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Sostenibilità, innovazione e catena del valore: come creare supply chain sostenibili



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Nelle aziende il primo stadio del percorso di innovazione legato alla sostenibilità consiste nella creazione di catene di valore sostenibili. Quali passi fare e a quali esempi di supply chain ci si può ispirare? L’approfondimento

Pubblicato il 8 apr 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



Supply chain e sostenibilità
Supply chain e sostenibilità

Ed eccoci al terzo articolo di fila sul rapporto fra sostenibilità e innovazione. Chi ha perso i primi due, e non vuole perdere il filo, li trova qui e qui.

In particolare nel secondo articolo, sempre prendendo come spunto lo stesso testo pubblicato anni fa dall’Harvard Business Review, ho affrontato il tema di come rendere la compliance un’opportunità per innovare e conquistare spazi di mercato e non come una tegola che arriva all’improvviso sulla testa dell’impresa.

Supply chain sostenibili: come crearle

Parliamo ora degli altri stadi del percorso di innovazione legato alla sostenibilità, il primo dei quali consiste nella creazione di catene di valore sostenibili, che come ho già scritto in altre occasioni è un pallino di chi scrive.

Una prima possibilità di conciliazione fra innovazione e sostenibilità all’interno della supply chain consiste nell’impegnarsi a ridurre o ancora meglio a eliminare i consumi di materiali che provengono da fonti non rinnovabili, o che possono contenere sostanze tossiche o ancora che sono estratti o raccolti in modo non sostenibile. Questo approccio stimola la ricerca e la produzione di nuovi materiali, il che comporta spesso investimenti importanti ma rappresenta anche uno di quei tipici casi in cui l’innovazione non passa attraverso un miglioramento della performance del prodotto ma una sua realizzazione più sostenibile. Il che oggi viene riconosciuto da consumatori e utilizzatori come un plus sempre più importante, a cui spesso è associato anche un “green premium” e quindi la disponibilità a pagare un prezzo superiore.

Saper utilizzare i materiali: l’esempio del bambù

A volte però non si tratta di inventare un nuovo materiale ma di utilizzare meglio o più estensivamente le caratteristiche di quelli che esistono già. Un esempio fra questi è quello del bambù, che offre soluzioni straordinarie sia al settore dell’edilizia, non per nulla viene chiamato anche “acciaio vegetale”, e a quello dell’arredamento, oltre ad avere capacità elevate di assorbimento della CO2 in fase di crescita. Ecco un articolo che gli rende giustizia.

Ma, bambù a parte, è compito di ogni impresa che si vuole definire responsabile non dare per scontato che non esistano alternative ai materiali utilizzati consuetudinariamente e quindi iniziare la ricerca di alternative, magari intercettando quei fornitori più avanzati, ogni settore ne ha, e che quindi qualche ricerca l’hanno certamente già iniziata.

Ridurre gli sprechi: il caso dei resi nella moda

Un’altra modalità in cui si manifesta la migliore combinazione di sostenibilità e innovazione sta nell’orientarsi alla riduzione degli sprechi in tutti passaggi della propria supply chain, il che favorisce anche la riduzione dei costi per sé e per i propri fornitori. La riduzione degli sprechi va promossa anche nella fase di uso e di fine vita (ma io preferisco dire “nuova vita”) dei propri prodotti, il che avviene favorendo la circolarità, e infine nella gestione dei resi, che soprattutto nei canali digitali rappresenta una voce importante sia di costo che di impatto ambientale negativo.

Questo problema è particolarmente rilevante nel settore della moda dove l’abbondante quantità di resi di prodotti acquistati online, si stima un capo su cinque, rappresenta una grave causa di aumento di costi per le imprese, di aumento delle emissioni legate ai trasporti e infine di distruzione di materiali quando quei resi non sono recuperabili e i prodotti non sono stati disegnati per un recupero “facile” dei materiali stessi. Insomma, una “tempesta perfetta”.

Ma di fronte alla tempesta si può soccombere oppure innovare e questo è quello che sta facendo il gruppo logistico olandese Bleckmann, che ha creato un modello definito “circular solutions” e che vuole risolvere questo problema, facendone un business ovviamente. Bleckmann, infatti, offre un servizio completo in grado di dare una seconda vita ai capi di abbigliamento che vengono resi, raccogliendoli, selezionandoli, pulendoli, riparandoli, etichettandoli come “rinnovati” e poi commercializzandoli attraverso negozi sia online che fisici. Un ciclo completo di cui è difficile, tante sono, enumerare le virtù!

Avviare modelli virtuosi insieme ai fornitori

La consapevolezza ambientale e sociale nella ridefinizione della propria supply chain comporta anche l’avvio di modelli virtuosi di collaborazione con i propri fornitori, soprattutto in quei settori, si pensi al caffè o al cacao, dove la filiera è stata in passato strutturalmente basata sullo sfruttamento delle persone e della natura e quindi sulla distruzione di valore sociale ed ambientale. Questo stato di fatto ha creato una grande opportunità di innovazione, in questo caso di natura sociale, che ha permesso alle imprese più attente di quei settori non solo di mettersi al riparo dai rischi reputazionali, ma di creare un reale vantaggio competitivo, oltre che di “fare la cosa giusta”.

Un esempio virtuoso di collaborazione con i fornitori è certamente quello di Olio Carli, la B Corp che da lungo tempo attua un approccio che coinvolge profondamente i fornitori stessi nella ricerca della qualità e della sostenibilità (https://www.oliocarli.it/progresso-responsabile/filiera). Francamente, approfondire quello che Olio Carli fa vale più di un master sulla sostenibilità in una business school di grido.

La strada del “solidarity sourcing

Infine, fra le iniziative che le imprese possono realizzare sul fronte delle collaborazioni con i fornitori, ci sono quelle si ispirano al concetto di “solidarity sourcing”, che consiste nel promuovere la nascita, lo sviluppo o il rafforzamento di imprese locali che agiscono secondo i princìpi della sostenibilità e a cui viene offerta la “garanzia” di acquisto delle produzioni, se non il prefinanziamento delle stesse. Questo accade già oggi da parte dei Gruppi di acquisto solidali a favore di piccole imprese o cooperative agricole, ad esempio per gli agrumi, ma non c’è ragione per cui lo stesso approccio non possa essere praticato anche da grandi imprese, ed essere così innovative.

Al prossimo articolo per parlare degli altri stadi del percorso sostenibilità-innovazione!

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