Tra gli obiettivi dell’Open Innovation c’è quello di contaminare le imprese con la mentalità e lo spirito delle startup.
Talvolta può succedere che la contaminazione si spinga ben oltre gli effetti cercati, andando a coinvolgere (rectius travolgere) anche quelle figure che in azienda hanno proprio il compito di lavorare all’intersezione tra impresa e startup, ossia gli Open Innovation Manager. I quali, a furia di stare a contatto con le startup, decidono di saltare il fosso e mettersi a fare startup in prima persona.
Mi ero già imbattuto nel fenomeno un paio di anni fa quando Jean-Sébastien Beaucamps, che gestiva l’Open Innovation e il Corporate Venture Capital di un’azienda cliente di Mind the Bridge (Sodexo), aveva lasciato Sodexo Ventures per lanciare LaCollection, startup operante nel campo degli NFT applicati al mondo dell’arte (che ha raccolto ad oggi già oltre una decina di milioni).
Sembrerebbe che la tendenza ad attraversare il ponte dal mondo corporate in direzione del mondo startup si stia iniziando a diffondere anche in Italia. Due casi recenti hanno fatto notizia: Patrick Oungre, Group Head of Innovation di A2A, ha lanciato Easely, piattaforma di economia circolare che favorisce il riuso, mentre Doris Messina, Chief Digital Transformation Officer di Banca Sella, ha avviato Tot, piattaforma fintech di banking che si propone di digitalizzare la gestione amministrativa e finanziaria di professionisti e microimprese
Patrick Oungre con Alberto Onetti a Palazzo Bovara, durante “Bakers Connect” di Startup Bakery
Abbiamo deciso di approfondirli durante Innovation Weekly, la rubrica del sabato a mezzogiorno con cui con Giovanni Iozzia facciamo il punto sul fronte startup e open innovation. Di seguito riporto un paio di spunti emersi da ciascuna delle conversazioni.
Oungre: Il POC degli spinoff aziendali
Patrick, cosa ti ha spinto a metterti gli scarponi della startup?
“Al di là del fatto che avevo avuto un’idea, mi ha spinto il desiderio di conoscere a fondo cosa significa fare innovazione. Nonostante tanti anni di lavoro con le startup, ti rendi conto di non avere una comprensione piena di cosa significhi fare una startup. Spero che con la prossima startup che incontrerò come responsabile dell’innovazione di A2A avrò un po’ più di vissuto diretto”.
Come hai gestito questo passaggio con l’azienda?
“Con grande trasparenza. E il mondo HR (n.d.r. Mauro Ghilardi) ha avuto una mentalità molto aperta ed illuminata che non era per nulla scontata. Oltre alla possibilità che mi hanno dato di andare avanti (sia pure chiedendomi di fossilizzarmi al 90% su quello che sto facendo, ossia guidare la funzione innovazione), hanno considerato l’esperienza del lancio di Easely come l’opportunità di sperimentare come sviluppare la cultura dell’imprenditorialità in azienda (visto che abbiamo un programma di intraprenuership e stiamo per lanciare un venture builder).”
Quindi Patrick Oungre, oltre a mettersi gli scarponi dei tanti founder delle startup, si è anche messo quelli delle persone dell’azienda che in futuro si potranno aprire a questa esperienza. L’esperienza del lancio di Easely da parte di Patrick rappresenta per A2A di fatto un “test bed” (in un contesto limitato e su ambiti lontani dal core business aziendale) per comprendere come gestire una fattispecie che auspicabilmente potrebbe ripetersi in futuro in situazioni che saranno closer to business e più diffuse. Quindi per l’azienda Patrick è una “cavia” o una nave scuola su cui capire come disciplinare e normare (ad esempio, quote di equity, clausole di no compete, aspettativa, …) il fenomeno degli spin-off aziendali che, a tavolino e senza esperienza concreta, sarebbe molto difficile fare.
Qui il link alla puntata di Innovation Weekly con Patrick Oungre.
Messina: La necessità di allineare gli interessi
Doris, cosa spinge un manager con un ruolo importante a lanciarsi nel mondo delle startup?
“Quando ti sei costruita una posizione consolidata dentro una grande aziende non si può di certo essere scontenti. Però, ad un certo punto, si è attratti dalla possibilità di costruire qualcosa che stia sul mercato e che abbia una vita propria. E, alla fine, non puoi non farlo perché, se non lo fai, avrai rimorso per tutta la vita”.
Come è stato gestito questo passaggio con l’azienda?
“Non sono la prima del mondo Sella a fare una scelta di questo genere. Hype era nata così da due imprenditori che venivano da fuori intorno a cui è stato creato un progetto che poi è diventato una realtà a se stante”.
Però serve una cultura aziendale perché questo succeda. E soprattutto la capacità di allineare gli interessi.
“Gli interessi dell’azienda devono essere tutelati. Se non c’è un interesse reciproco a fare un percorso del genere, le strade si dividono. E il percorso di individuazione dell’equilibrio tra la banca gemmante e la startup nascente è stato lungo. Tot usa i servizi di Banca Sella as a service diventando un laboratorio di attuazione della PSD2. Sella mantiene una quota di partecipazione”.
Qui il link alla puntata con Doris Messina.
Doris Messina con Alberto Onetti e Giovanni Iozzia