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Sostenibilità e innovazione: come innovare il business model rendendolo sostenibile



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Lo sviluppo di nuovi modelli di business trova ragione d’essere in un uso più consapevole delle risorse. Partendo dai 10 tipi di innovazione individuati da Deloitte, ecco le tattiche che consentono alle aziende di trasformare l’offerta in opportunità di business agevolando la sostenibilità

Pubblicato il 6 mag 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



Sostenibilità e innovazione: i modelli di business
Sostenibilità e innovazione: i modelli di business (Foto di Riccardo Annandale su Unsplash)

L’ultima prospettiva che propongo sull’abbinamento fra sostenibilità e innovazione è quella che ha a che fare con lo sviluppo di nuovi modelli di business che trovano ragione d’essere in un uso più consapevole delle risorse. Ad esempio, tutta la sharing economy nasce da un migliore utilizzo delle risorse e lo stesso si può dire per il mercato dell’usato o quello del recupero dei materiali, come già accennato a proposito dell’elettronica con il caso della European Recycling platform di cui ho parlato qui. Lo stesso vale per la dematerializzazione e la digitalizzazione di prodotti e servizi, dove spesso il punto di partenza è la disponibilità di una nuova tecnologia ma la conseguenza può essere un processo d’acquisto e d’uso che impiega meno risorse (pensiamo alla rivoluzione vissuta dall’industria discografica). Queste opportunità, peraltro, permettono di disaccoppiare crescita economica e uso dei materiali, il che dimostra il fatto che è possibile che l’economia cresca, anche secondo le metriche tradizionali, cioè il GDP, senza che questo comporti un’ulteriore crescita dell’uso delle risorse del pianeta.

I dieci tipi di innovazione secondo Deloitte

Per introdurre questa tematica mi riferisco ad un framework proposto dal gruppo Deloitte e che si chiama Ten types of innovation.  A mio avviso rappresenta uno strumento straordinariamente efficace per aiutare le imprese a sviluppare prima la propria strategia di innovazione e poi il piano di azione che ne consegue. Per questa ragione l’ho utilizzato non solo nella mia esperienza manageriale ma anche come strumento didattico.

Questo framework è basato sul principio che l’innovazione si realizzi secondo dieci diversi “tipi” e cioè:

– il profit model, quindi il modo in cui le imprese trasformano la propria offerta in un’opportunità di business;

– il network, quindi come le imprese interagiscono con altre organizzazioni per trarre vantaggi dalla loro attività;

– la struttura, cioè il modo in cui le imprese organizzano i loro asset materiali ed immateriali;

– i processi, quindi le attività e le operazioni che permettono alle imprese di realizzare la propria offerta;

– la product performance, cioè la capacità del prodotto di creare valore aggiuntivo dal punto di vista materiale od immateriale, quindi funzionale e/o emozionale;

– il sistema di prodotto, che ha a che fare con il modo in cui il prodotto si integra in un sistema di prodotti e servizi in grado di massimizzare l’attrattività della propria offerta;

– il servizio, cioè quanto permette di enfatizzare l’utilità, la performance e il valore della propria offerta;

– il canale, cioè il modo in cui i prodotti vengono resi disponibili ai clienti;

– la marca, quindi l’insieme dei valori che vengono associati alla propria offerta in modo tale da farla preferire a quella dei concorrenti;

– il customer engagement, quindi il modo in cui si crea una relazione con i clienti che favorisca una forte connessione con gli stessi.

A ciascuno di questi tipi di innovazione fanno riscontro le cosiddette tattiche di innovazione e le 100 proposte da questo framework sono pratiche note e già applicate in alcuni settori, nei quali sono spesso scontate, ma che possono ispirare l’innovazione in altri (del tipo:” Ma come ho fatto a non pensarci prima?”). La considerazione di queste tattiche rappresenta di fatto uno stimolo alla creatività, senza escludere che la stessa porti a identificarne altre non considerate dagli autori del framework, che infatti invitano ad andarle a scoprire.

