CULTURA DIGITALE

Perché serve un po’ di filosofia nel cammino verso la civiltà del metaverso

Sono quasi passati 30 anni da quando è stata introdotta l’idea del continuum realtà-virtuale. Adesso siamo quasi nel metaverso, un altro mondo da capire e governare. Ci aiuta anche un libro come quello del filosofo tech Cosimo Accoto, dal titolo emblematico: Il mondo in sintesi

Pubblicato il 20 Giu 2022

Immobiliare e metaverso - Metaverso, Photo by Mo on Unsplash

Platone non sarà meglio del Prozac, come suggeriva qualche anno fa il titolo di un manualetto americano, ma un po’ di ragionamento filosofico in più ci aiuterebbe in questi anni di intelligenza artificiale, big data, mixed reality, monete virtuali e metaverso. Siamo nel mezzo di transizione digitale epocale  (quella vera non quella del PNRR…) che è anche una trasformazione antopologica, culturale, sociale, economica. Perché ci serva la filosofia per comprendere e governare le tecnologie lo argomenta con ricchezza di esempi e riflessioni nel suo ultimo libro “Il mondo in sintesi” Cosimo Accoto, che la filosofia l’ha studiata e adesso, al MIT di Boston, la “applica” a metaverso, NFT e gemelli digitali.

L’attrazione e la preoccupazione per il metaverso

Di fronte a situazioni estreme, dal vortice (l’immagine utilizzata ormai da anni per visualizzare l’impatto del digitale) alla pandemia (il Covid è solo quella più nota…) fino alla guerra (ce ne accorgiamo adesso che ce l’abbiamo vicino casa), servono idee estreme, risposte a domande fondamentali di solito considerate oziosi perditempo: Chi siamo? Che cosa vogliamo essere? Dove vogliamo andare? Vale per le organizzazioni e per gli individui, per i sistemi Paese e loro aggregazioni storicamente determinate (leggi Unione Europea). Abbiamo quindi bisogno di visioni, ragionamenti e schemi intellettuali per comprendere e controllare un mondo che sembra sfuggirci di mano, ma proprio nel senso letterale della parola visto che parliamo tanto spesso di dematerizlizzione, virtual reality, metaverso e via digitalizzando.

Cosimo Accoto

Nel 2024 saranno trascorsi 30 anni dall’introduzione da parte di Paul Milgram e Fumio Kishino dell’idea del continuum realtà-virtualità e del concetto di realtà mista, ci ricorda Cosimo Accoto nel libro che conclude una trilogia sul mondo digitale, dominato e “prodotto” dai dati (“Il mondo dato” era il primo titolo) e sempre più automatizzato grazie ai software di intelligenza artificiale (“Il mondo ex machina” il secondo). Un percorso “philtech” (philosophy + technology) che arriva a un punto di svolta proprio nel momento in cui il metaverso è il new black (un hype destinato a lasciare molte macerie), grande è il bisogno di una consapevolezza digitale, dalla leadership giù per li rami sociali, perché fare oggi le scelte sbagliate, magari senza dolo ma solo per colpevole ignoranza (nel senso che lei ignora, come diceva Totò), potrebbe portarci verso un mondo governato dalle macchine con conseguenti e comprensibili reazioni neo-luddiste. È questo quello che vogliamo? (Per farsi un’idea basta vedere qualche puntata di una delle diverse serie televisive che hanno già elaborato i peggiori scenari possibili, da Black Mirror a Upload).

La potenza del digitale: ri-creare il mondo

“Il mondo in sintesi” è un titolo perfetto, perché esprime con grande semplicità la enorme potenza del digitale: la capacitò di ri-creare il mondo sinteticamente, appunto, come si fa con gli aromi che sembrano dare lo stesso sapore o trasferire lo stesso odore ma sono una riproduzione chimica e la differenza la senti quando mangi la torta o fai la doccia (se il palato e il naso non si sono assuefatti al prodotto sintetico). “Chiari e continui sono oramai i segni che annunciano l’era della simulazione”, avverte Accoto che elenca: volti artificiali e carni coltivate, gemelli digitali e monete virtuali, creature biosintetiche e metaversi saturanti fino ad arrivare alle macchine quantistiche e agli impianti neuroproteisici. “La simulazione è una nuova terraformazione”, conclude descrivendo i lavori in corso nel cantiere globale di un nuovo mondo possibile.

