Rete Nazionale Acceleratori, come CDP Venture Capital sta creando un’infrastruttura per l’innovazione in Italia

Stefano Molino, responsabile del Fondo Acceleratori, racconta a EconomyUp il modello di partnership e di investimento della Rete Nazionale Acceleratori. Sono già 12 i “verticali” lanciati e l’obiettivo è arrivare a oltre 20 entro il 2023

Pubblicato il 02 Mag 2022

Immagine di ImageFlow da Shutterstock

Da poco più di un anno CDP Venture Capital lavora a costruire una Rete Nazionale Acceleratori, un network che a regime avrà oltre 20 “snodi” per sostenere l’ecosistema startup italiano con programmi di accelerazione su settori ad alto potenziale di mercato.

“Come Fondo Acceleratori abbiamo il doppio ruolo di orchestratore e investitore” spiega Stefano Molino, Responsabile del Fondo Acceleratori, “Puntiamo a sviluppare un modello che prenda elementi dai programmi internazionali di successo e superi i limiti nel panorama italiano.”

Il Fondo Acceleratori è uno dei 9 fondi operativi di CDP Venture Capital e si occupa della costituzione dei nuovi programmi di accelerazione e degli investimenti in startup nelle fasi seed ed early stage nei principali settori strategici per il Paese. Ad oggi i 12 acceleratori lanciati (qui una panoramica) hanno coinvolto circa 60 corporate partner e sono stati deliberati dal Fondo oltre 50 milioni di euro per i programmi già partiti.

Stefano Molino racconta a Economyup come funziona il network e i modelli di partnership e investimento secondo cui opera.

Cominciamo dal principio: quali sono gli obiettivi del Fondo Acceleratori e come opera per raggiungerli?

L’obiettivo del Fondo è creare un network, la Rete Nazionale Acceleratori CDP, che già oggi è nel vivo delle sue attività con 12 programmi partiti sugli oltre 20 previsti. I verticali sono scelti partendo da ambiti settoriali e tecnologici rilevanti per l’Italia, con particolare attenzione al potenziale del settore per quanto riguarda l’ecosistema industriale e le opportunità di open innovation e di reach verso il mondo startup.

Le nostre startup target sono realtà in fase iniziale, che abbiano già completato un primo sviluppo di un prototipo o c.d. MVP (Minimum Viable Product). Tramite gli acceleratori, le accompagniamo in un percorso di validazione del business model, della strategia di marketing al fine di identificare il cosiddetto “product -market fit”. Ci occupiamo insomma di validare quelle metriche che poi sono necessarie agli investitori per scegliere se supportare le loro soluzioni.

I programmi sono aperti non solo alle startup italiane, ma anche a quelle internazionali che vogliano aprire una sede con presenza operativa in Italia. L’obiettivo è quello di rafforzare l’ecosistema del nostro paese, anche attraendo talenti e competenze dal resto del mondo.

Costruiamo i nostri acceleratori verticali con una logica di ecosistema, identificando e coinvolgendo tre categorie di partner:

1) Partner acceleratori, scelti tra operatori che rappresentano le best practice a livello internazionale e nazionale con un track record e un know how già consolidati: attori considerati di riferimento nel panorama internazionale, con competenze specifiche nel verticale di cui si occupa il programma.

2) Operatori locali, ovvero attori radicati nel territorio che conoscano il contesto delle startup e dell’ecosistema in cui opererà fisicamente l’acceleratore, nonché contribuiscono allo sviluppo degli ecosistemi locali in cui lanciamo i programmi di accelerazione.

3) Partner Corporate, che entrano nei programmi finanziando le operation, lavorando con le startup e dando loro le necessarie condizioni di accesso al mercato oltre che beneficiare attraverso la partecipazione al programma di opportunità di open innovation grazie alla collaborazione con le start-up.

Per ciascun programma creiamo veicoli di investimento, che investono il ticket iniziale per l’accelerazione delle 8-10 startup selezionate ogni anno per almeno 3 anni, con la possibilità di ulteriori investimenti a fine programma

Come funzionano gli acceleratori verticali?

Ogni acceleratore si occupa di un verticale (di settore o tecnologico) specifico. Tutti hanno durata triennale con l’obiettivo di accelerare 3 cicli di circa 10 startup – con l’eccezione di Fin+Tech, che avendo due batch in parallelo (uno fintech ed uno insurtech) arriva a selezionarne fino a 16 all’anno.

