DESIGN THINKING

Problem Framing, che cos’è: capire i problemi di innovazione per progettare le soluzioni

Oggi gli individui tendono a concentrarsi sulla generazione di soluzioni. Ma la formulazione di un problema è spesso più essenziale della sua soluzione. Come inquadrare un problema di innovazione in modo che sia originale di valore?  Con la tecnica del problem framing

Pubblicato il 22 Nov 2021

Claudio Dell'Era

Direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano

Problem framing

Fare problem framing per capire se il problema vale una soluzione innovativa. Cominciamo con un caso di cui s’è tanto parlato.

Ottobre 2021 è stato indubbiamente un mese intenso per il colosso dei social media, Facebook Inc., che ha cambiato il nome in Meta. A subire il rebranding non è stato il social dal logo blu, ma la società ombrello che ha al suo interno Facebook, ma anche le società acquisite negli anni, come WhatsApp, Instagram e Oculus. Il motivo per cui l’evento ha raccolto tanto interesse, non si esaurisce nel cambio di nome. Infatti, Meta incarna la promessa di Mark Zuckerberg di rivoluzionare Internet con il Metaverso, un mondo in cui non vi è distinzione tra virtuale e reale.

Facciamo Problem Framing sul nuovo corso di Facebook

Con questo annuncio, Zuckerberg non solo promette di concretizzare un’idea che i film di fantascienza raccontano da anni, ma spera anche di rispondere a dei problemi che da tempo affliggono il gigante dei social. Infatti, è indubbio che Facebook, il prodotto direttamente creato dal CEO, sia oramai lontano dalle nuove generazioni. Attraverso il Metaverso, l’intento è quello di creare internamente un prodotto che sia in grado di attrarre e riconnettersi ai più giovani.

Secondo alcune interpretazioni, il Metaverso offrirebbe anche la possibilità a Zuckerberg di svincolarsi dalla dipendenza dagli attori esterni (browser e fornitori di hardware) che, ad oggi, permettono ai suoi prodotti di operare. Quindi, aprirebbe alla possibilità di operare direttamente su hardware Meta (Oculus) e, di conseguenza, evitare di rivivere lo scontro con Apple a seguito dell’introduzione delle nuove regole sulla privacy sugli iPhone.

Ma il mese di Ottobre non ha interessato Facebook solo per questo aspetto. La società di Menlo Park ha fatto notizia all’inizio del mese per i disservizi durati circa sei ore che hanno reso inaccessibili le sue app, sottolineando l’innegabile dipendenza delle persone verso i prodotti principali dell’attuale Meta. Negli stessi giorni, le rivelazioni portate alla luce dal whistleblower Frances Haugen, una ex data scientist di Facebook, hanno portato a quello che potrebbe essere uno scandalo senza precedenti nella storia della società dei social, nonostante fosse già stata coinvolta in casi come quello di Cambridge Analytica.

Non è difficile, quindi, immaginare come Meta e il Metaverso siano stati accolti con generale scetticismo e ironia. Infatti, la domanda che sorge spontanea è: ma la soluzione del Metaverso e quindi la volontà di Facebook di cambiare a Meta, è una soluzione che risponde a un problema che ha valore risolvere? La comunità di Design Thinker italiani si è riunita in occasione del primo Lab della quinta edizione dell’Osservatorio di Design Thinking for Business per riflettere proprio su questo: qual è il problema che coinvolge Facebook – ora Meta? Questo è servito come pretesto per investigare un tema più grande: come inquadrare i problemi in modo che non solo siano originali, ma anche di valore per la Società. Insieme, i design thinker hanno elaborato creativamente delle informazioni complesse relative al colosso dei social media, per inquadrare dei problemi che fossero non solo originali ma anche di valore per la Società.

Il ritorno al problema: valorizzare il Problem Framing

Viviamo in una società sempre più variabile, incerta, complessa e ambigua, in cui la velocità di cambiamento è altamente elevata. Questo ha inevitabilmente spinto le aziende, e gli individui, a concentrarsi sulla generazione di soluzioni, possibilmente attraverso dei processi efficienti che ne accelerano i tempi. Ma per quanto nessuno ne neghi l’importanza, quali sono le conseguenze di questa eccessiva tensione verso le soluzioni? L’implicazione è che passino in secondo piano i problemi a cui queste soluzioni dovrebbero rispondere, con il rischio che essi vengano declassati a mera giustificazione della soluzione e che, quindi, vengano trovati solo a posteriori. Invece i problemi hanno una funzione riflessiva che spesso è necessaria al progresso e all’innovazione, come scritto da Einstein e Infeld nel loro libro “Thew Evolution of Physics”:

La formulazione di un problema è spesso più essenziale della sua soluzione […]. Sollevare nuove domande, nuove possibilità, considerare vecchi problemi da una nuova angolazione richiede un’immaginazione creativa e segna veri progressi nella scienza.” – Einstein & Infeld, 1938

In poche righe, questo passo richiama l’attenzione sul problema, sottolineandone il ruolo per il progresso. Il valore del problema non risiede solo nel giustificare delle soluzioni. Al contrario, il problema è funzionale all’identificazione di opportunità di innovazione, nel momento in cui esso assume un ruolo centrale per la riflessione e la rielaborazione delle informazioni.

