TAKEAWAY

Si può fare innovazione nelle PMI? Sì, la dimensione è un alibi e la storia può diventare un vantaggio



Indirizzo copiato

Fare innovazione non è esclusiva delle grandi aziende o delle startup. “La dimensione è un alibi”, dice il CEO di Pelliconi, multinazionale tascabile da 300 milioni. E l’anzianità non è sempre un freno. Avverte Pietro Sella: “È più facile far comprendere le novità facendo riferimento al passato che cercando di spiegare il futuro”. La G-local…

Pubblicato il 8 lug 2024



PMI e innovazione

Si può fare innovazione nelle PMI? La risposta di Marco Checchi, CEO di Pelliconi, è secca e decisa: “Sì, la dimensione è un alibi”. E l’innovazione può germogliare anche lì dove c’è una storia, una tradizione che non necessariamente devono essere un freno. Anzi. Dice Pietro Sella, CEO del gruppo che porta il nome della sua storica famiglia: “È più facile far comprendere le novità facendo riferimento al passato che cercando di spiegare il futuro”.

Il tema “innovazione nelle PMI” non è da poco, se pensiamo alla maggioranza delle aziende italiane, medio-piccole e di antica costituzione, che ancora fanno fatica ad affrontare in maniera convinta e strategica percorsi di innovazione, pensando magari che sia solo un affare delle corporate. Pelliconi, circa 300milioni di fatturato, 700 dipendenti, è una di quelle che si chiamano multinazionali tascabili: leader mondiale nella produzione di tappi, di qualsiasi genere. Miliardi di coperture prodotte per tutti i continenti. e sono tante le aziende italiane campioni globali nei loro segmenti.

Innovazione nelle medie aziende, perché è necessaria

Checchi è stato ospite di InnovationWeekly (qui è possibile rivedere l’incontro su Linkedin) e ha spiegato perché non si può restare campioni se non si fa innovazione.

In sintesi:

  • Qualità e affidabilità del servizio non sono più sufficienti per guadagnare quote di mercato (“Il nostro prodotto è una commodity, se i nostri clienti continuano a preferirlo anche se magari costa di più della concorrenza è per la nostra capacità di innovare”)
  • La nuova globalizzazione non è per i campioni dell’export ma per chi riesce a portare la produzione dove sono richiesti i prodotti. E per fare questo, che significa stabilimenti produttivi in contesti diversi, serve grande flessibilità che può venire solo dall’innovazione di processo (non basta quindi solo quella di prodotto)
  • L’innovazione non è esclusiva di un team ma deve essere diffusa una azienda (“Vogliamo arrivare a 700 persone che pensano all’innovazione”) e non necessita di investimenti milionari (“È una cultura, una mentalità che si devono respirare tutti i giorni in azienda“)

Le aziende longeve e la G-local open innovation

L’Italia non è solo il Paese con la popolazione più vecchia del mondo dopo il Giappone, na può vantare anche un primato nella longevità imprenditoriale. Un dato decisamente positivo, da un lato (ci dice che le aziende hanno dimostrato di avere capacità di restare sul mercato nel tempo), che dall’altro spiega la scarsa propensione all’innovazione del tessuto economico nazionale. Ma non è detto che la storia e la tradizione debbano essere necessariamente una zavorra.

“Guardo costantemente avanti, è un atteggiamento radicato nella mia educazione familiare tramandata attraverso 14 generazioni. In 450 anni di storia l’unica costante è il cambiamento”, scrive Pietro Sella in un’analisi sulla G-local Open Innovation preparata dal Gruppo che guida per raccontare come sia possibile dare un nuovo orizzonte all’open innovation, partendo dai territori (lì dove sono le piccole e medie aziende) e dalla tradizione.

“Un immobile, simbolo dell’antico, si è trasformato in un’icona del Fintech”, porta ad esempio Sella facendo riferimento all’esperienza di Sellalab, cominciata nel 2013 dalla trasformazione del lanificio di famiglia a Biella, inattivo da anni, e cresciuta lavorando sulle potenzialità di un territorio provato dalla crisi della produzione tradizionale ma con un importante potenziale economico.

Gli “Innovation District” nei territori per le PMI

Ci sono tre tipi principali di “Innovation District”: Urbanized Science Park, Anchor Plus Model e Re-Imagined Urban Area. Sellalab si è spirato a quest’ultimo e oggi è un ecosistema con 5 sedi in Italia (da Salerno a Torino, prossimo apertura), decine di partner, oltre 450 startup supportate e 33 incubate con alcuni casi di successo (Hype probabilmente è il più noto) per diffondere e sostenere l’innovazione nelle PMI.

“Quando ci abbiamo provato con Sellalab, nessuno ci ha creduto. Il mondo delle startup era considerato rischioso e pericoloso, ma abbiamo perseverato”, dice Sella. “Alla fine, abbiamo dimostrato che potevamo trasformare le sfide in successi”.

Le dimensioni sono un alibi, quindi. Ma anche l’età lo è. L’innovazione non è opzione praticabile solo per i giganti o i giovani, le grandi imprese o per le startup. Non è mai troppo tardi per cominciare. È sempre possibile ed è sempre più necessario per evitare di imboccare la strada del declino.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3