reperibili in contenuti accumulati in anni di lavoro.
Nel 2022 Palmieri, uscito dal parlamento, ha dato vita alla Fondazione Pensiero Solido.
TECH FOR GOOD PER L’AMBIENTE
Il crescente esaurimento delle risorse naturali, l’aumento dell’incidenza di condizioni meteorologiche estreme e l’incremento dell’inquinamento sono ormai fenomeni che purtroppo conosciamo bene e che richiedono interventi urgenti e mirati. La tecnologia contribuisce all’uso dell’energia: l’ecosistema mondiale delle Tlc utilizza circa 1.700 terawatt-ora di elettricità all’anno, pari a circa l’8% del totale a livello globale. Ma può questa stessa tecnologia contribuire a ridurre i danni all’ambiente? Sì, può farlo, e in svariati modi. Per esempio partendo dalle città.
Smart city for good
Una smart city non è, come può pensare qualcuno, una città futuristica o iper-tecnologica, ma è un centro urbano che sa gestire le proprie risorse in modo intelligente, mira a diventare economicamente sostenibile ed energeticamente autosufficiente, ed è attenta alla qualità della vita e ai bisogni dei propri cittadini. Ecco perché le smart city hanno come fine ultimo il good, il benessere dei propri abitanti. Vediamo qualche esempio.
La gestione del traffico basata sull’AI nelle città, compresa l’ottimizzazione delle reti a semaforo per migliorare il flusso di auto e camion, può ridurre l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute tra il 3 e il 15 %. Alcune città utilizzano anche tecnologie per ottimizzare la raccolta dei rifiuti. A Seoul, per esempio, le autorità comunali hanno attrezzato i bidoni della spazzatura con sensori RFID che pesano la spazzatura e generano in automatico una fattura per ogni famiglia.
La tecnologia può anche ridurre le emissioni di gas a effetto serra attraverso l’efficienza energetica e le fonti di energia rinnovabili. Si stima che, tra il 2015 e il 2035, le utenze elettriche potrebbero utilizzare la tecnologia delle reti intelligenti per migliorare l’efficienza del sistema dal 12 al 21 per cento, ovvero da 310 a 540 miliardi di dollari. AI e IoT aiutano a ridurre il consumo energetico attraverso la gestione automatizzata delle operazioni. Ad esempio, DeepMind ha contribuito a ridurre i costi di raffreddamento nei data center di Google fino al 40%. Le tecnologie di costruzione intelligenti possono anche ottimizzare il consumo energetico e monitorare la qualità dell’aria interna per migliorare il benessere fisico.
Enerbrain per l’efficienza energetica negli edifici
Un caso interessante è quello di Enerbrain, scaleup italiana che aiuta chi possiede edifici a monitorare la qualità dell’aria in modo da poter intervenire per ridurre emissioni e risparmiare energia. Fondata nel 2015 a Torino da quattro cervelli in fuga (poi rimpatriati), è una società B2B che ha brevettato un sistema di regolazione dinamica di riscaldamento, raffreddamento e ventilazione per migliorare il confort degli ambienti chiusi e ridurre i consumi di aria condizionata. L’idea sta riscuotendo premi su premi e l’attenzione degli addetti ai lavori.
Smart mobility for good
La smart city racchiude in sé il concetto di smart mobility, espressione che racchiude in sé tecnologia, infrastrutture per la mobilità (parcheggi, reti di ricarica, segnaletica, veicoli), soluzioni per la mobilità (tra cui i modelli di new mobility) e le persone. La smart mobility punta offrire un’esperienza di mobilità senza soluzione di continuità, dal primo all’ultimo miglio, che sia flessibile, integrata, sicura, on demand e conveniente. La mobilità urbana può essere innovata attraverso nuove tecnologie mobile e applicazioni in grado di integrare il trasporto pubblico, una migliore infrastruttura e il car sharing (o comunque la condivisione di veicoli). Smart Mobility significa anche green, che si tratti di auto elettriche o di piste ciclabili. L’obiettivo finale dell’introduzione di una mobilità smart nelle nostre città è ridurre il traffico, ridurre l’inquinamento, creare flussi intelligenti e senza interruzioni, e rafforzare le economie di scala per promuovere una mobilità accessibile a tutti.
