Una delle cose più difficili, quando si fa innovazione, è rappresentata dal fatto che non c’è un unico bisogno da servire. I bisogni di innovazione sono difatti molteplici, variamente definiti e, soprattutto, associati a diversi orizzonti temporali. Il problema qui è che non ci si può concentrare su un unico orizzonte, ma bisogna presidiarli tutti. E ciascun orizzonte di innovazione richiede un approccio diverso. Vediamoli nel dettaglio.
Innovazione, l’Orizzonte 1: il rischio dello scouting
Alcuni bisogni sono immediati e chiaramente individuati dalla business unit. Per questi c’è spesso anche un budget allocato. In questa situazione (quella che in gergo viene definita come Horizon 1) l’attività di scouting di startup non è concettualmente molto lontana dalle attività tradizionali di procurement o di vendor selection. Qui l’unico potenziale rischio è quello di limitare geograficamente la ricerca di controparti. L’esperienza ci mostra che raramente la migliore soluzione si trova sotto casa (a meno che non si viva in Silicon Valley o in Israele).
Innovazione, l’Orizzonte 2: le tecnologie e le applicazioni
C’è invece un ampio spettro di bisogni che sono invece molto meno chiaramente definiti. Si parla in questo caso di Horizon 2 per indicare aree/tecnologie che l’azienda ha identificato come di interesse strategico (a breve e medio termine) ma per cui le modalità di applicazione non sono ancora ben identificate. Questa indeterminatezza viene progressivamente risolta man mano che si incontrano possibili soluzioni.
In tale caso il principale valore dello scouting non è tanto nel trovare la soluzione ma nell’esporre all’azienda un’ampia pletora di opzioni. Proprio questo confronto permette di progressivamente puntualizzare il bisogno così come le aree e le modalità di applicazione della tecnologia. Indi le attività di scouting, mentre in Horizon 1 sono finalizzate a trovare soluzioni, in Horizon 2 concorrono a meglio identificare gli stessi bisogni.
L’Orizzonte 3: come sarà la mia azienda fra 10 anni?
Se si sposta l’orizzonte temporale ancora più in là (Horizon 3), lo scouting evolve in attività di ricerca di trend e future directions. In questo caso la domanda da farsi è: “Come sarà la mia azienda tra 10 anni?”. Per dare una risposta si devono di necessità presidiare tecnologie e ambiti anche lontani dal core business di oggi. E qui le business unit (come ci ricorda Geert van de Wouw di Shell Ventures, ne abbiamo parlato in un precedente post) non necessariamente possono essere di aiuto visto che la loro attenzione è prevalentemente concentrata sull’oggi o sul domani e non sul dopodomani.
Come fare quindi?
- Da un lato, essendo presenti nei principali cluster tecnologici per identificare e tracciare le direzioni di sviluppo futuro e le tecnologie abilitanti. È il caso di Enel che ha hub a San Francisco, Boston e Tel Aviv. Anche Eni e Terna hanno di recente avviato un’innovation antenna in Silicon Valley.
- Dall’altro, attraverso un fondo di CVC (Corporate Venture Capital) con cui presidiare – facendo investimenti di minoranza – le aree di futuro sviluppo dell’azienda in un’ottica di portafoglio.
Perché come dice Brian Ryan, Vice President Innovation di National Grid Partners:
“H3 is like crystal ball gazing. My ball is just as good or as bad as yours. Portraying H3 in a portfolio manner makes sense to me. You don’t go to senior management with a single H3 initiative”.
Per la cronaca National Grid (utility inglese per la distribuzione di elettricità e gas) ha lanciato due anni fa un fondo di CVC e un venture builder in Silicon Valley affidandone la guida ad un gruppo di ex partner di Intel Capital. L’esperienza è molto ambiziosa ed interessante e sta ottenendo risultati importanti. Per chi fosse interessato ad approfondire, sotto il link alla mia Mind the Chat con Brian.