A che cosa servono filosofi e filosofia

Quando si vuole tacciare qualcuno di scarsa concretezza, gli si dice: fai solo filosofia! Ma a furia di essere pragmatici, di guardare il cruscotto (o se preferite dashboard) e tutti i suoi sempre più numerosi indicatori vedendo la strada solo fin dove arriva lo sguardo, rischiamo di andare senza sapere dove, di sentirci disorientati quanto più cerchiamo di ancorarci alla realtà. Perché non abbiamo tempo per ragionare oltre quel che serve (la governance, la compliance, il profitto, etc.) e quanto più vogliamo essere…pragmatici tanto più finiamo di perdere il contatto con la realtà e le dinamiche della sua trasformazione. Ricordo che verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso destava sorpresa il fatto che Big Blue (il nickname di IBM quando il marchio era blu) assumesse anche laureati in filosofia. A che cosa servivano? Rispondevano che logica ed etica sono alla base dell’intelligenza artificiale che non è solo una questione tecnologica. Forse sarebbe utile un back to basics.

“Col tempo la filosofia si è ritirata dal mondo e si è concentrata troppo su di sé”, ammette Accoto. “Oggi è tempo di produrre nuovo senso e un nuovo agire perché il mondo è in profonda trasformazione. Ci sono domini dell’innovazione che stanno modificando, tra opportunità e vulnerabilità, il nostro essere al mondo: dall’intelligenza artificiale alla blockchain decentralizzata, dalla biologia sintetica all’informatica quantistica per dirne quattro rilevantissimi. È uno sviluppo che sta rifacendo caoticamente il mondo e dobbiamo chiederci se e perché lo facciamo (la ragione e lo scopo) e come farlo al meglio (con l’etica e la politica)”.

“Se abbiamo smesso di capire il mondo, allora, è proprio perché il mondo si è rifatto, direi, ontologicamente”, infierisce Accoto (e non pensa solo al metaverso ovviamente) che spiega: siamo abituati a considerare la simulazione qualcosa di falso, di non-vero, eppure adesso siamo di fronte a qualcosa di diverso, a una nuova dimensione della realtà basata sulla simulazione che non per questo la rende meno reale. Di fronte alla carne sintetica, alle immagini create dagli algoritmi, al metaverso, alle sperimentazioni genetiche, alle imprese della space economy è quindi naturale domandarsi: che cos’è carne, che cos’è volto, che cosa è spazio, che cosa è vita, che cosa è mondo?

Una nuova filosofia della simulazione e delle forme sintetiche

Le risposte possono arrivare solo da una nuova filosofia delle forme sintetiche: ne “Il mondo in sintesi” Accoto propone i suoi “appunti”, che si aprono con il catalogo dell’Ikea e non svelo qui perché, e li sviluppa i sei lezioni di filosofia della simulazione. Quel che conta è che di fronte a questo inevitabile cambiamento di civiltà non è possibile pensare, agire e reagire con gli schemi tradizionali. Non basta neanche la rituale risposta antropocentrica che si manifesta con affermazioni di maniera tipo “Prima l’uomo e poi le macchine”, “L’uomo e i suoi bisogni restino al centro” e via predicando. “Abbiamo bisogno di uno sguardo ‘planeto-centrico’ più che umano-centrico”, provoca Accoto, “Dobbiamo allargare in limiti del nostro pensare e del nostro immaginare con coraggio e cautela. Dovremo, ad esempio, ragionare su un’etica dello spazio , considerato che stiamo intensificando le esplorazioni, le computazioni e le economie al di là del nostro pianeta”.

Down the Rabbit Hole, quindi. Giù nella tana del coniglio, che non è solo il metaverso, dove ci attendono domande le cui risposte dipenderanno da quello che riusciremo a immaginare e a fare adesso. Solo qualcuna per far lavorare il cervello: il gemello digitale di una città la renderà finalmente più vivibile, inclusiva e sostenibile? Un organismo bioingegnerizzato ci potrà aiutare a contrastare l’inquinamento? “Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesci a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti”, dice il Bianconiglio ad Alice che gli ha chiesto se la ama. “La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò, Alice no, non ti amo. Non posso farlo». Non possiamo chiedere alla tecnologia di fare quel che noi umani facciamo fatica a comprendere o a fare.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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