L’economia circolare
Secondo la Ellen Macarthur Foundation, tra le massime autorità in materia, la circular economy è “un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. In pratica è un’economia a rifiuti zero, dove qualsiasi prodotto viene consumato e smaltito senza lasciar traccia. Ovviamente nell’economia circolare hanno molta importanza le energie rinnovabili e la modularità e la versatilità degli oggetti, che possono e devono essere utilizzati in vari contesti per poter durare il più a lungo possibile. I nuovi servizi e modelli di business dell’economia circolare, in gran parte facilitati dalle piattaforme digitali, potrebbero generare fino a 1,8 trilioni di euro di benefici annui, ovvero un aumento del PIL del 7% rispetto all’attuale scenario di sviluppo solo in Europa entro il 2030. Un certo numero di grandi aziende di beni di consumo tra cui Coca-Cola, Danone, PepsiCo, Unilever, P&G e L’Oréal si sono impegnate a ridurre gli imballaggi in plastica o a renderlo riciclabile.
Infine, la tecnologia ha un ruolo nella conservazione della biodiversità. I droni possono aiutare a monitorare i parchi naturali e identificare la posizione dei bracconieri, e allo stesso modo monitorare per la pesca illegale.
TECH FOR GOOD NEL LAVORO
Sono in molti a temere che l’innovazione tecnologica possa causare la perdita di posti di lavoro o un perenne stato di precarietà lavorativa. Un timore non del tutto immotivato: secondo un report del 2019 di Oxford Economics, l’avvento dei robot e dell’automazione porterà alla perdita di 20 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero nel mondo entro il 2030, ovvero l’8,5% dei lavoratori del comparto. D’altra parte la tecnologia – si legge in una ricerca di McKinsey – può dare un contributo significativo alla fluidità della forza lavoro, aiutando le persone a riqualificarsi e contribuendo alla redistribuzione delle risorse umane. Come? Per esempio riducendo al minimo i tempi e i costi di spostamento.
Piattaforme di collaborazione come Slack e Asana, e soluzioni di comunicazione come WebEx e Circuit, possono essere utilizzate per crowdsourcing di idee, per aiutare a condividere la conoscenza tra più parti e per creare spazi efficaci per la collaborazione, aumentando così l’innovazione.
Le piattaforme per la ricerca di talenti possono ridurre il tempo che le persone trascorrono tra un lavoro e l’altro, e migliorare le loro prospettive di guadagno. Per i datori di lavoro, le tecnologie di talent-matching possono migliorare la produttività dei lavoratori e fornire risparmi fino al 7% nei costi di recruiting, formazione, onboarding.
Lo sviluppo di piattaforme e altri strumenti di lavoro da remoto, come help desk online, videoconferenze e accesso condiviso simultaneo ai documenti, può consentire a molte più persone di lavorare in modo indipendente. McKinsey stima che, entro il 2025, le piattaforme online per la ricerca di talenti potrebbero consentire a ben 60 milioni di persone di trovare un lavoro che meglio si adatta alle loro competenze o preferenze.
HR high tech: il lavoro agile
L’HR Tech non è solo una tecnologia per gestire le paghe, ma è anche e soprattutto un’opportunità di innovazione e cambiamento in azienda. Con l’HR Tech si passa da modello gestionale gerarchico-burocratico a uno in cui le persone contribuiscono all’attività aziendale sulla base delle proprie competenze e non solo in base al proprio ruolo.
