Da un’industria come Saipem, determinata a recuperare terreno sul fronte dell’innovazione, nasce un esperimento, di per se stesso innovativo, per “incubare” idee e individuare risposte alle nuove sfide imprenditoriali. Il progetto si chiama la “Fabbrica dell’Innovazione” ma ha poco a che fare con le fabbriche come le abbiamo conosciute nei secoli scorsi, si autodefinisce un “incubatore di idee” ma non c’entra con gli incubatori di startup così familiari all’ecosistema e si dice pronta a “sviluppare risposte discontinue alle sfide del settore”. In quel termine – “discontinue” – è già contenuto un elemento di disruption. “Le risposte alle sfide intendono essere discontinue come approccio e come metodologia di lavoro” spiega Antonio Careddu, Executive Vice Presidente (EVP) Strategie, Innovazione e ICT di Saipem. Dopo una laurea in ingegneria conseguita presso il Politecnico di Milano, Careddu ha maturato una lunga esperienza nel settore dell’oil&gas, prima in Snamprogetti, poi in Saipem in giro per il mondo, in particolare presso Saipem SA (controllata del gruppo con sede in Francia) dove ha ricoperto il ruolo di Coo (Chief Operating Officer), Chairman e Ceo (Chief Executive Officer). In Saipem S.p.A dal 2013 al 2015 è stato Senior Vice President Qualità e da novembre 2015 è Executive Vice President Strategie, Innovazione e Sistemi.
ALLE RADICI DEL PROGETTO
La premessa da cui è partito il management è molto semplice: il settore energetico attraversa un momento di grande trasformazione. Saipem è uno dei leader mondiali nei servizi di perforazione, ingegneria, approvvigionamento, costruzione e installazione di condotte e grandi impianti nel settore oil&gas a mare e a terra. Un business consolidato ma, come tutti, soggetto in questo periodo storico a profondi cambiamenti. La crescente domanda di energia richiederà da un lato la capacità di realizzare progetti tecnologicamente avanzati a costi contenuti e dall’altro lo sviluppo di fonti alternative per far fronte alle nuove esigenze dei clienti. “Saipem è attrezzata per affrontare le nuove rotte di navigazione?”, si deve essere chiesto più di un manager ai piani alti. “Il nostro settore industriale – ammette Antonio Careddu – è molto tradizionalista e molto più difficile da far penetrare dall’innovazione rispetto all’industria manifatturiera, al retail, all’automotive o all’aerospaziale dove negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante”. Come quasi tutte le grandi aziende, Saipem un suo reparto Research & Development ce l’ha. “Ce l’ha e continuerà ad averlo. Il nostro R&D si occupa di progetti incrementali e a lungo termine. Ma oggi – sottolinea Careddu – si pone il problema di ripensare l’innovazione”. E questo significa anche ripensare le modalità e i tempi attraverso i quali la si ottiene.
UNA SQUADRA “CROSS-FUNZIONALE” DI 50 DIPENDENTI TRENTENNI
La Fabbrica dell’Innovazione, spiega Saipem, si caratterizza innanzitutto per “una squadra cross-funzionale di giovani, selezionati dall’interno dell’organizzazione in base alla propensione all’innovazione e alla collaborazione, chiamati a mettere a frutto le diverse esperienze, conoscenze, professionalità, e soprattutto creatività”. In pratica sono stati selezionati giovani dipendenti – età media 30 anni, ma ce ne sono anche di più anziani – provenienti da vari ambiti di lavoro, dagli ingegneri agli avvocati ai periti tecnici, tutti caratterizzati da una sorta di invisibile bollino blu: la propensione all’innovazione.
COME È STATO FATTO LO SCOUTING ALL’INTERNO DELL’AZIENDA?
Per scegliere il gruppo di innovatori è stata fatta attività di scouting all’interno dell’azienda, identificando coloro che possedevano skill innovative e che avevano desiderio di partecipare all’iniziativa. A fungere da torcia in grado di illuminare i soggetti più innovativi è stato l’Idea Innovation Challenge, un contest che si tiene ogni anno in Saipem: attraverso il social network aziendale viene lanciato un progetto su un tema specifico e chiunque nel grande mondo Saipem (società attiva in 40 Paesi con oltre 40mila addetti) può candidarsi e prendervi parte. “Abbiamo scoperto – spiega l’Executive Vice President – che alcuni avevano talenti inaspettati magari non utilizzati nella vita privata”. Con il supporto del reparto HR sono state arruolate per “La Fabbrica dell’Innovazione” 50 persone suddivise in tre cluster: i visionari, caratterizzati da creatività, passione, ottimismo, freschezza; i progettisti, dotati di capacità di analisi, problem solving , pragmatismo, perseveranza; e i connettori, quelli più aperti, dotati di skill comunicative e carisma, flessibili e in grado di prendersi rischi.
UN NUOVO INNOVATION LAB A SAN DONATO MILANESE
Il luogo di lavoro è fisico e virtuale insieme. Si tratta di un nuovo innovation lab presso la sede di Saipem di San Donato Milanese, dotato di tecnologie all’avanguardia, che permetterà anche ai colleghi delle diverse sedi nel mondo di contribuire attivamente al processo. La squadra, già operativa da un mese, si può riunire virtualmente sul social network aziendale, collegandosi anche da casa o dall’estero, così come può ritrovarsi nello spazio fisico predisposto ad hoc. Per l’occasione è stato allestito un ambiente confortevole e attraente, con colori ed elementi di arredo scelti con cura. Non un angolo che ricostruisse banalmente l’ambiente dell’ufficio, ma uno spazio diverso e in più dotato di tecnologie e asset informatici di vario tipo.
