Innovazione

Pubblicità, editori e la caffeina delle startup

All’assemblea dell’UPA, l’associazione degli investitori pubblicitari, il presidente Sassoli ha fatto un elegante ma deciso invito ad agire a chi dovrebbe rinnovare i media. E ha fatto salire sul palco una giovane professionista che ha unito marketing e sensibilità sociale. Ecco la versione integrale dei loro interventi

Pubblicato il 04 Lug 2014

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Datevi una mossa. Lui non lo ammetterà mai, perché non è nel suo stile. Ma è il messaggio affidato da Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’UPA, l’associazione che riunisce gli investitori in pubblicità, a un’inusuale performance teatrale in occasione dell’assemblea annuale del 2 luglio e dedicato a chi dovrebbe rinnovare l’offerta di comunicazione per le aziende, dagli editori alle concessionarie di pubblicità senza dimenticare chi misura i pubblici.
Sassoli è un iitaliano nato a Parigi, neurologo con docenza a Stanford, imprenditore illuminato (la sua è la famiglia del brandy Buton ma lui ha fondato Valsoia, prima società italiana a occuparsi di benessere alimentare e quotata in Borsa con successo) e quindi lo ha fatto a modo suo. Con leggerezza. Con una lettura mista a video dai toni alti, a tratti anche troppo lirici, ma concreta nei passaggi decisivi: gli incentivi per chi investe in pubblicità, la banda larga, la scadenza del servizio pubblico Rai nel 2016, la formazione, la trasparenza e le responsabilità. In estrema sintesi: “serve sperimentare, andare oltre il passo attuale“. La riduzione degli investimenti pubblicitari si è fermata, UPA vede, o forse auspica, che a fine anno tornerà il segno più. Ma molto dipenderà da come si evolverà lo scenario dei media.

Qui si può leggere il discorso integrale. Vale la pena sentire alcuni passaggi del suo discorso che è di fatto una sorta di elegia all’innovazione inevitabile e necessaria.

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente Upa, all'assemblea 2014

Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente Upa, all'assemblea 2014

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Sul palco dell’Upa quest’anno è salito per la prima volta un giovane. Si è addirittura parlato di startup di fronte una platea in grigio e blu stremata da budget sempre più risicati e forecast sempre più ansiogeni. Una piccola rivoluzione rappresentata da Serena Izzo, 28 anni, laureata in editoria multimediale, che lavora per Pubblicità Progresso ed è una dei 24 partecipanti al Corso di alta formazione organizzato da Upa. «dura cinque mesi, è gratuito ed è sviluppato in collaborazione con le università Cattolica e Iulm di Milano e quella di Bologna”, ricorda la responsabile Patrizia Gilberti. E si chiude con un lavoro di gruppo. È stato scelto quello dove ha lavorato Serena, che doveva individuare una strategia di comunicazione per Nescafé su un target giovane. E loro hanno subito pensato alle startup. Perché? «Perchè è la parola dell’anno», dice Serena nel discorso che potete vedere qui sotto. E perché mentre l’espresso è breve, il caffè solubile accompagna i tempi di chi è impegnato in una nuova impresa. Ma non c’è solo una ragione di marketing. Se i giovani sono la caffeina dell’umanità, come si intitola l’intervento Serena, le startup possono essere la cura del sistema economico. Non a caso il presidente Sassoli ha citato come esempio da seguire quello tedesco di Springer, primo azienda editoriale in cui i ricavi da digitale hanno superato quelli da carta. Come? Con una lunga e lungimirante acquisizione di startup, cioè di innovazione. Il giorno dopo l’assemblea dell’Upa il neopresidente della Fieg, la federazione degli editori blasonati, Maurizio Costa ha esordito chiedendo il ripristino sui quotidiani delle notizie rilevanti delle società quotate. Il messaggio di Sassoli è ancora in corso di elaborazione….(g.io)

Startup, perchè i giovani sono la caffeina della società

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