INNOVAZIONE & DIRITTO

Sharing economy e fisco, sarà un autunno caldo per AirBnb in Italia

La piattaforma degli affitti a breve ha ottenuto una proroga al 16 ottobre per cominciare a pagare la nuova tassa del 21%, diventando così sostituto d’imposta dei proprietari. Ma non è ancora chiaro che cosa succederà. È il primo caso di regolamentazione per l’economia della condivisione. O meglio per l’on demand economy

Pubblicato il 22 Ago 2017

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Sarà un autunno caldo per AirBnb. Se tutto va come stabilito, il colosso degli affitti a breve termine dovrebbe iniziare a pagare le tasse allo Stato italiano sulle proposte immobiliari che appaiono sulla piattaforma digitale. Ma la multinazionale americana, così come analoghe realtà interessate dal provvedimento, sembra non aver intenzione di adempiere alla legge, operativa da giugno scorso. In ballo ci sono le regole sulla sharing economy, l’economia della condivisione figlia della trasformazione digitale che sta portando disruption nei più svariati settori.

Sharing economy, cos’è e quali sono le aziende che hanno avuto successo

In realtà sono in molti a ritenere che AirbBnb abbia poco a che fare con la sharing economy, in quanto gli appartamenti sulla piattaforma non vengono condivisi a titolo gratuito ma affittati con ricavi a favore di proprietari e intermediari. Piuttosto AirBnb è riconducibile alla on demand economy. È comunque un fatto che l’ampia area di servizi etichettati, più o meno a ragione, come sharing economy, ha vissuto finora in un limbo di non-regole proprio a causa della sua natura innovativa e quindi difficilmente inscrivibile in un quadro di regole già esistenti. Ma le norme cambiano e adesso, anche per AirBnb,  andrà valutata  la ratio e l’effettiva efficacia delle proposte contenute nella “manovrina” di primavera. Ecco su che cosa è in corso il braccio di ferro.

Sharing economy, tutte le parole per dirlo

Che cos’è la cosiddetta tassa Airbnb

Consiste nell’obbligo per gli intermediari degli affitti turistici (digitali e non) di trattenere le imposte dovute dai proprietari di casa e versarle all’Erario. Riguarda quindi AirBnb ma anche la concorrente Homeaway, così come potrebbe riguardare Booking.com, piattaforma di prenotazioni turistiche (che però sostiene di non aver niente a che fare con la norma) e le 20mila agenzie iscritte alla Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali (Fiaip). La norma è apparsa nella manovrina di correzione dei conti pubblici da 3 miliardi di euro risalente allo scorso aprile. È una stretta dell’Agenzia delle Entrate sugli affitti brevi, ovvero quelli di durata inferiore ai 30 giorni: da un lato viene stabilita la necessità di pagare la cedolare secca del 21% anche per questo tipo di locazioni; dall’altro lato, la ritenuta del 21% deve essere gestita direttamente dagli intermediari, anche quando questi operino attraverso portali online. In altre parole, Airbnb diventa sostituto d’imposta: al momento stesso del pagamento, tocca al portale trattenere l’importo relativo alla cedolare secca, che dunque sarà sottratto automaticamente dalla cifra che riceverà l’host. Poi sarà sempre il portale a dover versare questa somma all’erario.

♦ LA PROTESTA DI AIRBNB – Da subito il gigante degli affitti a breve termine si è ribellato contro la norma. “Il meccanismo del sostituto d’imposta rischia di minare l’efficacia stessa della normativa”, aveva spiegato, prima dell’approvazione del provvedimento, Alessandro Tommasi di Airbnb Italy in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. “Negli ultimi 12 mesi sono arrivati in Italia grazie ad Airbnb 5 milioni e 856mila turisti, con una permanenza media alta, pari a 3,7 notti circa a soggiorno – ha ricordato il manager – Con un calcolo piuttosto semplice, possiamo contare quindi circa 20 milioni di presenze turistiche. Crediamo che sarebbe auspicabile una profonda modifica tanto nelle definizioni, quanto nei meccanismi previsti”. Poi il provvedimento è stato approvato, ma la multinazionale degli affitti brevi ha continuato a fare resistenza sostenendo che i tempi per l’applicazione della normativa sono troppo stretti.

I tempi della nuova legge

In effetti la tempistica delle nuove norme è stata particolarmente rapida. La legge è operativa da giugno 2017. Il 12 luglio l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una circolare con le indicazioni per adottare il sistema della cedolare secca, definendo come scadenza per i primi versamenti il 17 luglio. “Lo Stato ci ha messo due anni per ideare la norma e adesso ci chiede di adeguarci in un fine settimana”, hanno replicato AirBnb e gli altri interessati, dicendo chiaramente di non poter rispettare la legge perché il tempo per mettersi in regola era troppo poco. A inizio agosto è arrivata la proroga ufficiale del governo fino al 16 ottobre: in sostanza le trattenute andranno effettuate a partire da settembre (gli incassi 2017 per il Tesoro passeranno così da 7 a 3 mesi – dicembre si paga a gennaio). Resta da capire cosa succederà da qui al 16 ottobre.

I tentativi di regolare la sharing economy

L’Italia sta lavorando da più di un anno per regolamentare AirBnb e affini.

Sharing economy, che cosa c’è nella proposta di legge

Nella primavera del 2016 l’Intergruppo Parlamentare per l’Innovazione aveva presentato un testo di legge al riguardo. Nel testo si dava una definizione di economia della condivisione e si definivano i tipi di tassazione da applicare. Ma il provvedimento non è mai stato finora approvato nella sua interezza.

In Italia Airbnb conta 300mila annunci . La maggior parte di chi affitta su Airbnb lo fa per meno di 60 notti all’anno per un guadagno complessivo di 395 milioni di euro.

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