“Non so dove andrò adesso ma prometto che non sarà noioso”: così disse una volta David Bowie, morto il 10 gennaio a 69 anni dopo il lancio del suo ultimo album Black Star e del singolo Lazarus. Una frase che oggi può essere letta come profetica, e che in ogni caso racchiude il senso della sua poliedricità come artista e come uomo. Il desiderio di fare sempre qualcosa di nuovo – risultato, diceva lui, di “una sindrome da deficit di attenzione” – lo ha portato ad esplorare anche le strade dell’economia digitale, dell’imprenditoria e della finanza, oltre a quelle della musica e dell’arte, dove ha lasciato un’impronta indelebile. È stato, ora possiamo dirlo, un visionario. Ecco perché le aziende dovrebbero tener conto di quello che ha fatto, e di come lo ha fatto, questo cantante, attore, regista e performer di grande talento.
►Aveva capito prima di tutti l’importanza del digitale – David Bowie ha capito molto presto l’importanza della comunicazione e dell’economia digitale. In una sorprendente intervista rilasciata nel 2000 alla Bbc, quando Internet era ancora più o meno agli albori ed erano in pochi a capire quali ricadute avrebbe potuto avere sulla cultura popolare e sui legami tra artisti, utenti e aziende, Bowie disse: ‘Il rock adesso è un’opportunità di carriera e Internet è diventato portabandiera della sovversione e della ribellione, del caos e del nichilismo…I monopoli non hanno più un monopolio. Io penso che il potenziale di quello che Internet può provocare nella società, nel bene sia nel male, sia inimmaginabile. Penso che siamo alle soglie di qualcosa di straordinario e terribile. Il contesto e lo stato dei contenuti sarà diverso da qualsiasi cosa ci possiamo immaginare in questo momento e l’interazione tra utente e provider sarà così differente che distruggerà tutte le attuali idee su cosa devono essere i media”. L’artista aprì presto il suo primo Internet Service Provider, Bowie.net, che poi è diventato davidbowie.com, il sito ufficiale.
►Si è inventato i Bowie Bonds – L’autore di “Starman”, “Let’s Dance” e “China Girl” è stato anche un innovatore nel mondo della finanza. Come ricorda oggi The Indipendent, nel 1997 ha creato un nuovo veicolo di investimento dando vita ai “Bowie Bonds”, che consentivano alle persone di investire nei suoi guadagni. Si trattava di titoli garantiti dai correnti e futuri ricavi sul suo catalogo musicale, composto da oltre 300 canzoni e 27 album. La collezione valeva 55 milioni di dollari e gli investitori riuscirono a guadagnare fino al 7,9% quando, per esempio, la sua musica fu acquistata da Microsoft per inserirla negli spot pubblicitari. L’artista ha ricavato dai Bowie Bonds 35 milioni di sterline dopo averli venduti alla società di assicurazioni americana Prudential Insurance Inc. Agli investitori pagò il denaro in anticipo, ma rinunciò ai diritti d’autore per i successivi 10 anni. Sembra che abbia utilizzato la somma incassata per comprare suoi brani i cui diritti erano proprietà di un ex manager. I bond persero il loro valore nel 2004, quando l’Investors Service di Moody li degradò a un punto sopra “junk”, spazzatura, a causa della “debolezza nelle vendite della musica registrata”. Un inevitabile declino in un contesto in cui la disruption tecnologica stava investendo anche il settore musicale. L’economista britannico Evan Davis, molto popolare in UK anche come giornalista e presentatore, si è spinto addirittura a chiedersi se “non si dovesse attribuire a David Bowie la crisi finanziaria”. Tesi certamente paradossale e provocatoria, ma basata su questo ragionamento: “Le banche hanno colto l’idea (di Bowie, ndr). Hanno pensato: là fuori abbiamo miliardi di ipoteche che ci stanno ripagando molto lentamente. Perché non venderle e prendersi il denaro adesso? Così le banche hanno cominciato a fare quello che aveva fatto Bowie, ma in grande”. Se sembra alquanto improbabile che l’autore di “Hero” e “Life from Mars” sia stato una delle cause scatenanti della crisi mondiale, va detto che è stato un ispiratore anche per i colleghi: dopo di lui i celebrity bonds sono stati usati da musicisti quali James Brown e gli Isley Brothers.
►Aveva una mente imprenditoriale – Si pensa spesso che gli artisti, per loro natura, siano quanto di più lontano allo spirito imprenditoriale. Non era il caso di David Bowie che, oltre a lasciare al mondo arte e poesia, ha saputo costruire un impero economico. Come scrive Grant Feller su Forbes, “Bowie è stato imprenditore molto più dei suoi contemporanei e ha guidato le future generazioni nell’era di Internet”. È stato imprenditore, prosegue il giornalista, nell’abilità di restare sempre sull’onda delle varie influenze culturali e nel saperle reinterpretare, passando dal periodo dell’identità androgina a quello della fantascienza, dal minimalismo tedesco al soul, al blues, al punk e all’underground di New York. Ed è stato imprenditore nel capire quali strumenti del business potevano essere utilizzati a suo vantaggio. A testimoniarne l’abilità negli affari un collega, Rick Wakeman degli Yes. Quando in un’intervista del 2014 gli hanno chiesto quale fosse stata la sua migliore operazione finanziaria ha risposto: “Indubbiamente ascoltare David Bowie quando ha detto: ‘Sii il capo di te stesso, non ascoltare le persone che non distinguono il bianco dal nero e cerca di realizzare le loro idee perché non ne hanno nessuna”.