Un altro punto sottolineato da questa citazione è la correlazione tra la formulazione del problema e l’immaginazione, o più ampiamente la creatività. Infatti, per identificare le opportunità di innovazione, è necessario che gli individui elaborino in modo creativo la propria conoscenza, le nuove informazioni e gli stimoli esterni e interni. Questo è ancor più vero se si pensa che i problemi di innovazione sono spesso poco definiti presentano una struttura che richiede alle persone di definire o persino creare i problemi da informazioni molto ampie e ambigue.

Come vengono inquadrati i problemi?

Considerato il contesto in cui operiamo, come è possibile inquadrare un problema di innovazione in modo che sia e originale e di valore? Per dare un senso alle informazioni ampiamente sparse e ambigue, gli individui si sottopongono a un processo di problem framing, in cui traducono le informazioni, o i sintomi del problema, in rappresentazioni del problema. Per farlo essi possono agire secondo due macro-tipi di approcci:

–     Fare leva su un sistema di riferimento: Gli individui fanno riferimento su delle rappresentazioni del problema pre-esistenti e disponibili, quindi interpretano le informazioni in modo che rispecchino dei problemi già esistenti

–     Creare nuove rappresentazioni del problema: Nel momento in cui le rappresentazioni del problema pre-esistenti non sono sufficienti per comprendere le informazioni, gli individui manipolano le rappresentazioni esistenti e ne costruiscono di totalmente nuove in modo da inquadrare le informazioni discordanti.

Tre tipi di pensiero per affrontare la realtà e problemi

In entrambi gli approcci, gli individui possono ricorrere a una serie di logiche creative che descrivono le modalità in cui manipolare le informazioni, la conoscenza e gli stimoli interni o esterni:

–     Pensiero Analogico: In questo caso, gli individui cercano di inquadrare il problema proponendo delle metafore, quindi trasferendo le conoscenze da un diverso ambito a quello di riferimento. In questo caso, l’individuo cerca dei parallelismi tra il caso di riferimento e il caso target, quindi astrae delle particelle di informazione che possono essergli utili da applicare nel suo caso target. Utilizzando il caso di Facebook, gli individui potrebbero trovare un’analogia tra le influencer e le modelle sui tabelloni pubblicitari per inquadrare la problematica del fotoritocco e dell’influenza che esso può avere sui più giovani.

–     Pensiero Associativo: In questo caso, gli individui cercano di inquadrare il problema, connettendo degli elementi apparentemente distanti tra loro attraverso meccanismi di serendipity (elementi distanti vengono posti in contiguità in modalità randomica), similarità (elementi distanti sono accostati perché sono simili per qualche aspetto), o per mediazione (elementi distanti sono accomunati dalla loro relazione con un terzo elemento). In un esempio concreto, l’individuo potrebbe individuare il problema di Facebook, accostando parole apparentemente sconnesse tra loro come “occhio”, “luce”, “sonno”: il problema potrebbe essere inquadrato nell’impatto della dipendenza dai social network sulla salute.

–     Pensiero Abduttivo: Un’altra modalità in cui gli individui potrebbero affrontare l’inquadramento del problema potrebbe essere rappresentato dal pensiero abduttivo, che avviene attraverso la formulazione di ipotesi che hanno l’obiettivo di proporre spiegazioni speculative ma plausibili a delle osservazioni di eventi atipici. Le ipotesi mirano a riconciliare le differenze tra informazioni ambigue. Utilizzando lo stesso esempio di Facebook, un individuo potrebbe osservare che vi è un cambiamento nel target di Facebook: inizialmente popolato dai più giovani, ora utilizzato principalmente da un target più maturo. In modo speculativo ma plausibile, un individuo potrebbe ipotizzare un problema legato alla diffusione di misinformation tra un target meno avvezzo all’informazione in digitale.

Durante l’evento dell’Osservatorio di Design Thinking for Business, i partecipanti hanno adottato in prima persona queste modalità di pensiero per inquadrare problemi originali e di valore. A conclusione, sono intervenuti Federica Caracciolo, responsabile Area Innovazione Digitale in ACI, Danilo Fanchi, UX Designer in Banca Popolare di Sondrio, Paolo Fumagalli, Partner e Digital Advisory in beNimbl/Techedge, e Francesco Vetica, Head of Design & Partner in Fifth Beat. Facilitati da Stefano Magistretti, parte del Reaserch Platform Development dell’Osservatorio, hanno rafforzato il valore riflessivo del problema, in quanto supporta nell’individuazione di direzioni di innovazione.

In conclusione, qual è il vostro problema di innovazione?

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Cristina Tu Anh Pham
Cristina Tu Anh Pham

Dopo essersi laureata in Design e Management Engineering presso il Politecnico di Milano, ha lavorato come Service Designer in una società di consulenza. Attualmente è una studentessa PhD presso la School of Management del Politecnico di Milano e ricerca l’ambito di Design e Innovation Management.

Claudio Dell'Era
Claudio Dell'Era
Direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano

Professore Associato di Design Strategy; Co-Founder of LEADIN'Lab, Direttore dell'Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano

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