Impresa for good e sostenibilità: le opportunità di innovazione attraverso il Profit Model

Venendo a noi, per ognuno di questi tipi ci si può chiedere in che modo è la sostenibilità a fornire uno spazio di potenziale innovazione, e nel nostro caso ci concentriamo su quelle offerte dal “Profit model” (che va utilizzato come sinonimo di Business model).

Ecco quindi alcuni spunti, riferiti alle diverse tattiche di innovazione che afferiscono al Profit model.

Disaggregated price

Questa tattica consiste nel disaggregare il prezzo di un prodotto o di un servizio permettendo al cliente di pagare solo ciò che effettivamente desidera o utilizza. L’esempio più elementare è quello delle bottiglie in vetro per le bevande, per le quali viene pagata una cauzione che viene restituita quando viene restituita la bottiglia. Applicandola all’economia circolare questa tattica può essere utilizzata facendo pagare solo quelle componenti del prodotto che vengono effettivamente utilizzate e non quello che può essere restituito a fine vita perché riutilizzabile, ad esempio il packaging e, perché no, anche alcune componenti. In questo modo si riduce lo spreco, e si offreal cliente un valore aggiunto sia in termini economici che di sostenibilità.

Installed base

Questa tattica consiste nell’offrire la base per l’utilizzo di un prodotto, spesso a un prezzo particolarmente vantaggioso, con l’obiettivo di vendere con continuità quelle componenti che invece devono essere cambiate frequentemente. È il caso “storico” del rasoio e delle lamette, o delle macchine per il caffè e delle capsule. In riferimento alla sostenibilità, questa tattica può essere considerata come base per progettare prodotti che invece di essere interamente buttati dopo l’uso permettono al cliente di sfruttare alcune loro componenti per usi successivi.

Flexible pricing

Questa è una tattica basata sul variare i prezzi in base alla domanda. Nel nostro caso potrebbe essere attuata per i prodotti alimentari vicini alla scadenza o per quelli di fine serie, evitando che i primi vengano distrutti e i secondi diventino obsoleti, quindi invendibili e a loro volta distrutti. Ancora questa tattica può essere riferita all’adattamento dei propri prezzi al profilo di sostenibilità del cliente. Un esempio di questo è quanto sta accadendo nel mercato finanziario, dove diversi operatori stanno modulando le proprie condizioni in rapporto alla riduzione delle emissioni o ad altre azioni di sostenibilità messe in atto dalle imprese, visto che queste riducono i rischi subiti dalle stesse.

Metered Use

Questa tattica è alla base della shared economy, ad esempio nell’ambito della mobilità: si paga solo per l’utilizzo effettivo che si fa di un prodotto. Questa tattica può portare ad un utilizzo ottimale di un prodotto per tutta la durata della sua vita, e con esso ottimizzare anche il rendimento dei materiali e dell’energia che è stata utilizzata per realizzarlo, evitando che diventi obsoleto senza essere stato “sfruttato” sino in fondo. La domanda da pori è quindi: nel mio mercato esistono opportunità di condividere i beni anziché farli acquistare?

Premium

Questa tattica consiste nel chiedere un prezzo più alto in funzione della superiorità della propria offerta. Nello specifico è possibile posizionare prodotti rispettosi della biodiversità o provenienti da agricoltura rigenerativa ad un prezzo più alto di quello dei prodotti tradizionali, come accade già spesso per i prodotti organici. È il cosiddetto e già citato “Green premium” (vedi QUI)  che peraltro può essere applicato non solo a prodotti che rispettano i principi della biodiversità ma anche ad altri che sono caratterizzati dal rispetto degli altri macro-temi legati alla sostenibilità ambientale, e cioè la circolarità e la decarbonizzazione.

Infine, ai più curiosi suggerisco la lettura del libro sui Dieci Tipi di Innovazione e un bel brainstorming su come applicarli alla propria impresa nell’ottica dell’innovare diventando più sostenibili. Credo che le soddisfazioni non mancheranno!

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