Un’opportunità per trovare soluzioni innovative che vengano incontro alle esigenze di lavoratori e aziende alle prese con modelli di lavoro sempre più fluidi e smart. È questa Innovate4SmarterWork, la call lanciata da Marzotto Venture Accelerator in collaborazione con Phygiwork e i partner Cisco, Mashfrog Group e Terna per la quale ci si può ancora candidare. Il CEO di Phygiwork Roberto Guida, a pochi giorni dalla chiusura del periodo di raccolta delle proposte, fa un bilancio provvisorio dell’iniziativa, ricordando l’idea da cui è scaturito il contest: “Un’idea complementare rispetto ai soggetti coinvolti per cercare di investire nell’innovazione legata ai processi di adeguamento al cambiamento nell’ambito dell’employee management accelerato dalla pandemia” sottolinea Guida. Innovate4SmarterWork, quindi, punta a mettere insieme le istanze di maggiore indipendenza dei lavoratori, che si traducono soprattutto nella volontà di ridurre il tempo trascorso nella sede aziendale, con quelle delle organizzazioni che devono declinare le loro politiche di engagement in contesti di smart working che non necessariamente coincidono con l’home o il remote working caratterizzati talvolta da problemi di connessione, di concentrazione, di gestibilità degli spazi e di stress causato dall’isolamento.
Con quali criteri sono state scelte le 5 aree progettuali – Productivity, Interaction & Connection, Human Resource Engagement, Well-being, Phygital Working – oggetto di Innovate4SmarterWork?
Ogni volta che insieme a Marzotto Venture Accelerator proponiamo delle call ci piace dire che sono multipurpose e multiplayer. Nel caso di Innovate4SmarterWork, la definizione delle 5 key focus area è stata frutto di una condivisione all’interno di un modello di open innovation, a mio parere unico, che ha incrociato fabbisogni e interessi dei singoli partner per giungere alla fine, dopo un lavoro di rielaborazione, alle challenge rivolte ai candidati.
Quali tra le key focus area previste hanno raccolto il maggior numero di proposte?
Sicuramente l’area a cavallo fra la gestione delle risorse umane, cioè l’human resource engagement, e il well-being. La fortissima esigenza delle aziende, e di conseguenza la risposta in termini di offerta di soluzioni, oggi si concentra su come garantire l’employer branding nello svolgimento dell’interazione tra lavoratore e azienda, visto che è venuto un po’ meno per la mancanza di prossimità fisica dovuta allo smart working. Al centro, il tema è quello della riconquista del dipendente, del suo senso di appartenenza e del suo benessere complessivo, a cui si collegano gli strumenti che favoriscono questi aspetti insieme a tutti quelli in grado di riportare un equilibrio identitario fra persona e azienda.
La vostra iniziativa è rivolta a startup, spin-off universitari, PMI e a tutti gli innovatori in generale. Si può tracciare un profilo del candidato ideale tra questa pluralità di potenziali partecipanti alla call?
Hanno risposto soprattutto quei soggetti che hanno una forte componente di focalizzazione di marketing sull’esperienza e sulle piattaforme esperienziali, soggetti che facilitano anche una possibilità di accesso e di scelta delle opzioni molto immediata da parte degli end user. Gli abstract che ho potuto leggere finora sono focalizzati su questi temi e spesso i team di giovani che li propongono hanno competenze non solo come sviluppatori di software, ma anche dal punto di vista del social marketing. Hanno compreso infatti che il web è uno strumento che deve essere disegnato in maniera semplice, affinché risolva i problemi e non li crei.
Questi esempi testimoniano una certa vitalità attorno ai pilastri su cui si fonda Innovate4SmarterWork ed esperienze come quelle di Phygiwork nella sua offerta di spazi di lavoro innovativi. Ma c’è una resistenza al cambiamento e se sì in cosa consiste?
Partiamo dal presupposto che i cambiamenti hanno sempre degli oppositori che, di solito, sono la prevalenza. Sicuramente c’è un tema generazionale, perché la resistenza al cambiamento arriva generalmente da parte dei vertici aziendali quasi sempre per incomprensione dei modelli digitali e della diversa visione che hanno i giovani rispetto al lavoro e all’utilizzo degli strumenti digitali finalizzati al lavoro. L’opposizione, inoltre, deriva spesso dalla patologica necessità di controllare i lavoratori. In questo sono abbastanza d’accordo con Mariano Corso (responsabile scientifico dell’Osservatorio HR e dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, ndr), quando sostiene correttamente che il focus non deve essere mantenuto sul tempo che la persona dedica al lavoro nella sua postazione presso la sede dell’azienda, ma va spostato su quello che produce, sul risultato. La resistenza è connessa alla cultura aziendale e dei manager ed è sicuramente il maggiore ostacolo a un’accelerazione nei processi di innovazione di modelli differenti di gestione delle risorse umane.
Eppure sembra che oggi lo smart working non goda dappertutto del medesimo giudizio positivo. Basti pensare alle dichiarazioni di Elon Musk che all’inizio di giugno ha minacciato i suoi dipendenti di licenziamento se non fossero stati in ufficio “almeno 40 ore a settimana”.
È un tema complesso rispetto al quale non si può dare una risposta secca. Dipende molto dall’appartenenza a un settore specifico. Se si contestualizza solo nelle aziende di servizi, probabilmente Musk ha torto. E perfino in settori come quelli in cui opera Terna i cui dipendenti potrebbero occuparsi della manutenzione dei tralicci tramite un visore collegato a un robot. Ciò non toglie che esistano situazioni, come quelle di Tesla, in cui la presenza fisica possa risultare indispensabile. Fra l’altro Musk ha dovuto affrontare il problema della diversità di trattamento tra coloro che in azienda possono o non possono lavorare in smart working per ricondurre a unità modelli differenti per persone che fanno cose differenti.
In definitiva, quali sono le vostre aspettative su Innovate4SmarterWork? Pensate che possa fungere da driver per un cambiamento tecnologico, organizzativo e di processo che non si può più rimandare?
Se riusciamo a trovare delle soluzioni che aiutino il decisore aziendale rispetto all’esigenza di riconquistare il senso di appartenenza del dipendente, di verificarne l’attività senza controllarlo fisicamente, di motivarlo non necessariamente tramite la presenza in sede, potremo superare quegli ostacoli che oggi rallentano il processo di innovazione nel campo delle risorse umane. Innovate4SmarterWork può essere uno strumento chiave per intercettare e promuovere tutte queste nuove soluzioni.