UN GRUPPO PORTATORE DI INNOVAZIONE VIRALE CONTRO LE KILLER IDEAS
Naturalmente alla squadra de “La Fabbrica dell’Innovazione” è stato concesso di lavorare in maniera diversa rispetto all’impostazione tradizionale. Tutti mantengono il tipo di occupazione che svolgevano in precedenza con gli impegni ad essa correlati, ma si devono anche dedicare al nuovo progetto. Smart Working? Careddu preferisce non chiamarlo così, ma sottolinea che è stata concessa ai giovani innovatori ulteriore flessibilità e che, durante la giornata, possono dedicare liberamente alcune ore alla Fabbrica. “In questo tipo di iniziative – rileva – quello che cambia è l’approccio : non misuriamo più il lavoro in base al tempo di permanenza in ufficio, ma le performance sono più orientate al risultato”. A questo punto tutti i membri della squadra hanno una sorta di doppio lavoro. Problemi in azienda? “La prima reazione dei capiufficio avrebbe potuto essere di contrarietà – dice Careddu – invece abbiamo avuto ottime sorprese: si sono resi conto che tutto questo permette anche a loro di rimanere allineati alla frontiera dell’innovazione. Non abbiamo sottratto risorse ai reparti, le abbiamo lasciate all’interno, ma nel frattempo queste risorse fungono da catena cinematica e diventano in qualche modo portatori di innovazione virale. Sappiamo che uno dei principali ostacoli all’innovazione è il comportamento umano: ci sono sempre quelli che dicono “Sì, ma…”, oppure “Si è sempre fatto così” o ancora “Quanto ci costerà?”. Le chiamiamo le “killer ideas”, perché in grado di uccidere un’iniziativa sul nascere. I giovani innovatori possono diventare i facilitatori del cambiamento di mentalità”.
FAIL FAST, FAIL CHEAP SOTTO LA GUIDA DI SENIOR SPONSOR
“La Fabbrica dell’Innovazione” prevede un nuovo approccio metodologico che consiste nell’identificazione di sfide particolarmente rilevanti per Saipem, affidate alla guida di “senior sponsor” interni, oltre alla contaminazione di esperienze, metodologie e tecnologie disruptive utilizzate con successo in settori industriali cui l’azienda non è tradizionalmente legata. In pratica ai tre gruppi di lavoro presenti in squadra viene proposta una rosa di temi sui quali riflettere per poi elaborare idee e proposte. “Non ci aspettiamo che tutte le idee diventino operative – chiarisce Careddu – l’importante è che siano all’insegna del motto ‘Fail fast, fail cheap’. Incoraggiamo a produrne tante e anche a sbagliare. In passato ci sono stati casi in cui prima si faceva uno studio funzionale, poi le specifiche, ci si metteva 2 o 3 anni, il progetto costava molto e alla fine non ci si ricordava nemmeno più chi l’aveva richiesto. La rapidità deve essere premiata. Per questo, dopo che nella Fabbrica viene fuori l’idea,occorre fare un proof concept, se funziona si fa uno scaleup, e se non funziona si elimina subito l’idea. Se invece il proof of concept risponde a requisiti di produttività, commerciabilità e redditività si può passare alla fase di realizzazione”. I senior sponsor sono direttori che monitorano l’esecuzione dell’idea: sono loro che affidano ai giovani i temi sui quali lavorare perché sanno di cosa l’azienda avrebbe bisogno ma spesso non sanno in quale modo e per quali vie. Poi naturalmente dal team possono venire altri spunti. Dopodiché periodicamente i progetti vengono condivisi a livello di comitato direttivo dell’azienda. Esiste il rischio che i senior siano legati a una mentalità poco innovativa? “Sì – ammette Careddu – ma in questo caso ci sono gli enabler che intervengono. Si tratta di tre soggetti che noi consideriamo facilitatori perché devono riuscire a mettere insieme le persone e creare un ambiente positivo”.
IL RAPPORTO CON UNIVERSITÀ E STARTUP
La Fabbrica dell’Innovazione ha “una spiccata attitudine” a relazionarsi con i centri di eccellenza esterni e perciò promuove la collaborazione con Università, Centri di Ricerca e startup, nonché con la rete consolidata di aziende che lavorano con Saipem in Italia e all’estero. Cosa significa? Per adesso il team ha appena iniziato i lavori. Al momento sono in corso incontri con le Università con le quali Saipem è già da anni in rapporti di collaborazione (tra queste il Politecnico di Milano). Altri incontri stanno avvenendo con startup nazionali e internazionali che operano principalmente nei settori Internet of things, realtà aumentata, tecnologie per costruire fabbriche sottomarine, machine learning, wearables. Come si svilupperanno eventuali collaborazioni? “Per il momento la Fabbrica dell’Innovazione è ancora in fase embrionale – dice Careddu – ma contiamo di individuare metodologie e rapporti evoluti con fornitori, startup e partner tecnologici. Vedremo. L’obiettivo principale è creare un ecosistema di crescita e know-how, per ora puntiamo a fare rete. Abbiamo già una rete di fornitori cresciuti con noi e con i quali abbiamo realizzato innovazioni. La nostra idea è che la fabbrica non sia chiusa, ma sia aperta anche a partner che vogliono condividere con noi in modalità di open knowledge”.