Il processo funziona così: all’annuncio del lancio dell’acceleratore parte la call per startup, che dura all’incirca 2-3 mesi. Segue un processo di screening e una prima selezione. Annunciate le startup selezionate, parte il programma, la cui durata varia da caso a caso. Al termine, le startup partecipano a un demo day dove hanno la possibilità di incontrare nuovi investitori oltre ad essere seguite in una serie di attività post accelerazione dagli acceleratori, volte a supportarle nello sviluppo di POC e progetti pilota con i corporate partners.

A questo punto, parte la call per il secondo batch, e così via.

Qual è il modello di partnership e investimento della Rete Nazionale Acceleratori?

Puntiamo a sviluppare un modello che prenda elementi dai programmi internazionali di successo e superi i limiti del panorama italiano.

Crediamo fortemente nella forza dell’ecosistema che riusciamo ad aggregare intorno alle iniziative. I nostri elementi fondanti sono importanti risorse di finanziamento, partner di rilievo per lo specifico verticale e corporate che possano dare un accompagnamento qualificato e risorse finanziarie rilevanti alle startup.

Come dicevo, una caratteristica distintiva del programma è che oltre a un ticket di accelerazione iniziale che in media si attesta sui 90 mila euro, che già è molto significativo rispetto al panorama italiano e europeo, abbiamo la possibilità di investire ancora in fase successiva, con risorse post accelerazione da 300-500mila euro. Possiamo accompagnare le startup più promettenti anche fino a round di serie A e serie B, investendo direttamente dal Fondo assieme ovviamente ad altri partner corporate e investitori qualificati.

Un altro elemento importante è un modello di investimento semplice: niente contratti complessi, con una struttura che ricalca il SAFE (Simple Agreement for Future Equity) internazionale, adattato alla giurisprudenza italiana. In pratica, un convertendo. In questo modo, le risorse entrano da subito, e la partecipazione viene acquisita nel momento in cui le startup ricevono nuovo capitale legando il valore di conversione al valore futuro creato dalla start-up.

Per queste prime iniezioni di liquidità offriamo una governance snella, lasciando a fasi successive e a round più corposi una governance e strutture contrattuali più complesse.

Infine, un altro tema importante è quello del cap table: le startup devono sentire che la ownership resta la loro. Vogliamo mantenere strutture societarie corrette rispetto allo stadio di sviluppo dell’azienda. Stiamo attenti ad evitare equity eccessive in fase iniziale, per non compromettere la capacità della startup di raccogliere round di funding successivi.

Quali sono i primi riscontri?

Ad oggi abbiamo lanciato 12 programmi, e cinque di questi (Motor Valley, Zero, CyberXcelerator, FuturED e Fin+Tech) hanno già concluso la selezione del primo batch di startup. Motor Valley e Zero hanno già lanciato la seconda call e alcune start-up del primo batch sono già in procinto di chiudere round di follow-on significativi.

Abbiamo avuto riscontri molto positivi da un punto di vista di reach: sui programmi che hanno concluso le call abbiamo ricevuto circa un migliaio di candidature. Complessivamente, abbiamo deliberato per le fasi di investimento iniziale e successiva oltre 50 milioni, e raccolto oltre 35 milioni dai diversi partner.

Cominciamo a vedere le prime startup che escono dai programmi e sviluppano progetti con corporate partner, o raccolgono round successivi. Ovviamente siamo ancora all’inizio, ma per quanto riguarda l’attrattività per le startup e l’ingaggio dei corporate partner, ha superato le nostre aspettative.

Cosa possiamo aspettarci nel futuro prossimo?

Stiamo lavorando a diversi progetti, che verranno annunciati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Il 2022 sarà un anno in cui cominciamo veramente ad avvicinarci all’obiettivo di completare la Rete Nazionale Acceleratori. Questi programmi avranno bisogno di tempo per svilupparsi: abbiamo corso in questi mesi per lanciarli perché vorremmo aver definito l’infrastruttura complessiva entro la metà dell’anno prossimo, per poi lavorare a far crescere i portafogli e l’ecosistema che abbiamo contribuito a creare.

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Maura Valentini
Maura Valentini

Laureata in lingue orientali, sono un'amante di Giappone e innovazione. Parte del gruppo Digital360 dal 2020, scrivo per le testate EconomyUp, InsuranceUp e Proptech360.

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