In questo contesto si inserisce il lavoro agile. Come spiega Luca Solari in questo intervento, l’impatto che le nuove tecnologie hanno in ambito organizzativo crea il terreno per innovare i modi di lavorare, permettendo alle persone di collegarsi da remoto e collocare il lavoro all’interno della giornata in base alle proprie esigenze. Questo diventa fonte di stimolo per il lavoratore che è portato ad essere più concentrato e produttivo con una conseguente ridefinizione delle proprie competenze. In un’indagine su 4.200 soggetti che hanno sperimentato l’introduzione del lavoro agile tra il 2015 ed il 2019, condotta da Variazioni Srl, società che si occupa proprio dell’implementazione di piani di Smart Working e Change Management, il 30% dei manager dichiara di aver addirittura percepito un aumento di produttività nei propri collaboratori mentre per il 67% l’efficacia e l’efficienza della prestazione lavorativa sono rimaste costanti e solo il 3% ha una percezione negativa. L’89% infatti sostiene che gli obiettivi assegnati siano stati interamente raggiunti.
TECH FOR GOOD: ACCESSO AI SERVIZI FINANZIARI, POSSIBILITÀ DI GUADAGNO, POSSIBILITÀ DI RISPARMIO
Se l’automazione e l’intelligenza artificiale possono avere un effetto negativo sul tenore di vita delle persone, in quanto possono causare la perdita di posti di lavoro con conseguente perdita di reddito, è anche vero che la tecnologia è in grado di aiutare le persone a gestire le proprie finanze, aprire nuove attività, acquistare a prezzi scontati.
Il caso eBay: un vantaggio per privati e imprese
Piattaforme come eBay e Etsy, per esempio, consentono a privati e piccole imprese di generare ulteriori fonti di reddito con costi di intermediazione inferiori rispetto ai canali di vendita tradizionali.
Il caso M-Pesa: servizi finanziari a chi non ha accesso alle banche
Le tecnologia mobile di pagamento hanno permesso, soprattutto nelle economie emergenti, l’accesso ai servizi finanziari a milioni di “unbanked”. Come esempio è spesso citato M-Pesa, lanciato dall’associata keniana di Vodafone, Safaricom, il 6 marzo 2007, e presto diffusosi in varie parti del mondo. Il servizio è stato concepito per consentire ai clienti di inviare, ricevere e depositare denaro utilizzando un semplice telefono cellulare e, da un po’ di tempo in alcuni mercati, tramite un’app per smartphone. Il funzionamento è molto semplice: i clienti si rivolgono ad un agente di M-Pesa per caricare il loro account e possono successivamente utilizzare il loro dispositivo mobile per effettuare acquisti in un negozio e inviare soldi a terzi, che a loro volta possono prelevare i fondi presso un agente M-Pesa. La quota di adulti in Kenya che lo utilizza è cresciuta dallo zero al 40% nei primi tre anni di lancio nel 2007. Senza contare che, quando ancora in Italia l’utente medio aveva scarsissima familiarità con i pagamenti online da mobile, a Nairobi si cominciavano a pagare gli stipendi, le bollette, le tasse scolastiche dei figli o persino ad acquistare frutta al mercato attraverso il cellulare.
Comparatori di prezzi per spendere meno
L’automazione può ridurre i costi con l’aumentare della produttività, consentendo alle imprese di trasferire risparmi ai consumatori: i prezzi dell’abbigliamento, ad esempio, sono diminuiti di circa il 10 per cento in termini reali dal 1998. Le piattaforme possono anche contribuire a ridurre i costi dei beni essenziali, tra cui l’istruzione, l’alloggio e l’elettricità, consentendo ai consumatori di trovare beni e servizi a prezzi accessibili. Il sito francese CrossShopper, per esempio, propone offerte ai clienti abbinando i prezzi di tutti i concorrenti retailer locali e dei principali concorrenti online, oltre a consentire di passare facilmente da un fornitore all’altro (utenze comprese).
Infine, la tecnologia può ottimizzare i modelli di trasferimento sociale. Le piattaforme mobili per Internet e connettività consentono una maggiore portata dei servizi pubblici. Gli ID digitali consentono alle persone ovunque che non hanno una forma di identificazione legalmente riconosciuta di accedere alle banche, ai benefici governativi, all’istruzione e ad altri servizi critici.
