Della sostenibilità si parla oggi in ogni modo possibile, ma è un argomento talmente vasto che si rischia di discuterne in modo generico. In questo articolo cercheremo di investigare questo tema ripercorrendo i passi che vanno dalle dichiarazioni generali alle applicazioni concrete.
Sostenibilità: i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite
Per trattare del tema della sostenibilità è opportuno riferirsi, come quadro concettuale complessivo, agli obiettivi di sviluppo sostenibile (“SDG”) delle Nazioni Unite (a questo link una buona introduzione in italiano). Si tratta di 17 obiettivi identificati in un meeting mondiale delle Nazioni Unite nel settembre del 2015 in cui è stata approvata l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. I 17 obiettivi, che sono ampi e a volte difficili da connettere a una precisa azione politica, sono poi declinati in 169 sotto-obiettivi con precise indicazioni sulle politiche da condurre. Se prendiamo, ad esempio, l’obiettivo 5 (raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze), vediamo che a questa finalità generale sono associati 9 sotto-obiettivi specifici (ad es., eliminare le pratiche dannose, come il matrimonio precoce e forzato e le mutilazioni genitali, e migliorare l’uso e l’accesso alla tecnologia, in particolare alla tecnologia dell’informazione e della comunicazione). In questo modo la sostenibilità passa dall’essere un obiettivo astratto e anche difficilmente misurabile, a una serie di misure di più immediata percezione e quantificazione.
Energia da fonti sostenibili e lotta al cambiamento climatico: l’interesse dei mercati finanziari
Gli SDG delle Nazioni Unite dovrebbero delineare, nel loro complesso, una cornice d’azione per i governi e le istituzioni di tutto il mondo. Occorre però constatare, realisticamente, che molti di questi obiettivi di sostenibilità rimangono lettera morta. A pochi governi interessa ridurre la povertà e le disuguaglianze, che la pandemia ha semmai enormemente accresciuto, o interessa anche solo garantire l’accesso a cibo e acqua potabile, obiettivi che sarebbero alla portata degli sforzi collettivi delle principali nazioni del mondo. Ben diverso è il destino di quegli obiettivi, come la produzione di energia da fonti sostenibili, e combattere il cambiamento climatico, che si connettono a trasformazioni epocali dei processi produttivi, dalla produzione di energia, ai trasporti, alla manifattura. Qui infatti il risvolto in termini di investimenti e ritorni economici è immediato e l’interesse dei mercati finanziari è dunque massimo. I green bond, i criteri ESG per gli investimenti ritornano ormai di frequente nei discorsi degli investitori, ed è questa la modalità concreta con cui si declina oggi la sostenibilità.
La necessità di una finanza sostenibile
L’aspetto su cui la sostenibilità si sta più dipanando è dunque quello della finanza sostenibile, nella sua accezione ambientale, sociale e di governance. Questa sostenibilità concerne sia i modelli di business degli intermediari finanziari, e quindi le loro strategie e organizzazione, sia l’insieme dei prodotti e dei servizi offerti, la cui creazione e distribuzione tiene sempre più conto dei criteri di sostenibilità. La necessità di un forte coinvolgimento del sistema finanziario nasce dalle dimensioni richieste per la trasformazione sostenibile dell’economia, un fiume di investimenti e dunque di finanziamenti sia da parte delle istituzioni pubbliche che del sistema finanziario, con un rapido aumento della componente green degli attivi finanziari. La crescita dei bond ESG o dei green bond è esplosiva, con emissioni complessive che superano, ormai, i mille miliardi di dollari.
Questa svolta verso gli investimenti sostenibili e comportamenti rispondenti a una maggiore coscienza dei diversi profili ESG è sicuramente benvenuta, sebbene occorra valutare quanto i comportamenti delle aziende non siano mirati solo ad acquisire opportunisticamente una reputazione “verde” (il famoso greenwhasing) ma siano realmente orientati a questi temi. Come ha osservato il Prof. Luciano Floridi: “Le aziende devono cominciare a capire che la sostenibilità non è un’aggiunta, una tinteggiatura di colore di un business che in fondo non cambia”.
