Mi chiedo tante volte che cosa manchi all’Italia per fare il salto di qualità. Durante queste settimane di (relativa) pausa sono stato esposto a tre stimoli diversi che sembrano puntare nella stessa direzione e – forse – suggerire una risposta.
Qual è il segreto per arrivare?
Il primo viene da una bellissima intervista di Eleonora Chioda ad Andrea Cavalleri. Per chi non conoscesse Andrea, è uno dei fisici italiani più apprezzati nel mondo. È stato chiamato, anni fa, ad Amburgo per fondare l’Istituto Max Planck per la Struttura e Dinamica della materia. Nel 2024 ha vinto EPS Europhysics Prize, l’anticamera del Nobel. Io ho avuto il piacere di conoscere Andrea in Collegio (Il Collegio, l’Almo Collegio Borromeo di Pavia) quando non era ancora famoso ma si capiva che avesse una velocità intellettuale diversa.
Alla domanda di quale fosse il segreto per arrivare Andrea ha risposto così: «In inglese si dice burning ambition: un desiderio intenso, quasi viscerale, di seguire la propria visione».
“Nella vita (di uno scienziato) c’è una linea rossa che vedi solo tu, invisibile a tutti gli altri. Bisogna avere una certa esuberanza intellettuale, sicurezza nei propri mezzi e nel proprio gusto (scientifico), spingere finché va e poi ancora. È vero che questo tipo di atteggiamento – in questi anni- potrebbe rientrare nello spettro della neurodivergenza. Ci vuole anche un po’ di fortuna, essere determinati, ma senza prendersi troppo sul serio».
Andrea fa riferimento a chi fa ricerca scientifica, ma credo si possa sostituire la parola scienziato con imprenditore. Alla fine è una questione di attitudine: l’attitudine a coltivare progetti e sogni ambiziosi che porta a conseguire risultati importanti, a condizione che sia continuamente innaffiata di determinazione (“doggedly determined”, come segnalava un advertising di HSBC che mostro sempre ai miei studenti).
Questa burning ambition è peraltro il motore che spinge la macchina dei sogni della Silicon Valley (come la definisce il mio partner in crime Marco Marinucci) e, credo, rappresenti uno dei freni dell’Italia. Un eccesso di pragmatismo che imprigiona il talento.
Motivazione e caparbietà
Motivazione e caparbietà valgono infinitamente più delle competenze. Ce lo ha ricordato Vittorio Viarengo al Teatro Carlo Felice a Genova mentre condivideva le lezioni apprese durante la sua carriera in Silicon Valley tra VMware, McAfee, Mobil Iron, BEA Systems, Oracle.
Il talento conta, ma fa la differenza solo se applicato a sogni grandi e spinto da passione (forte) e motivazione (feroce). Burning ambition, appunto.
La macchina dei sogni
Una visualizzazione di tutto ciò l’ho avuta settimana scorsa, quando sono stato a Sondrio per l’apertura del programma della Liquid Factory.
Non più di tre mesi fa Fabrizio Capobianco, il mio gemello imprenditoriale rientrato in Italia dalla Silicon Valley, aveva annunciato urbi et orbi: “Voglio mandare startup italiane a Y Combinator”. Come? Fondare e far crescere startup con il modello americano dalla Valtellina (il progetto è supportato dalla Banca Popolare di Sondrio che ha peraltro lasciato a The Liquid Factory uffici e vetrine nel suo “salotto” di Piazza Garibaldi).
Nonostante il plauso collettivo di facciata, l’annuncio era stato accolto con un po’ di italico scetticismo e commenti del tipo: Sì Y Combinator…. Sì dalla Valtellina…
Invece, il suo invito è stato raccolto da 181 persone: questo è il numero dei candidati che hanno applicato a The Liquid Factory. Età media 29 anni (range da 18 a 60), 76% italiani e 24% da fuori Italia. Caratteristica comune: l’estrema qualità dei profili.
“E’ stato difficilissimo sceglierne quattro – che sono il numero di EIRs – Entrepreneur in Residence – con cui la Liquid Factory lavorerà ogni anno per creare nuove imprese da presentare ai batch di YC – Ne abbiamo scartati una ventina, ma da lì in poi è stato veramente difficile scremare: tutti molto bravi”, ha commentato Fabrizio che, insieme a Mario Pedranzini (CEO della Banca Popolare di Sondrio), è stato ospite della prima puntata del 2025 di Innovation Weekly.
Mario Pedranzini e Fabrizio Capobianco ospiti di Innovation Weekly con Onetti e Iozzia
Settimana scorsa ho avuto occasione di lavorare con le quattro persone che sono state scelte per lavorare nella “fabbrica dei sogni” (la cui identità è ancora sotto embargo e verrà comunicata a breve; posso solo anticiparvi che sono due donne e due uomini; tutti e quattro erano fuori dall’Italia a lavorare – uno negli Stati Uniti, uno a Londra, una a Barcellona e una in Svizzera – e due sono “immigrant” con origini egiziane e polacche).
Ho trovato materia prima assolutamente comparabile con quella che si trova in Silicon Valley. E soprattutto ho trovato visioni ambiziose e la determinazione di lavorare 24/7 per provare a realizzarle. Burning ambition, si diceva.
Mi ha colpito in particolare il commento di uno dei quattro. “Stentavo a credere che in Italia ci potesse essere un programma di questo genere, capace di credere nell’ambizione”.
No. Non manca il talento in Italia. Ci manca credere veramente di potergli dare le ali.