TECH FOR GOOD PER L’EDUCATION
L’istruzione è un fattore fondamentale per migliorare il benessere sociale, in quanto aumenta le prospettive di ottenere un lavoro migliore e, di conseguenza, di conseguire un reddito più elevato. Gli esperti sono concordi nell’affermare che i sistemi scolastici e i programmi di studio dovranno puntare con sempre maggiore enfasi su materie quali scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM). D’altra parte, per i lavori del futuro, saranno richieste anche altre competenze, le cosidette soft skills: empatia, adattabilità, capacità di negoziare, imprenditorialità. L’alfabetizzazione e la matematica di base non saranno più sufficienti per i posti di lavoro di domani.
L’AI per correggere i compiti
L’Intelligenza artificiale potrebbe diventare uno strumento prezioso per gli insegnanti. Per esempio GradeScope, una società di Bekerley, California, utilizza la visione artificiale e l’apprendimento automatico per valutare il lavoro degli studenti più velocemente di un insegnante, a partire dalla decifrazione della scrittura a mano. Per il momento è in grado di lavorare su argomenti come l’informatica e l’economia, che richiedono meno interpretazione umana per identificare risposte “corrette”.
Strumenti tecnologici per valorizzare l’elemento umano
Tuttavia la tecnologia in classe non trova sempre riscontri totalmente positivi. In diversi istituti scolastici vengono utilizzati tablet, LIM, aule multimediali e smartphone, magari abbinati ad app e piattaforme per l’apprendimento. Ma gli educatori sanno che, in questo contesto, la tecnologia è uno strumento la cui finalità ultima è valorizzare il fattore umano. Non a caso diversi studi hanno dimostrato che investire in modo significativo nei computer scolastici e nella tecnologia in classe non sempre migliora le prestazioni degli alunni.
Digital Learning
Il concetto di Digital Learning va ben oltre quello che comunemente chiamiamo e-learning. Secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, con il termine Digital Learning si indica una piattaforma integrata di canali e strumenti a supporto dei programmi di formazione – dai webinar ai social network, dalle applicazioni mobile per la formazione a iniziative di gamification – che permettono di formare in maniera più efficace le persone, utilizzando i mezzi più adeguati alla fruizione dei contenuti. Si tratta di un approccio educativo che può essere fruito in modalità sincrona o asincrona e implementato in modi diversi in base alle esigenze di utilizzo: faccia a faccia, da remoto o sul posto di lavoro.
La formazione a distanza si utilizza a livello universitario, dove esistono sia corsi di laurea sia master sia singoli moduli formativi a distanza, per la formazione professionale continua di diverse categorie di professionisti, per il training e l’upskilling aziendale ma anche per la formazione personale. Interattività, multimedialità, modularità e personalizzazione sono le caratteristiche principali del learning online che lo rendono su misura per la società digitale.
Home-schooling per chi è malato
“Ivo va a scuola” è un robot che sta in classe al posto di un bimbo che è in ospedale e non può seguire le lezioni. Attraverso un tablet il ragazzo malato guida il robot: riceve le immagini delle lezioni in streaming, interagisce con gli insegnanti e anche con i compagni di classe. Il progetto è realizzato da Elmec informatica, fornitore di servizi IT in oltre 100 Paesi, e reso possibile grazie alla connessione a banda larga fino a 100 Mbit/s offerta da Eolo alla classe frequentata dal bambino che si trova in ospedale.
TECH FOR GOOD PER LE PARI OPPORTUNITÀ
Le tecnologie possono migliorare l’uguaglianza sul lavoro, anche rivelando lacune retributive e pregiudizi. Le donne costituiscono il 50 per cento della popolazione in età lavorativa, ma detengono solo circa un terzo delle posizioni manageriali. Una startup, Textio, sta usando l’apprendimento automatico per individuare annunci di lavoro discriminanti che potrebbero rivolgersi più agli uomini che alle donne. Uno dei suoi clienti, Vodafone, ha visto un aumento del 7% del reclutamento di donne da quando ha iniziato la scansione degli annunci e la loro riformulazione per attirare il talento femminile.