Gli interventi normativi per favorire la sostenibilità
Dal canto suo, il mercato sta guardando con molto favore ai prodotti finanziari “verdi” sia perché apprezzati dai consumatori più attenti a temi ecologici, sia perché interessanti sotto il profilo della diversificazione del rischio. Le autorità possono contribuire a questo sviluppo sotto molti profili. Innanzitutto c’è un tema immediato di risorse pubbliche (si pensi al piano NextGenEU) che vengono investite in progetti di sostenibilità e che determinano a cascata la nascita di progetti sostenibili anche da parte del settore privato. In secondo luogo c’è un tema normativo: le leggi possono contribuire significativamente alla decarbonizzazione dell’economia. Gli interventi normativi possono riguardare molti ambiti. Uno degli esempi più diffusi è costituito dagli incentivi fiscali (si pensi al famoso 110% sulle ristrutturazioni a scopo di risparmio energetico) e dal parallelo uso di carbon tax per rendere più costosi prodotti e comportamenti inquinanti. Sui mercati finanziari si susseguono iniziative che riguardano la trasparenza delle informazioni da fornire sia nei bilanci sia nei prodotti venduti.
Che cosa fa l’Unione europea per la sostenibilità
L’Unione Europea è l’attore politico che più ha fatto su questo tema. Infatti, innanzitutto l’Unione ha posto la sostenibilità al centro del suo sviluppo. Questo non solo per rispondere alle richieste dei cittadini di una migliore qualità della vita, ma anche per mantenere la leadership industriale e istituzionale conquistata nel campo della finanza sostenibile. Negli ultimi anni le istituzioni europee sono state impegnate in una cospicua produzione normativa sul tema, con una serie di raccomandazioni pratiche e di indicazioni tecniche. Il senso di queste misure è promuovere una politica finanziaria che sostenga la transizione propugnata dall’accordo di Parigi. Particolarmente rilevante è l’Action Plan della Commissione Europea contenuto nella Comunicazione dell’8 marzo 2018 . Il piano fissava ambiziosi obiettivi tra cui la creazione di un sistema unificato di classificazione (la “tassonomia”) e lo sviluppo di una serie di azioni legislative per porre la tassonomia al centro dell’azione delle istituzioni e delle imprese. Il primo Delegated Act della Commissione sulla mitigazione del cambiamento climatico è stato formalmente adottato il 4 giugno 2021. Sebbene il flusso normativo sia ancora in pieno sviluppo, queste leggi segnano già un importante passaggio da una discussione generale sui temi di sostenibilità, a regole che possano concretamente indirizzare i comportamenti delle imprese, delle istituzioni, dei cittadini. Questa è la giusta direzione per conferire credibilità ed efficacia alle iniziative dei governi sui temi del cambiamento climatico.
Che cosa sono i criteri ESG
Un altro campo di grande fermento della discussione sulla sostenibilità è costituita dai criteri ESG, acronimo con cui si sintetizzano i criteri extra-economici che gli investitori analizzano per decidere se acquistare un certo strumento finanziario. Le banche, come le agenzie di rating e gli asset manager, valutano, nello scegliere un finanziamento o un investimento, anche la strategia dell’impresa sui temi ambientali (E), sociali (S, ad es., condizioni di lavoro, trattamento dei dipendenti, interazione con le comunità locali) e di governance (G: ad es., inclusività del board, presenza di amministratori indipendenti, norme anti-corruzione). Sebbene anche qui le strategie commerciali possano prevalere su effettivi cambiamenti nella cultura aziendale, il fatto che si valutino profili ESG nella scelta degli investimenti costituisce un indubbio passo avanti. Secondo uno studio della Consob, il patrimonio riferibile a fondi ESG domiciliati nella zona euro è passato da 250 miliardi nel 2015 a 660 miliardi di euro nel 2020.
La tassonomia UE e i criteri ESG sono due esempi di interventi concreti con cui le istituzioni e gli intermediari finanziari possono accelerare la decarbonizzazione dell’economia. Tuttavia, la disponibilità di risorse finanziarie è solo una fondamentale condizione necessaria ma non sufficiente per le rivoluzioni economiche e tecnologiche indispensabili alla transizione. Ciò che occorre è un flusso di innovazioni tecniche, nuove tecnologie, nuovi materiali e processi produttivi in grado di cambiare effettivamente il corso della attività economiche. Fondamentale sarà il ruolo delle tecnologie digitali in questo ambito. Per citare un esempio sempre del Prof. Floridi, vi sono già oltre cento progetti di intelligenza artificiale in grado di promuovere uno o più SDG. Finanziamenti, tecnologie, un quadro normativo efficace, devono esserci tutti gli ingredienti perché la sostenibilità possa davvero avanzare.