IL PERSONAGGIO

Quale eredità lascia agli innovatori Clayton Christensen, padre della disruptive innovation

Il professore statunitense Clayton M. Christensen, scomparso pochi giorni fa, è stato il primo, nel 1995, a coniare l’espressione “disruptive innovation”. A tutt’oggi il docente della Harvard Business School è considerato tra i massimi pensatori mondiali sull’innovazione. Ecco chi era e cosa ha scritto

Pubblicato il 27 Gen 2020

Clayton Christensen

Molto è cambiato nell’esistenza degli esseri umani e delle imprese da quando, 25 anni fa, il professor Clayton M. Christensen ha individuato il fenomeno da lui ribattezzato disruptive innovation: un’espressione che vivrà ancora a lungo, anche se il suo ideatore è appena scomparso. Docente alla Harvard Business School, il pensatore statunitense è deceduto il 23 gennaio 2020 a 67 anni per una leucemia. Vediamo chi era, perché il suo lavoro è estremamente prezioso per gli innovatori di tutto il mondo e i principali libri dell’autore.

Chi era Clayton Christensen

Nato il  6 aprile del 1952 a Salt Lake City, nello Utah, è stato professore di Business Administration presso la Harvard Business School “Kim B. Clark” e può essere considerato uno dei massimi esperti mondiali di innovazione. Christensen è stato inserito tra i Thinkers50 per più anni consecutivi. Membro del Boston Consulting Group, è stato fondatore di Innosight, società di consulenza che utilizza le sue teorie per aiutare le imprese a creare nuove opportunità di crescita. È autore o coautore di numerosi articoli pubblicati dalle maggiori riviste internazionali di settore.

Perché è il padre della disruptive innovation

L’espressione compare per la prima volta in letteratura in un articolo scritto da Clayton Christensen con Joseph Bower, “Disruptive technologies: catching the wave”, pubblicato nel 1995 nell’Harvard Business Review. In questo articolo si spiega quanto possa essere devastante per le imprese incumbent di un settore non accorgersi dei rischi di lasciar crescere a livelli di scala elevati – nella fascia bassa del mercato – imprese portatrici di nuove tecnologie caratterizzate da costi bassi ma da prestazioni altrettanto basse, per poi soccombere a quelle stesse nuove imprese con il migliorare delle prestazioni .

Letteralmente “disruption” significa “rottura”  e indica cambiamenti repentini che conducono a modi nuovi e diversi, rispetto al passato, di fare, pensare o interpretare ciò che ci circonda.  Christensen lo collega a innovation, “partorendo” la disruptive innovation, che ancora si fa fatica a tradurre in italiano.  Come è noto, le due parole stanno a indicare l’effetto di una nuova tecnologia, o di un nuovo modo di operare su un modello di business, che porta a modificare completamente la logica fino a quel momento presente nel mercato, introducendo comportamenti e interazioni nuove e rivoluzionando le logiche correnti. L’impatto di un’innovazione di rottura è, sempre per Christensen, in qualche modo imprevedibile: la si può definire “disruptive” solo dopo che ne è stato diffusamente riconosciuto il valore e dopo che ha introdotto concreti cambiamenti nel modello in cui è stata applicata.

I tradizionali esempi di aziende che hanno portato disruptive innovation, quelli solitamente citati  nella letteratura sull’innovazione, sono, solo per fare qualche nome, Spotify, Netflix, Uber, Amazon: imprese che hanno rivoluzionato il funzionamento di un mercato e cambiato rispettivamente il modo di ascoltare musica, guardare film, spostarsi o fare acquisti. Ma ci sono diversi altri casi, molti dei quali citati nei libri di Christensen.

I libri di Christensen: la sua eredità

“Il dilemma dell’innovatore”, il testo base

La teoria sulla disruptive innovation, così come tutte le altre sue riflessioni sull’innovazione, sono ampiamente illustrate nei suoi libri. Ha firmato numerosi volumi, a partire dal testo base, “Il dilemma dell’innovatore: la soluzione. Creare e mantenere nel tempo business innovativi e di successo” (1997),  edito in Italia da Franco Angeli, che ha ricevuto il premio Global Business Book per il miglior libro dell’anno. Nel saggio vengono elencati sia i successi sia i fallimenti delle principali aziende. L’autore ne ricava una serie  di regole per riuscire a sfruttare le opportunità offerte dalla disruptive innovation. Mentre spesso le grandi multinazionali falliscono quando si trovano di fronte a cambiamenti di mercato e di tecnologia – rileva Christensen – le piccole e medie imprese che sanno ascoltare i consumatori, che anticipano con le loro antenne competitive nuovi bisogni emergenti e che puntano aggressivamente su innovazioni tecnologiche “dirompenti”, hanno grandi possibilità di successo. Attraverso un’analisi dei modelli d’innovazione di vari settori (dall’industria dei computer a quella farmaceutica, da quella automobilistica a quella siderurgica), Christensen dimostra come le innovazioni dirompenti tendano a non essere inizialmente ben accolte dalla maggioranza dei clienti, inducendo le imprese che dominano il mercato a non investire in esse.

Altri libri di Christensen

Skate to Where the Money Will Be (2001)

The Innovator’s Solution (2003)

Innovation Killers: How Financial Tools Destroy Your Capacity to Do New Things (2008)

Reinventing Your Business Model (2008)

The Innovator’s Prescription (2009)

How Will You Measure Your Life? 2010

What Is Disruptive Innovation? 2015

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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