Innovazione e sostenibilità, il momento è adesso. Perché la situazione è matura, nel bene e nel male, e perché stanno per arrivare ingenti risorse dall’Europa: innovazione tecnologica e transizione ecologica sono i pilastri del cambiamento che dovrà farci ripartire dalla Grande Crisi Coronavirus.
Mi ha colpito l’immagine che un tg della sera ha mostrato alla vigilia della Giornata Mondiale della Terra, 22 aprile: cataste di biciclette abbandonate in Cina. Ecco la bolla del bike sharing, dicevano, paragonandola addirittura a quella dei tulipani nell’Olanda del 600. Dei “cimiteri” di biciclette si parla da qualche anno e quella bolla, per fortuna, non ha certo prodotto una crisi del capitalismo come accadde qualche secolo fa nel nord Europa.
La relazione fra innovazione e sostenibilità
Quell’immagine male interpretata mostra quanto fraintesa sia ancora la relazione fra innovazione e sostenibilità, fra tecnologie e protezione dell’ambiente, al netto di inevitabili fallimenti ed umani errori. Il bike sharing, come altre forme di mobilità sostenibile, fa bene alle città. Le speculazioni e le gestione indifferente a ogni valutazione di impatto fanno male ma non devono cancellare la bontà dello strumento.
È una relazione forte, necessaria e indissolubile quella fra innovazione e sostenibilità. Per questo su EconomyUp sempre più spesso diamo spazio e attenzione ai progetti imprenditoriali e alle tecnologie digitali che possono rendere il mondo un posto migliore, e non solo a livello ambientale, perché la parola sostenibilità comprende uno spettro più ampio di responsabilità: economica, sociale, culturale. Nella newsletter speciale che abbiamo deciso di inviare ai nostri lettori il 22 aprile c’è una selezione di contenuti utili per entrare in questa dimensione.
Quello che ci ha fatto vedere la pandemia
La Giornata della Terra quest’anno cade in un momento particolare delle nostre vite: quello che potrebbe accadere è una funzione di quello che saremo capaci di fare nei prossimi anni, non certo decenni. La questione ambientale non è certo cosa nuova ma siamo arrivati a un punto di svolta, allo stesso tempo rischioso ma per questo anche ricco di opportunità.
La pandemia ci ha messo in qualche modo con le spalle al muro. Da quella posizione abbiamo scoperto che tante cose si possono fare diversamente da come siamo abituati, riducendo la nostra impronta ambientale, grazie anche alla maggiore diffusione delle tecnologie digitali. Ma abbiamo anche capito quanto pericoloso possa essere ritrovarsi in un ambiente “consumato” in cui aumentano le aggressioni e diminuiscono le nostre difese. La paura dei virus sarà probabilmente la nuova “minaccia nucleare” dei prossimi decenni.
Dall’economia verde alla transizione ecologica
Di economia verde si parla almeno da 15 anni, quando prese forma l’idea che i cambiamenti climatici avrebbero prodotto un impatto negativo sulla ricchezza delle nazioni. Ma gli economisti studiano gli effetti della termodinamica sulla dimensione economica dagli anni Dieci del secolo scorso e dagli anni Settanta comincia a prendere forma il concetto di sostenibilità. La cultura “verde” ha quindi radici antiche e ha conosciuto persino momenti di consenso politico, in Italia e non solo, ben superiore a quello attuale. Le aziende più avvertite hanno cominciato da tempo la loro “transizione ecologica”, vista che di summit sul clima ce ne sono stati numerosi.
Perché adesso? La combinazione dei fattori
Che cosa c’è, quindi, di diverso adesso? Perché nessuno non può (e non vuole più) non dirsi alla ricerca della sostenibilità, ormai stella polare di ogni di qualsiasi visione strategica e di ogni piano aziendale? Perché, come spesso capita nella storia, le cose accadono quando fattori diversi, già presenti nello scacchiere del mondo, arrivano a congiunzione. Riscaldamento globale + tecnologie digitali + diseguaglianze socioeconomiche + sovrappopolazione e concentrazioni urbane + cambio generazionale: la miscela di ingredienti è vicina al punto di ebollizione ed è il momento di togliere il coperchio con una strategia per rimetterli in equilibrio e un sistema di valori in grado di assicurare un orizzonte temporale di stabilità economica e benessere sociale quanto più possibile diffuso. Quello che chiamiamo semplicemente futuro.
Le tecnologie digitali stanno mostrando il meglio e il peggio della globalizzazione. Serve quindi una nuova leadership in grado di prendere il meglio ed evitare il peggio. Sono, le tecnologie, uno straordinario acceleratore di cambiamenti che, se correttamente gestiti, possono davvero rendere il mondo un posto migliore. Come dice Luciano Floridi nell’intervista esclusiva a Economyup, l’Intelligenza Artificiale può salvare il pianeta, ma solo se ci saranno i “colletti verdi”, uomini in grado di usare al meglio gli algoritmi senza timore e senza pregiudizi.
I costi e il valore di mercato della sostenibilità
Se il momento è adesso, è perché essere sostenibili sarà anche un costo ma è soprattutto un nuovo valore di mercato, come ormai dicono tutte le ricerche sui sentimenti e i criteri di acquisto delle Generazioni Z, Alpha e le altre che verranno con gli anni e con l’alfabeto. Se importanti siti di ecommerce che vendono abbigliamento, aprono anche l’angolo del second hands, qualcosa vorrà dire. E sarebbe riduttivo spiegare tendenze come questa con la crisi economica e la riduzione della capacità di spesa e quindi come un fenomeno passeggero.
Se riusciremo, aziende, istituzioni, cittadini a proteggere l’atmosfera, gli oceani e i ghiacciai non proteggeremo solo l’ambiente. Ma creeremo le condizioni per un mondo migliore e per una nuova economia che, al momento, definiamo circolare. Se ben comprese e utilizzate le tecnologie digitali possono fare molto, perché permettono di ridurre il costo della sostenibilità e aumentarne il suo valore. A vantaggio di tutti.