Alcuni prodotti specifici migliorano l’accesso per gruppi particolari. Ad esempio, Hoobox Robotics ha sviluppato una sedia a rotelle che può essere controllata da espressioni faccialiI. Affectiva, creato dal MIT Media Lab, e Autism Glass, un progetto di ricerca di Stanford, utilizza l’IA per automatizzare il riconoscimento delle emozioni e fornire indicazioni sociali per aiutare gli individui con disturbi dello spettro autistico a interagire in ambienti sociali.
TECH FOR GOOD, ETICA E TECNOLOGIA
L’utilizzo e la continua evoluzione delle nuove tecnologie sta generando una molteplicità di interrogativi di carattere etico. L’esempio più comune fa riferimento alla driverless car, l’auto senza conducente: se l’auto si trova davanti una madre e un bambino, e non è in grado di fermare la corsa, chi “sceglierà” di salvare tra i due individui? Il tema è ampio e complesso, e non riguarda certo solo le auto a guida autonoma. Il tech for good va inserito in un contesto in cui gli uomini devono imparare a essere responsabili delle tecnologie che creano. Non è un caso che sia intervenuto concretamente sul tema anche il Vaticano.
La carta etica del Vaticano sull’AI
A febbraio 2020 la Santa Sede ha chiamato al suo fianco Microsoft, Ibm, la Fao e il governo italiano per elaborare e presentare la Rome Call for AI Ethics, una carta etica per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. A firmare il documento Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della vita (Pav); il direttore generale della Fao Dongyu Qu; il presidente di Microsoft Brad Smith; la ministra per l’innovazione tecnologica Paola Pisano e il vicepresidente di Ibm John Kelly III. Con loro, sul palco, anche il presidente dell’Europarlamento David Sassoli.
L’etica fa bene alle aziende
Tra gli altri, si è espresso sull’argomento uno dei massimi pensatori nel campo dell’etica digitale, Luciano Floridi, più volte intervistato da EconomyUp. “I big data devono essere utilizzati dalle aziende in modo altruistico, perché l’etica fa bene all’economia” dice Floridi, docente alla Oxford University e divulgatore. Le aziende, prosegue, dovrebbero “utilizzare i dati dei clienti con l’obiettivo di semplificare e migliorare le loro vite, non limitarsi a sfruttarli come si farebbe con un giacimento minerario”. Le stesse aziende dovrebbero “analizzare i dati dei dipendenti per comprenderli e supportarli in un percorso di welfare, non per allontanarli se qualcosa non va”. Buonismo anti-economico? “Assolutamente no: l’altruismo dei dati fa apprezzare alla clientela i servizi offerti e al lavoratore il proprio posto”.
Tech for good, la necessità del CPO
Per tutti questi motivi negli Stati Uniti è emerso il trend che vede i laureati in Filosofia assumere posizioni di leadership all’interno delle imprese tecnologiche. A dare il là è stata Google, che ha creato una nuova posizione, quella del Cpo (Chief Philosophy Officer). Altre aziende della Silicon Valley ne hanno seguito l’esempio, assumendo filosofi in pianta stabile. I Chief Philosophy Officer, o i practical philosopher, fanno riferimento agli antichi pensatori per riflettere sulle eterne domande sulla vita e sulla morte, ma cercano anche di prendere in considerazione domande più pratiche quali: “Cosa dovrebbe creare la mia startup?”. Attraverso incontri, pubblicazioni, blog e attività di consulenza, i practical philosopher vengono seguiti ed apprezzati da un gruppo ancora numericamente modesto di persone ma fortemente motivato. Perché l’innovazione può fare molto bene. Ma anche molto male, se usata senza etica.
(Articolo pubblicato originariamente nel 2020 e aggiornato al 06/04/2023)